Il gol di Godín e gli scatoloni della Lehman Brothers

Ogni settimana il commento di Luca Pisapia sugli intrecci tra finanza e calcio

© Jimmy Baikovicius/Flickr

L’ultima immagine dell’Italia ai Mondiali rischia di essere per altri quattro anni il gol in mischia di Godín al 81’ di Italia-Uruguay: un colpo di testa che eliminò gli azzurri al primo turno di Brasile 2014, in un girone in cui l’Italia di Prandelli riuscì a perdere anche con la Costa Rica. Nel caso non riuscissimo a qualificarci per Qatar 2022, ci saranno generazioni che a Usa 2026 non avranno visto l’Italia a un Mondiale per dodici anni di fila. E alcune che non l’avranno mai vista.

Non qualificarsi per la seconda volta consecutiva sarebbe non solo un’umiliazione sociale e sportiva, ma anche un salasso economico. Nel 2014, nonostante la spedizione azzurra fosse quella che spese di più, anche rispetto a chi in Brasile rimase un mese, tra alberghi di lusso, viaggi comodi e cene eleganti, salvo poi essere umiliata in campo, la Figc con la sola partecipazione riuscì a rimpinguare le sue casse. Si parla di un utile di 20 milioni circa. E il resto del paese a trarne beneficio. Nel 2018 la perdita per la mancata qualificazione dell’Italia di Ventura fu calcolata in 10 milioni circa, che sono i premi minimi della Fifa per chi prende parte ai gironi, e in un’altra ventina di mancati introiti. Senza contare i mancati guadagni dell’indotto.

Non andare a Qatar 2022 potrebbe farci perdere molto di più. In gioco, infatti, ci sono non solo la rivalutazione quadriennale dei diritti tv, 30 milioni circa l’anno; gli sponsor (anche se abbiamo già firmato dal 2023 con Adidas che verserà 30 milioni annui, 10 più di Puma); il valore commerciale della Nazionale, che oggi si aggira sui 90 milioni, e di tutto quello che ne deriva. In ballo ci sono 40 milioni circa solo per la Figc, ma non basta. Il pallone ha infatti un giro d’affari di 5 miliardi l’anno e un valore di produzione di oltre 170 milioni, con un’incidenza sul Pil del paese di quasi lo 0,2%, che durante un Mondiale cresce a dismisura. Dalla partecipazione della Nazionale alla Coppa del Mondo dipendono il numero delle scommesse, che fanno male alle persone ma un gran bene all’erario; gli investimenti pubblicitari; il merchandising; il riempimento di bar e ristoranti. È difficile quantificare con esattezza la cifra.

Ma dodici anni senza Mondiale sarebbero una perdita talmente grande che quell’immagine dell’uruguagio Godín che segna in mischia a Buffon rischierebbe di somigliare alle famose immagini degli impiegati della Lehman Brothers che uscivano dai grattacieli con in mano gli scatoloni, ad annunciare la peggior crisi economica della storia.