La storia del fondo americano accusato di voler far crollare Adani

La società Hindenburg, che di mestiere scommette al ribasso sui mercati, ha pubblicato un'inchiesta sul gruppo Adani. Che è crollato...

Gautam Adani, sulla sinistra © U.S. Department of State from United States

Adani, il più grande gruppo industriale dell’India, ha perso 70 miliardi di dollari di valutazione di mercato dopo che il 24 gennaio una piccola società di ricerca finanziaria, la Hindenburg Research con sede a New York, l’ha accusato di manipolare i titoli delle sue società e di frode commerciale. Il fondatore della società asiatica, Gautam Adani, ha perso almeno 20 miliardi del suo patrimonio personale. Il gruppo è passato al contrattacco con una lunga replica in cui bolla l’iniziativa come «un attacco premeditato all’India, all’indipendenza, all’integrità e alla qualità delle istituzioni indiane, alla storia di crescita e all’ambizione dell’India».

Gautam Adani è uno degli uomini più ricchi al mondo e il suo impero commerciale è molto diversificato. Dall’automotive (Adani è il proprietario del marchio Tata) al carbone, dalle telecomunicazioni alle infrastrutture. In India è considerato una star nel mondo degli affari, ma soprattutto ha una forte influenza politica. Tanto che il Financial Times ha detto che l’attacco della Hindenburg «rappresenta un test di trasparenza per l’India intera». 

L’attacco di Hindenburg Research alle società offshore di Adani

La pubblicazione dell’analisi della piccola società americana arriva proprio durante un aumento di capitale da 2,4 miliardi di dollari. Hindenburg ha dichiarato di aver lavorato due anni su questa inchiesta, in cui accusa il conglomerato Adani, del valore di 218 miliardi di dollari, di aver costruito la sua ricchezza sfruttando presunte pratiche illegali, attraverso una fitta rete di società controllate offshore. 

Il lungo report è pubblicato sul sito della Hindenburg: nel dettaglio, Adani avrebbe manipolato le azioni per decenni, sfruttando un sistema di frode contabile. Il suo patrimonio deve parte del merito all’apprezzamento di azioni che sono cresciute del 819% in soli 3 anni. Il gruppo Adani è già stato al centro di quattro importanti indagini delle autorità per frode che hanno ipotizzato diversi reati, tra i quali riciclaggio di denaro, furto di fondi dei contribuenti e corruzione. Per un totale stimato di 17 miliardi di dollari.

Tra le accuse più scomode, c’è quella secondo la quale i membri della famiglia Adani avrebbero creato entità giuridiche in paradisi offshore tra le isole Mauritius, negli Emirati Arabi Uniti, a Singapore e in alcune isole dei Caraibi. In particolare, il fratello di Gautam Adani, Vinod, sarebbe a capo di «un grande labirinto di società di comodo offshore», 38 per la precisione, con vari scopi: proteggere parte del patrimonio della famiglia Adani all’estero, riciclare denaro. Il tutto allo scopo di dimostrare la solidità delle aziende. Il fratello più piccolo di Gautam, Rajesh Adani, così come il cognato Samir Vora, sarebbero coinvolti, invece, in una truffa legata al contrabbando di diamanti. 

Cos’è lo short selling

L’elenco delle accuse rivolte al gruppo Adani è lunghissimo (100 pagine di report) ma a sua volta anche la Hindenburg è criticata per via della sua inchiesta. Perché la Hindenburg pratica lo short selling, ovvero la vendita allo scoperto. Lo ha fatto con Adani e lo ha fatto in passato con altre società. Si tratta di una pratica finanziaria che consiste nella vendita di titoli non direttamente posseduti dal venditore, con l’intento di ottenere un profitto a seguito di un movimento ribassista in borsa. In altre parole, la Hindenburg è sospettata di aver artatamente provocato il crollo delle azioni della Adani attraverso la stessa pubblicazione del rapporto. In pratica, avrebbe generato l’obiettivo al quale tendeva.

Sono pochi i fondi finanziari nel mondo come Hindenburg, poiché sono alti i rischi di tali scommesse. Un altro è l’americano Quintessential fondato dall’italiano Gabriele Grego, legato al crac della startup italiana Bio-on.

Proprio in ragione degli alti rischi legati a questo tipo di operazioni finanziarie, i rapporti come quello realizzato da Hindeburg vengono presi molto sul serio dal mercato. In passato, d’altra parte, analoghe valutazioni del fondo americano si sono rivelate fondate. Tra queste, quella più famosa ha riguardato l’azienda americana Nikola, che produceva veicoli elettrici. Trevor Milton, il fondatore e Ceo, è stato incriminato per frode per aver preso accordi con partner come General Motors fingendo di avere una tecnologia all’avanguardia, che invece non possedeva.

