Tutti i calciatori sono uguali, alcuni sono più uguali degli altri

Ogni settimana il commento di Luca Pisapia sugli intrecci tra finanza e calcio

A differenza degli altri sport di squadra dove si va a punto in continuazione, in novanta minuti di pallone ci sono pochi momenti decisivi. Spesso frutto di colpi di genio individuali. Se poi, intorno al singolo campione, si crea un indotto affettivo ed economico, come prescrive la società dello spettacolo, è compito del club trasformarlo in vantaggio. Prendiamo lo studio del CIES Football Osservatory sul valore di scambio dei migliori calciatori in Europa, uno per squadra, in rapporto al valore di mercato dell’intera rosa. Certo, ci sarebbero mille altri parametri da analizzare – stipendi, incidenza sul bilancio, diritti d’immagine, eccetera – ma, dato il volume d’affari del mercato, la lista è molto interessante. Anche se la pandemia ha fermato l’impetuosa crescita ininterrotta dal 2010. C’è stato, infatti, un crollo del 23,4% nel 2020, quando il giro di affari è stato di 5,63 miliardi di dollari rispetto ai 7,35 del 2019. Risultato più basso dal 2016. Ed è diminuito anche il valore dei calciatori: lontani i 222 milioni pagati per Neymar, i 145 per Mbappé o i 125 per Felix, l’anno scorso il più caro è stato Havertz, al Chelsea per 90. Ma è sempre calciomercato, come titola la nota trasmissione.

Lo studio del CIES prima divide i calciatori in fasce di prezzo: in quella tra 150-200 milioni troviamo Rashford e Haaland, nella 120-150 Felix, Foden, Mbappé e Saka, poi una serie di campioni spesso della Premier o della Liga. I primi che giocano in Italia sono Lautaro e De Ligt nella fascia 90-120; mentre il primo italiano, molto molto lontano, è Berardi nella fascia 30-40. Poi analizza l’incidenza del loro valore di scambio su quello della squadra. A dimostrazione che questo incide più del semplice valore d’uso, ovvero di quello che fa sul campo. Ad esempio Rashford vale da solo il 15% di una multinazionale come il Manchester United; Haaland addirittura il 21,5% del Borussia, che pure ha altri ottimi giocatori giovani; Foden un misero 10% del Manchester City, pieno di stelle, mentre Edu addirittura il 40% dell’Eibar. Il calcio è uno sport collettivo, certo, sono fondamentali l’organizzazione di squadra, la tattica, la costruzione dal basso. Ma poi alla fine qualcuno deve fare la giocata decisiva. E, come il caso di Cristiano Ronaldo alla Juve insegna, sta all’abilità del club trasformarlo in valore aggiunto e non in perdita.