Altro stadio, altra corsa

Ogni settimana il commento di Luca Pisapia sugli intrecci tra finanza e calcio

Nessuno allo stadio, nessuno alla partita. Mentre causa pandemia e impossibilità di accedervi si ottiene la plastica rappresentazione del vuoto che da decenni rimbomba negli stadi italiani, ecco che Coni, Figc e Lega non trovano di meglio che scrivere una letterina di Natale al governo per chiedere sgravi economici e penali per costruire nuovi impianti. Un’affare da 4,5 miliardi con altri 3 miliardi di gettito fiscale, secondo Deloitte che ha curato il futuristico rapporto. Fa niente che la Serie A sia ultima per percentuali di riempimento degli stadi nei grandi campionati europei: un misero 60% contro il 95% della Premier League. Non importa che in A negli ultimi quarant’anni si sia perso per strada il 27% dei tifosi (il 36% in Serie B!) passando dai 33mila spettatori di media del 1979 ai 24mila di oggi. La soluzione non è incentivare il pubblico a riempire gli stadi, magari offrendo uno spettacolo migliore, abbassando i prezzi, legando lo stadio ad altre esperienze, ma è costruire nuovi impianti, gettare nuovo cemento, estendere senza più limiti le zone residenziali e commerciali comprese nei vari progetti, con il solito ritornello secondo cui si muove l’economia e si creano nuovi posti di lavoro. Come se da più di otto anni, nonostante una valanga di soldi buttati e il cambio di sindaco, del progetto, della zona, pure il cambio di proprietà della squadra, non si sia ancora nemmeno iniziato a costruire il famoso stadio della Roma. Senza che nessuno abbia trovato lavoro o ci siano stati benefici economici per le casse pubbliche, anzi. Come se non fossimo un Paese che ha finito di pagare due anni fa i debiti per gli stadi di Italia 90, con costi lievitati all’inverosimile tra appalti e tangenti per impianti oggi già obsoleti. Come se ancora non fossimo sovrastati dalle macerie delle Olimpiadi invernali di Torino 2006 o dei Mondiali di Nuoto di Roma 2009. Una terrificante hauntology urbanistico-sportiva che dovrebbe tormentare nel sonno e nella veglia chi governa lo sport italiano, ma siamo un Paese senza memoria e allora ecco la letterina natalizia: venghino venghino, siori e siore, più soldi e più lavoro per tutti, via con un altro giro, via con altri regali.