Rischio di credito bancario, la Corte dei Conti europea bacchetta la BCE
Per la Corte dei Conti Europea, la BCE ha intensificato gli sforzi per monitorare il rischio di credito bancario, ma ancora non basta
Tra i compiti fondamentali della Banca Centrale Europea (BCE) c’è quello di vigilare sulle grandi banche, valutando i loro rischi prudenziali. Tra cui il rischio di credito, cioè l’eventualità che i debitori non riescano a rimborsare i loro prestiti. Un compito a dir poco decisivo, perché dal rischio di credito dipende la stabilità degli istituti e – su larga scala – quella del sistema finanziario nel suo insieme. Peccato, però, che l’approccio adottato finora dalla BCE abbia ancora parecchi buchi. A dirlo è una fonte a dir poco autorevole: la Corte dei Conti europea.
Come funziona la vigilanza sul rischio di credito bancario
A partire dal 2014 ha preso il via il Meccanismo di vigilanza unico. Ciò significa che la Banca Centrale Europea, in collaborazione con le autorità nazionali dei 21 Stati che fanno parte dell’unione bancaria, vigila su circa 110 banche ritenute di particolare importanza. Nel concreto, valuta i rischi a cui sono esposte, verifica se siano attrezzate per gestirli e pubblica una valutazione formale. Il rischio di credito è particolarmente delicato: se una banca inizia a non riscuotere più i pagamenti delle rate da parte dei suoi mutuatari, e non ha riserve di liquidità sufficienti, a lungo andare può trovarsi in serie difficoltà. E sappiamo bene come le crisi, nel mondo della finanza, si propaghino in fretta.
Se la BCE nota qualche carenza da parte delle banche, può fare due cose. La prima è imporre requisiti patrimoniali aggiuntivi, cioè obbligarle a mettere da parte coperture patrimoniali in più rispetto a quelle minime imposte a tutte. La seconda è sorvegliarle più da vicino, per assicurarsi che adottino misure correttive per tenere sotto controllo questi rischi.
La Banca Centrale Europea conosce i rischi, ma non prende contromisure
Fin qui, tutto sembra filare liscio. A guardarle da vicino, le valutazioni sui rischi di credito e sui controlli eseguite finora dalla Banca Centrale Europea sono anche di buona qualità, seppure con alcune carenze. Ma è quando bisogna prendere decisioni reali che il sistema inizia a scricchiolare. O almeno, questo è quanto afferma la Corte dei Conti europea, autrice di una relazione speciale che è frutto di due anni di lavoro. L’audit si concentra sul 2021, in particolare su 10 banche che hanno avuto problemi con i crediti deteriorati.
La critica è pesante. La BCE analizza correttamente le banche, quindi conosce l’entità del rischio di credito. Tuttavia, «non si avvale degli strumenti e dei poteri di vigilanza di cui dispone per far sì che i rischi riscontrati siano pienamente coperti da capitale aggiuntivo o per indicare alle banche come gestirli meglio». Il nuovo approccio adottato nel 2021 per stabilire l’entità dei requisiti patrimoniali aggiuntivi è già insufficiente di per sé, secondo la Corte dei conti europea. Come se non bastasse, la BCE non lo applica nemmeno in maniera uniforme. Paradossalmente, adotta un approccio più morbido proprio con gli istituti più ad alto rischio. E non li tiene nemmeno sotto controllo come dovrebbe.
La replica della BCE: l’approccio graduale è stato «adeguato»
Nell’iter di stesura del corposo audit, la Corte dei Conti europea ha accolto le osservazioni da parte della BCE. Che ha respinto al mittente le critiche. «Sarebbe stato possibile usare in maniera diversa gli strumenti esistenti e i poteri di vigilanza di cui dispone, ma la BCE è del parere che l’approccio scelto sia il più efficiente ed efficace, come dimostrano la riduzione dei crediti deteriorati (non-performing loans, NPL) e l’aumento della copertura dalla pubblicazione di tale approccio», scrive.
La Banca Centrale Europea ammette di aver adottato un approccio graduale, per timore di intervenire in modo troppo deciso prima che le banche fossero preparate a risolvere il problema. Ma rivendica la propria decisione: proprio questa gradualità, sostiene, avrebbe spinto le banche a intervenire in modo proattivo per ridurre i crediti deteriorati prima ancora di essere sottoposte alle misure di vigilanza. Per dimostrarlo, riferisce alcuni dati. Nel primo trimestre del 2017, quando sono state pubblicate le linee guida della BCE, i NPL ammontavano a 866 miliardi di euro. Un volume che si era ridotto del 48% a fine 2020, data della prima segnalazione delle aspettative di copertura delle banche.
La Corte dei Conti riconosce che i crediti deteriorati pregressi (ossia risalenti a prima dell’aprile 2018) sono in calo dal 2015, anche grazie alle azioni della BCE. Ma non si accontenta. Chiede infatti di «impedire la cattiva gestione dei rischi di credito, perché questa può portare le banche al fallimento». A dichiararlo è lo stesso responsabile della relazione, Mihails Kozlovs. Secondo il quale «si tratta di un aspetto essenziale vista l’importanza che riveste la fiducia nel settore bancario, soprattutto in una congiuntura economica complessa come quella attuale».