Cosa sono gli “alternative data”, la nuova miniera d’oro per gli investitori

Altro che analisi di mercato: le nuove frecce all'arco degli investitori sono gli alternative data, pagati a caro prezzo

Tra i dati alternativi utilizzati sempre più dai trader ci sono anche quelli sull'affluenza ai centri commerciali © Vladyslav Horoshevych/iStockPhoto

Ci sono cose che facciamo ogni giorno, senza rifletterci troppo. Come parcheggiare di fronte all’ufficio e andare a sederci alla scrivania. E se ci fosse qualcuno che monitora l’area da satellite, ne ricava il tasso di occupazione della sede e lo incrocia con quello di tante altre, sparpagliate in altre città, per valutare lo stato di salute del gruppo? E se questo qualcuno, in seguito, vendesse questi dati a un fondo che specula sulle sue azioni? Benvenuti nell’epoca degli alternative data.

Cosa sono gli alternative data

Da sempre le decisioni di investimento si basano sui dati. Dati ufficiali e pubblici, relativi tanto all’azienda (valore dei titoli in Borsa, flusso di cassa, indebitamento…) sia all’economia nel suo insieme (inflazione, andamento del PIL…). Complice la digitalizzazione, però, pressoché qualsiasi altra cosa può essere trasformata in cifre. Pagamenti online, like e commenti sui social media, recensioni, flussi di traffico: queste e altre informazioni, aggregate e rese anonime, vengono poi date in pasto ai data scientist che ne ricavano valutazioni preziose per le aziende.

Non solo. È sempre più frequente che questi cosiddetti alternative data (letteralmente, dati alternativi) vengano venduti – in modo talvolta legale, talvolta più opaco – a trader, hedge fund, società di private equity. Agli occhi degli investitori, infatti, possono risultare molto preziosi. Perché, se letti nel modo giusto, permettono di intercettare trend nascenti e orientare di conseguenza le mosse sui mercati finanziari.

Miliardi di dollari spesi per comprare i dati alternativi

C’è una bella differenza tra l’analisi del fatturato di un brand e quella dell’afflusso di clienti ai suoi punti vendita. Anche in termini di complessità, perché gli alternative data tipicamente sono non strutturati e quindi vanno macinati dagli algoritmi di intelligenza artificiale e interpretati da figure qualificate.

Pur essendo così pionieristica, questa pratica è molto più diffusa di quanto sembri. Nel 2019 il World Economic Forum ha interpellato sul tema dell’Intelligenza Artificiale 151 società finanziarie: il 60% ha dichiarato di fare uso di alternative data, ricavati soprattutto da social media, servizi di pagamento e geolocalizzazioni.

Come gli “alternative data” offrono un vantaggio agli investitori – se potete permettervelo

Dati che non sono pubblici, sottolinea un articolo del quotidiano economico francese Les Echos. Chi se li vuole aggiudicare, per partire avvantaggiato rispetto alla concorrenza, deve pagare un prezzo salato. Sempre dallo stesso studio si scopre infatti che, per acquistarli, hedge fund, fondi pensione e fondi comuni hanno sborsato 1,7 miliardi di dollari nel 2020. Una somma cresciuta di oltre sette volte rispetto al 2016, quanto ammontava a 232 milioni di dollari.

Non stupisce dunque che siano sempre di più numerose le realtà che li vendono agli investitori istituzionali. Nel 2013 ce n’erano meno di 250, a settembre 2019 erano 447. Considerato che il volume di dati che ciascuno di noi genera inconsapevolmente cresce di ora in ora, e considerato che le società – dopo averli resi anonimi – sono libere di usarli come meglio credono, tutto fa presagire un futuro fiorente per questo business.