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Algeria, i no-shale gas chiedono una moratoria

I militanti vogliono interrompere le esplorazioni «che giovano solo alle multinazionali» e dichiarano di battersi contro quella che giudicano «una forma di neo-colonialismo mascherato».

  Da oltre un mese, manifestazioni e sit-in vengono organizzati quotidianamente in Algeria per protestare contro i programmi di esplorazione del governo alla ricerca di shale gas . Il movimento di contestazione – nato nella città di In Salah, dove è stata effettuata la prima esplorazione sotterranea – si è allargato a macchia d’olio, racconta il quotidiano francese Libération, in particolare nelle città di Adrar, Ouargla e Ghardaia.  

Sabato scorso, a In Salah si è giunti al trentesimo giorno di protesa. Circa 4 mila persone sono scese in piazza. Un numero che può sembrare esiguo, ma che invece è assolutamente significativo, se si tiene conto del fatto che in Algeria le manifestazioni sono formalmente vietate dalla legge. Al contempo, una petizione online è stata firmata da 1.440 cittadini. 

Cercando di gettare acqua sul fuoco, il primo ministro Abdelmalek Sellal ha spiegato lunedì che una decisione sul gas da scisto non sarà presa prima del 2020, «in funzione delle tecnologie che saranno disponibili in quel momento». Il premier ha poi aggiunto che le esplorazioni attuali «non comportano alcun rischio per l’ambiente né per la salute». 

Parole che però non hanno rassicurato gli algerini che si oppongono ai programmi e che hanno rilanciato chiedendo una moratoria sulle trivellazioni realizzate dalla società pubblica Sonatrach. Un militante ha spiegato al giornale transalpino che «le esplorazioni sono utili solo alle multinazionali. Noi ci opponiamo ad una forma di neo-colonialismo mascherato».