Amazon chiude i negozi senza cassa… perché avevano bisogno di troppi cassieri

L’intelligenza artificiale doveva liberarci dal lavoro, ma il caso Amazon racconta l’ennesima storia di sfruttamento degli umani

© Donald Giannatti/Unsplash

C’era una volta, tanto tempo fa, un turco meccanico che viaggiava per il regno dell’imperatrice d’Austria. Questo turco era una macchina. Un automa che sfidava a scacchi i migliori giocatori del regno. E li batteva. La magia della tecnica travalicò i confini, tutti ne parlavano con meraviglia. E un giorno la macchina fu spedita a incantare il nuovo mondo. Giunse così fino a Baltimora, dove un giovane scrittore decise di non lasciarsi abbagliare dalle presunte meraviglie del progresso. E ne svelò l’arcano.

Il turco meccanico non era altro che un contenitore. Al suo interno sedeva un umanissimo giocatore di scacchi che, attraverso un gioco di specchi e leve, muoveva le pedine sulla scacchiera. La magia della tecnica e del progresso era quindi solo un’illusione. Erano l’intelligenza e il cervello dell’uomo a sfidare, e spesso a battere, quella di altri uomini. Non certo quelli della macchina. Lo scrittore che svelò la magia di misteri se ne intendeva. Il suo nome era Edgar Allan Poe.

Il turco meccanico come metafora della contemporaneità

Da allora certo l’intelligenza artificiale ha fatto enormi progressi. Per rimanere al gioco, una decina di anni fa fu in grado di sconfiggere l’uomo in una partita di Go, gioco da tavolo coreano assai più complesso degli scacchi. E l’anno scorso l’uomo si è preso la sua rivincita, quando un giocatore dilettante ha battuto la macchina. Anche se lo ha fatto utilizzando un software.

E ha fatto progressi anche nel gioco più amato dagli uomini: la guerra. Se è vero che l’esercito israeliano ha utilizzato l’AI per marchiare e poi uccidere in meno di venti secondi buona parte delle decine di migliaia di palestinesi massacrati.

Ma la storia del turco meccanico è rimasta la perfetta allegoria della gig economy. Il capitalismo delle piattaforme dove si racconta che tutto è gestito dalla macchina, ma in realtà dietro ogni cosa c’è sempre lo sfruttamento degli umani. Semplicemente di umani che, a differenza di quelli che entravano e uscivano dalla fabbriche, non vediamo più. O meglio, fingiamo di non vedere.

Gli invisibili della logistica: il caso Amazon

Perché quando compriamo una merce su Amazon (la piattaforma scelta non è casuale) pensiamo che arrivi a casa per magia. Per una meraviglia dell’automazione, punto più alto dello sviluppo del capitale. E allora fingiamo di non sapere che questa merce da qualche parte un essere umano l’ha prodotta, sfruttato e sottopagato. Spesso in un paese del terzo o quarto mondo.

Che questa merce altri umani l’hanno trasportata, a costi economici e ambientali altissimi, attraverso il globo. E che sempre di normalissimi uomini l’abbiano ricevuta, catalogata, inserita negli appositi scaffali e poi su ordine dell’algoritmo da questi scaffali tolta, nei grandissimi hub che puntellano le periferie urbane delle nostre grandi città. Seguendo turni massacranti e ottenendo paghe misere.

E che poi altri esseri umani “invisibili” abbiano trasportato questa merce. In furgone, in bici o in motorino, con qualsiasi tempo o condizione di traffico, fino alla porta di casa nostra. Dove abbiamo potuto fingere di meravigliarci per la magia di una merce apparsa per volontà di un’intelligenza superiore e artificiale. E già che c’eravamo abbiamo anche finto di non sapere che questa piattaforma non paga nemmeno le tasse.

Ancora Amazon, dove i cassieri non ci sono… perché stanno in India

E così non deve stupire la notizia che Amazon, sempre lei, abbia cominciato a chiudere i suoi negozi senza casse perché… c’erano troppi cassieri. Da qualche anno infatti la piattaforma aveva aperto una catena di negozi con tecnologia Just Walk Out. Il procedimento avrebbe dovuto essere semplice. Il cliente entrava, prendeva la merce dagli scaffali, una serie di telecamere controllate dall’intelligenza artificiale ne scannerizzavano i codici, il cliente usciva senza fare la coda alle casse. Anche il pagamento era automatico.

E così più della metà dei negozi di alimentari Amazon Fresh e di negozi generalisti Amazon Go, non tantissimi per la verità, si vantava di utilizzare la tecnologia Just Walk Out. Solo che poi si è scoperto che a controllare che prodotti fossero stati acquistati e a decidere quanto il cliente doveva pagare non era l’intelligenza artificiale. Ma migliaia di esseri umani. Stipati in bunker a decine di migliaia di chilometri di distanza.

La fregatura dell’automazione: lavoro intero, reddito zero

Secondo il sito The Information, che ha dato la notizia poi ripresa da numerose testate e confermata dall’azienda, la tecnologia non avrebbe per nulla azzerato il lavoro umano. Anzi, non lo avrebbe nemmeno ridotto. Se è vero che, per mille vendite effettuate con Just Walk Out, più di settecento richiedevano comunque una revisione di esseri umani.

Secondo GeekWire, questi umani sarebbero stati migliaia di lavoratori indiani sottopagati che dovevano controllare una a una le merci inquadrate dalle telecamere. E ora questi lavoratori sono stati pure licenziati perché, essendo umani, non rispondevano all’idea di velocità e perfezione della macchina che la piattaforma voleva diffondere come per magia.

Altro che intelligenza artificiale, altro che machine learning. Ecco l’ennesimo caso in cui dietro il finto progresso dell’automazione c’è un mondo di turchi meccanici sfruttati. Ora dovrebbe partire il sistema Dash Cart, ha detto un portavoce di Amazon al sito Gizmodo. In cui i prodotti saranno scannerizzati dal carrello e non dalle telecamere. Non ci stupiremmo però di scoprire che, anche dentro il carrello, la piattaforma troverà modo di infilare degli esseri umani