La relazione tra Adani e l’India di Narendra Modi

Nella sua corposa risposta a Hindeburg, Adani afferma, tra le altre cose, che si tratterebbe di un attacco all’intera nazione indiana. In effetti, Adani con l’India, per merito dell’attuale governo guidato da Narendra Modi, ha un rapporto viscerale. Adani suggerisce su quale settore investire e il governo segue il consiglio, tanto che Gautam Adani è stato soprannominato “l’oligarca di Modi”

I due sono amici e collaborano da diversi anni. Si narra che l’imprenditore abbia concesso a Modi l’utilizzo del suo jet privato durante tutta la campagna elettorale presidenziale. Entrambi provengono dalla stessa regione: il Gujarat, Stato nord-occidentale considerato un modello virtuoso per l’India, dove le infrastrutture funzionano e gli investimenti volano. 

Di Adani fa discutere il modello di business. L’esempio più rappresentativo di questo è la centrale termoelettrica a carbone che Adani sta terminando sul confine con il Bangladesh, proprio per rifornire quest’ultimo di energia elettrica di cui, però, il destinatario non ha bisogno, data l’abbondante sovrapproduzione interna. Ma soprattutto, come rivelato dal Washington Post, l’elettricità verrebbe venduta a un prezzo 5 volte maggiore rispetto a quello dell’energia prodotta in Bangladesh. Inoltre, il governo di Modi avrebbe cambiato diverse leggi locali per favorire Adani. Per esempio nominando l’area in cui sorge la centrale “zona economica speciale” per permettere al gruppo di importare carbone dall’Australia esentasse. 

Una centrale a carbone costruita dal gruppo Adani © Stop Adani/Flickr

La replica di Adani in 413 pagine

Dopo un primo botta e risposta tra l’azienda e Hindenburg, in cui i legali del gruppo indiano hanno minacciato di rivolgersi alla giustizia, Adani ha pubblicato una replica di 413 pagine. Ciò con l’obiettivo di confutare le accuse del fondo americano, ma soprattutto di calmare i mercati. Nel documento, Adani afferma che 65 delle 88 domande sollevate da Hindenburg Research sarebbero già state affrontate in divulgazioni pubbliche. E che, per quanto riguarda il ruolo del fratello, Vinod Adani «non ricopre alcuna posizione manageriale in alcuna entità o unità quotata del gruppo», dunque non avrebbe alcun ruolo nelle loro attività quotidiane.

L’azienda continua a dichiarare di essere stata vittima di un attacco «malizioso» volto a macchiare la sua reputazione e ha soprannominato la Hindenburg Research il “Madoff di Manhattan”. Intanto i titoli della società sono crollati in Borsa. E Gautam Adani ha perso posizioni nella classifica delle più grandi fortune mondiali stilata da Forbes in tempo reale. Chi vincerà la sfida finanziaria tra il piccolo fondo americano e l’immenso conglomerato indiano ancora non è dato saperlo. Quel che è certo è che se fosse il secondo a soccombere il tonfo farà molto, molto rumore.

Le ripercussioni sulla decarbonizzazione dell’India

Lo scandalo che ha travolto il miliardario Gautam Adani avrà pure un impatto sulle politiche di decarbonizzazione dell’intera India, come ha spiegato ancora Bloomberg. L’economia indiana, infatti, dipende in larga parte dai privati cittadini più ricchi e potenti del paese così come il raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2.

La crisi economica che Adani sta affrontando rischia di affossare il braccio “green” della Adani. In questo modo, il report di Hindeburg ha sollevato interrogativi sulla corporate governance non solo della società del magnate ma dell’intero paese: poiché il gruppo Adani è un attore dominante nelle industrie di energia pulita dell’India (così come del settore dei combustibili fossili), il ritmo degli investimenti nel settore green potrebbe rallentare. Per raggiungere il suo obiettivo climatico, l’India necessita di 160 miliardi di dollari all’anno fino al 2030 di investimenti, circa il triplo dei livelli odierni secondo l’Agenzia internazionale per l’energia.

La rapida caduta di Adani potrebbe minare la fiducia degli investitori in India in modo più ampio, frenando i flussi di capitale e di investimenti verdi anche dall’estero. Un quadro che non fa altro che confermare una cosa: gli investimenti non devono solo essere ambientalmente sostenibili ma anche etici. E soprattutto, provenire da società che rispettano le leggi.