Petrolio e gas, l’affare avvelenato tra BHP e Woodside
BHP Billiton afferma di voler abbandonare petrolio e gas. Ma vende le attività alla Woodside Petroleum, con la quale punta a fondersi
Il gruppo anglo-australiano BHP Billiton, la più grande società mineraria del mondo, ha annunciato di aver avviato delle trattative con la Woodside Petroleum. Obiettivo: cedere a quest’ultima le proprie attività legate allo sfruttamento di petrolio e gas. E rendere così i propri business più compatibili con la necessità di ridurre le emissioni di gas ad effetto serra. Una buona notizia, dunque? Solo in minima parte, se non per nulla.
L’affare BHP-Woodside una risposta ai piccoli azionisti?
La richiesta giunta a BHP Billiton dagli azionisti critici, nonché da numerose associazioni ambientaliste, era infatti decisamente diversa. Se si vuole davvero fare la propria parte per limitare la crescita della temperatura media globale occorre chiudere le miniere di carbone e i pozzi di petrolio. Non venderli e fare semplicemente sì che sia qualcun altro a sfruttarli.
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L’annuncio potrebbe infatti apparire come una risposta alla decisione del gruppo Market Forces, che rappresenta cento piccoli investitori, di preparare una risoluzione sul clima. Questa verrà posta ai voti nel corso delle prossime assemblee generali, previste per i mesi di ottobre e novembre. È molto probabile tuttavia che, qualora andasse in porto, la cessione delle attività deluderà chi si aspettava una vera svolta ecologista.
L’annuncio di una fusione in vista tra BHP e Woodside
Ma non è tutto, il 17 agosto BHP e Woodside hanno annunciato un accordo di massima per una fusione dei rispettivi portafogli di petrolio e gas. Il che creerebbe una delle prime dieci compagnie energetiche al mondo per produzione. A fondersi con Woodside sarebbero le attività legate a petrolio e gas di BHP. La nuova società sarebbe posseduta al 52% dalla prima.
D’altra parte, la direzione assunta da BHP Billiton è chiara da tempo: monetizzare ogni attività in suo possesso. Anche se deleteria per il clima. La produzione di petrolio da parte del gruppo anglo-australiano è infatti scesa del 6% lo scorso anno. E dal 2010 si è passati da una produzione di 280mila barili al giorno agli attuali 100mila.
Nel 2018, il colosso minerario aveva venduto a British Petroleum la maggior parte delle attività legate all’estrazione di shale oil (petrolio da scisto). Un affare da 10,5 miliardi di dollari.
A giugno la miniera di carbone di Correjon fu ceduta a Glencore
L’operazione attuale vale ancora di più: circa 13 miliardi di dollari, secondo quanto indicato dalla stampa internazionale. Se si considera che il valore complessivo delle attività di Woodside è valutato in 15 miliardi di dollari, si comprende quale balzo possa fare l’acquirente. La nuova azienda diventerebbe uno dei principali attori nel settore delle fonti fossili in Asia.
Senza avere alcuna intenzione di rinunciare al business. Come d’altra parte anche la Glencore, che a giugno scorso ha rilevato da BHP Billiton la miniera di carbone di Correjon, in Colombia. Una delle più grandi a cielo aperto del mondo. Le emissioni di gas ad effetto serra così passano semplicemente di mano. E la battaglia contro i cambiamenti climatici continua a diventare sempre più difficile.