Clima e agricoltura: addio cacao, banane e tazzina di caffè?
Le previsioni Fairtrade dell'impatto del clima sull'agricoltura (banane, caffè, cacao...) e sui contadini del commercio equo. E l'appello alla politica perché intervenga
In un film comico ben riuscito del 1980 si scatenava il panico tra i passeggeri di un aereo di linea in caduta libera solo all’annuncio della fine delle riserve di caffè. E se a voi togliessero l’aroma della prima tazzina di espresso al risveglio? Oppure il gusto squisito delle banane e le trasgressioni di cioccolato e di ogni derivato del cacao, come reagireste? E poi, cosa pensereste se crescesse a dismisura il prezzo di questi beni alimentari così diffusi, apprezzati e utilizzati sia in tavola che nella filiera industriale del cibo trasformato?
Domande legittime, ahinoi, che si materializzano dopo aver letto uno studio scientifico appena pubblicato e commissionato dall’organizzazione del commercio equo certificato Fairtrade su alcune proprie produzioni agricole. Come tè, cotone e canna da zucchero, oltre alle suddette. I ricercatori, infatti, prefigurano che la scena surreale girata nella pellicola di Zemekis potrebbe trasformarsi in drammatica profezia. Quanto meno se non rallenteranno l’innalzamento della temperatura globale e gli effetti della crisi del clima che impattano sulle coltivazioni e, di conseguenza, sulle possibilità di sostentamento di milioni di contadini.
Terra inospitale: fattori di stress climatico per i nostri cibi preferiti
L’indagine è stata commissionata per comprendere i potenziali impatti diretti, concreti, che i cambiamenti climatici potranno avere sulla produzione e sui produttori delle principali colture Fairtrade. E per farlo i ricercatori dell’università Vrije di Amsterdam e di quella di Scienze applicate di Berna hanno utilizzato tre indicatori:
- l’indice di durata dei periodi di caldo (legato alle ondate di caldo, al rischio di stress da calore),
- il numero di giorni di siccità consecutivi (rischio di siccità),
- il numero di giorni di precipitazioni intense (danni da allagamenti, rischio di erosione e di proliferazione dei parassiti).
Inoltre hanno esaminato i cicloni tropicali e i bacini d’acqua impoveriti. E hanno infine applicato a queste variabili due differenti scenari in termini di emissioni di gas serra. Uno scenario moderato (con basse emissioni) ed uon estremo (ad alte emissioni). Ciò per calcolare una gamma inferiore e superiore di potenziali impatti climatici per ciascuna coltura.
Gli impatti del clima su caffè, banane, cotone e cacao
Il risultato dell’analisi è una previsione dei fenomeni che, necessariamente, condizioneranno le aree geografiche dove ciascuna coltura è praticata dai contadini del circuito Fairtrade. Osservando qualche esempio, vediamo perciò che le banane subiranno gli effetti di un maggior numero di cicloni entro la fine del secolo. Ma anche di temperature più elevate. Coi produttori dei Caraibi e dell’America centrale a soffrire particolarmente il numero di giorni di siccità.
Per quanto riguarda il caffè, il maggior calore combinato a un’aumento dei periodi senza precipitazioni colpirà innanzitutto i contadini in Africa centrale e orientale. Ma anche in Asia meridionale e sudorientale, nei Caraibi e in America centrale. In generale sarà l’America del Sud a patire di più. Il cacao subirà l’impatto di un notevole aumento dei giorni con piogge estreme in Sud America, Africa occidentale e Africa centrale e orientale. E, in generale, per tutti i coltivatori si prospettano ondate di calore in crescita, come pure i periodi privi di pioggia. Per il cotone il climate change significherà aumento delle temperature e della siccità in aree coltivate dove già oggi l’acqua scarseggia.
Lettera (morta?) ai leader nella scorsa Cop26
La situazione è preoccupante, insomma. Tant’è che i piccoli produttori, per farvi fronte, corrono ai ripari cercando risorse finanziarie aggiuntive e appoggi anche in Italia. Grandi speranze dell’avvio di un’inversione di tendenza erano state riposte nella recente Cop26. Summit che avrebbe dovuto evitare il peggio, mettendo in campo ogni strumento economico e politiche ambientali decisive per frenare l’avanzata dei cambiamenti climatici. Ma non è andata proprio così… E mentre Valori.it seguiva i lavori di Glasgow giorno per giorno, Fairtrade inviava un appello a fare presto in una lettera aperta. Scritta in rappresentanza di circa 1 milione e 800mila contadini e lavoratori del settore agricolo di tutto il Pianeta. E così, senza giri di parole, si rivolgeva ai leader della Terra:
- «Avete promesso di ridurre le emissioni che causano situazioni metereologiche estreme, che un giorno prosciugano le campagne e il giorno dopo le inondano. Ma le emissioni stanno aumentando pericolosamente, e i vostri propositi restano troppo limitati.
- Avete promesso di sostenere la finanza climatica, per aiutarci a coltivare il cibo, a dispetto delle condizioni metereologiche che mutano. Ma non abbiamo ricevuto quasi nulla.
- Avete promesso di cambiare approccio di business, da sfruttatori a partner. Ma gli azionisti guadagnano miliardi, mentre milioni di contadini meno di un dollaro al giorno».
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Non sappiamo ancora se le richieste del mondo del commercio equo e solidale avranno soddisfazione domani, ieri no di sicuro. Tuttavia, l’avvertimento inserito nel finale della missiva rimbomba ancora nelle sale – ora vuote – della conferenza di Glasgow. «Il Covid-19 ha stravolto il nostro mondo negli ultimi 2 anni. Ma il suo impatto non è nulla in confronto al danno che potrebbe avere per tutti noi il fatto di non agire sulla crisi climatica oggi. Come rappresentanti dei produttori di cibo, ci appelliamo a voi affinché prendiate questa occasione, ascoltiate le nostre voci, e ci permettiate di continuare a nutrire il pianeta».