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L’OMM: il 2017 tra i tre anni più caldi di sempre

Il 2017 sarà con ogni probabilità uno dei tre anni più caldi di sempre. A riferirlo è l’Organizzazione meteorologica mondiale (OMM), che ha pubblicato nuovi dati ...

Eventi climatici estremi e cambiamenti climatici. Desertificazione e surriscaldamento globale. CC0 Creative Commons da Pixabay.com
Immagine tratta dal FOTORACCONTO COP22 sui cambiamenti climatici, da Valori 143 di novembre 2016

Il 2017 sarà con ogni probabilità uno dei tre anni più caldi di sempre. A riferirlo è l’Organizzazione meteorologica mondiale (OMM), che ha pubblicato nuovi dati relativi ai cambiamenti climatici in occasione dell’apertura della Conferenza mondiale sul clima delle Nazioni Unite, la Cop23. L’anno in corso, inoltre, è stato segnato da uragani e inondazioni catastrofiche, ondate di calore e di siccità da record, crescita della concentrazione di CO2 nell’atmosfera e innalzamento del livello dei mari (nonché acidificazione crescente degli stessi). Tutti segnali di un Pianeta il cui equilibrio sta cambiando rapidamente: un’ulteriore prova arriva dall’estensione delle calotte glaciali ai due poli, che hanno segnato i minimi storici negli ultimi tempi.

L’OMM ha riassunto la situazione attuale della Terra in una “dichiarazione provvisoria”, proprio al fine di ricordare al mondo come sia indispensabile un’azione concreta e immediata. La temperatura media globale nei primi nove mesi del 2017 ha già superato di 1,1 gradi centigradi la media dell’epoca pre-industriale: non verrà superato probabilmente il record assoluto del 2016, derivante anche dal fenomeno El Nino, ma verrà conteso al 2015 il secondo posto nella classifica degli anni più caldi. «La tendenza al riscaldamento sul lungo termine è evidente – ha dichiarato il segretario generale dell’Organizzazione meteorologica mondiale, Petteri Taalas -. Abbiamo assistito a fenomeni meteorologici eccezionali, come le ondate di calore a più di 50 gradi centigradi in Asia, gli uragani di intensità estrema ai Caraibi e nell’oceano Atlantico, le inondazioni catastrofiche causate dai monsoni che hanno colpito milioni di persone, così come la terribile siccità registrata in Africa orientale. Si tratta di elementi che portano indiscutibilmente la firma dei cambiamenti climatici, dipesi dalle emissioni di gas ad effetto serra derivanti dalle attività umane».

«Se non agiremo in tempo, centrando gli obiettivi dell’Accordo di Parigi, i rischi per le popolazioni, le economie nazionali e gli equilibri vitali della Terra non fatanno che aumentare», ha aggiunto Patricia Espinosa, segretaria esecutiva della Convenzione quadro delle Nazioni Unite per i cambiamenti climatici (Unfccc)». Che ha tuttavia lasciato spazio anche all’ottimismo: «Una dinamica senza precedenti e molto positiva è nata in seno ai governi, ma anche alle città, alle regioni, alle imprese e alla società civile. La Conferenza di Bonn dovrà rappresentare un trampolino per tutti noi, affinché possano essere rivisti al rialzo gli impegni assunti per difendere il clima».

Il riferimento è in particolare ai cosiddetti Indc, ovvero alle promesse avanzate dagli Stati prima della Cop21 del 2015, in termini di riduzione delle emissioni di CO2. Secondo un rapporto dell’UNEP, infatti, esse non saranno affatto sufficienti a centrare l’obiettivo principale indicato a Parigi, ovvero limitare la crescita della temperatura media globale ad un massimo di 2 gradi centigradi, entro la fine del secolo, rispetto ai livelli pre-industriali. La traiettoria attuale ci porterà infatti a superare i 3 gradi, con conseguenze catastrofiche per il Pianeta: «Per ora, gli impegni degli Stati rappresentano solo un terzo della riduzione dei gas ad effetto serra che è necessaria per salvare il clima», ha spiegato l’agenzia Onu per l’ambiente.