A 30 mesi da Cop21, il mondo è ancora indietro

Nonostante gli impegni presi a Parigi, le azioni concrete latitano. A partire dal nodo cruciale: chi finanzia le politiche per mitigare i cambiamenti climatici?

Logo della Conference of the parties sul clima (Cop21) organizzata dalle Nazioni unite a Parigi nel dicembre 2015

Dopo la Cop 21 di Parigi, al cui termine è stato raggiunto l’Accordo che porta il nome della capitale francese, il mondo si è già ritrovato due volte per altre altrettante conferenze delle Nazioni Unite sul clima. A Marrakesh per la Cop 22 e a Bonn per la Cop 23. Le ong ambientaliste e numerosi governi (soprattutto dei Paesi in via di sviluppo) hanno chiesto a più riprese che si potessero sfruttare i due appuntamenti per tradurre le parole contenute nel documento del dicembre 2015 in azioni concrete.

Gli avidi non mollano

Ciò non è però avvenuto. Sui due nodi principali da sciogliere si è assistito ad un braccio di ferro tra nazioni. Quelle che rischiano di più a causa del clima da un lato e, dall’altro, quelle che non vogliono rinunciare ai loro business, soprattutto nel caso in cui essi siano legati allo sfruttamento delle fonti fossili. Così, sia sul tema dei finanziamenti per le politiche di adattamento e di mitigazione dei cambiamenti climatici che su quello della revisione degli impegni nazionali in materia di riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra, l’accordo è ancora un miraggio.

Timidi passi avanti

Tuttavia, alcuni passi in avanti sono stati fatti: si è ad esempio stabilito il principio secondo il quale i fondi che dovranno essere stanziati per risarcire le nazioni più vulnerabili dei danni provocati dal climate change (del quale sono responsabili, in larghissima parte, gli Stati ricchi del mondo) non faranno parte dei 100 miliardi di dollari all’anno promessi – ormai parecchi anni fa – per il Fondo verde per il clima, e che comunque non sono mai stati stanziati del tutto.

Inoltre, per far sì che i governi rivedano le proprie promesse di riduzione delle emissioni, è stato lanciato il cosiddetto dialogo di Talanoa, che punta a portare a nuove proposte di INDC (Intended Nationally Determined Contributions), documenti nei quali gli esecutivi hanno messo nero su bianco le azioni che intendono effettuare per ridurre l’impatto delle loro attività sul clima.

Prossimo round in terra ostile

Il prossimo appuntamento, però, è previsto a Katowice, in Polonia, dal 3 al 14 dicembre, per la Cop 24. Gli ambientalisti di tutto il mondo temono di dover giocare “in trasferta”. La Polonia è infatti apparsa poco interessata a imprimere un’accelerazione al processo di transizione ecologica. Non è probabilmente un caso che la nazione dell’Est europeo è, assieme alla Germania, il principale utilizzatore di carbone a fini energetici del Vecchio Continente.