La lunga marcia saudita per prendersi il calcio
L'Arabia Saudita ospiterà i Mondiali di calcio del 2034, a suggello di una strategia lunga decenni. E dei diritti umani noi ci dimenticheremo
Nella società dello spettacolo conviene sempre guardare le immagini. Partita inaugurale dei Mondiali di Russia 2018, i padroni di casa giocano contro l’Arabia Saudita. Nella foto insieme al padrone di casa Vladimir Putin e al presidente Fifa Gianni Infantino c’è l’ospite designato: il principe saudita Mohammad bin Salman. Cerimonia inaugurale dei Mondiali di Qatar 2022. Nella foto oltre all’emiro Tamim al Thani, padrone di casa, e all’onnipresente presidente Fifa Gianni Infantino, ecco spuntare un ospite a sorpresa: il principe saudita Mohammad bin Salman, ex acerrimo nemico del Qatar.
Questa immagine significa pace. E significa molto di più. Significa che nel 2034 sarà proprio l’Arabia Saudita a ospitare i Mondiali di calcio maschile. Il coronamento di un lungo percorso, cominciato con la boxe e la Formula Uno, e proseguito con il golf, che permette ora ai sauditi di dominare nel calcio. Non solo l’acquisto del Newcastle, o l’organizzazione della Saudi Pro League, con i palloni d’oro Benzema e Cristiano Ronaldo, che quest’estate ha fatto incetta di campioni dai principali campionati europei. Investendo quasi un miliardo di euro, secondo le stime di Deloitte.
Secondo una ricerca di Play the Game, compilata dall’organizzazione danese Danish Institute for Sport Studies, ben 83 dei 312 accordi di sponsorizzazione dei sauditi nello sport globale si riferiscono al pallone. Seguono a distanza i motori, 34, e il golf, 33. Ma il calcio e lo sport sono solo uno dei tanti prodotti culturali in cui sta investendo l’Arabia Saudita, nuova superpotenza globale. Dietro i volti di Ronaldo e Benzema c’è molto di più.
C’è un Paese in cui i minimi diritti economici, sociali e civili non sono minimamente rispettati. In cui le minoranze – di classe, genere e provenienza geografica – non hanno alcun diritto. Per non parlare della stampa o della possibilità di criticare la monarchia assoluta. Ma dimenticheremo tutto prestissimo, come abbiamo fatto per il Qatar. Perché dietro c’è ancora di più. C’è il fondo sovrano Pif, un capitale stimato in quasi mille miliardi di dollari, controllato dalla famiglia reale e braccio “armato” del piano di riforma sociale ed economica Vision 2030.
Si parla tanto del Newcastle o della Saudi Pro League, del mancato rispetto dei diritti umani quando l’Italia decide di andare lì a giocare la Supercoppa. Ma Pif e la potenza saudita sono già ovunque. Hanno partecipazioni azionarie in mezzo mondo: Amazon, Uber, Alphabet (il mondo Google), Meta (il mondo Facebook e Instagram), Microsoft, Boeing, Disney. Per non parlare degli accordi commerciali con General Electric, Lockheed Martin e Blackstone Group. Lo sport, come sempre, è la fotografia. È l’immagine, intesa come mediatore nel rapporto sociale ed economico tra gli individui.