Cosa sappiamo del tracollo di Silicon Valley Bank

Il tonfo di SVB (Silicon Valley Bank) rischia di trascinare con sé altre banche. Dimostrando quanto siano volubili i mercati finanziari

Silicon Valley Bank (SVB) è la banca di riferimento per le startup statunitensi © Coolcaesar/Wikimedia Commons

Al di fuori della cerchia delle startup californiane, in pochi avevano sentito parlare di Silicon Valley Bank, meglio nota come SVB. Fino al 9 marzo, giorno in cui il valore delle sue azioni è sprofondato del 60% trascinando con sé i titoli di altre grandi banche statunitensi ed europee. Un episodio che ha scatenato il panico nei mercati finanziari, dimostrandoci – ancora una volta – quanto questi siano continuamente minacciati da scossoni.

Cosa è successo a SVB

Un articolo di Bloomberg prova a mettere un po’ d’ordine in una vicenda ancora in piena evoluzione. Fondata nel 1982, SVB è la più grande banca della Silicon Valley, il distretto tecnologico di San Francisco. Ha finanziato decine di migliaia di startup; tra i suoi clienti ci sono nomi come Pinterest e Shopify.

Il trambusto comincia quando la sua società madre, SVB Financial Group, annuncia di aver venduto parte del suo portafoglio, per un valore di 21 miliardi di dollari. Quest’ultimo però è composto prevalentemente da titoli di Stato e, pertanto, si svaluta di circa 1,8 miliardi (al netto delle imposte) a causa del brusco aumento dei tassi imposto dalla Federal Reserve. Allora la banca organizza una vendita di azioni proprie per raccogliere in fretta e furia altri 2,25 miliardi di dollari. Ma perché tutto questo bisogno di liquidità? «A causa di elevati deflussi di depositi presso la banca, dovuti a una più ampia flessione nel settore delle startup», affermano gli analisti interpellati da Bloomberg.

Tutto questo crea apprensione tra alcuni importanti venture capitalist (tra cui Peter Thiel’s Founders Fund, Coatue Management e Union Square Ventures) che dicono alle aziende nel loro portafoglio di ritirare i propri soldi dalla banca. Il risultato? Le azioni di SVB perdono il 60% del loro valore in poche ore. Va ancora peggio per le obbligazioni corporate.

Una sede di SVB (Silicon Valley Bank) © Tony Webster/Wikimedia Commons
Una sede di SVB (Silicon Valley Bank) © Tony Webster/Wikimedia Commons

Un terremoto nei mercati finanziari

Il tonfo di SVB arriva in contemporanea con il fallimento di Silvergate Capital, la banca di riferimento nel mondo delle criptovalute. Questo è l’epicentro di un terremoto che si allarga al settore bancario statunitense nel suo insieme. Nell’arco di poche ore, anche le azioni di Bank of America, Wells Fargo e JPMorgan Chase perdono almeno il 5%. Mentre scriviamo quest’articolo, il KBW Nasdaq Bank Index (un indice che raccoglie 24 società bancarie e finanziarie americane) segna un -7,7%.

La conclusione di questa vicenda è ancora tutta da scrivere. Nella peggiore delle ipotesi, l’ondata di sfiducia si diffonderà anche tra i clienti di altri istituti. Questi ultimi così saranno costretti a seguire l’esempio di SVB, innescando un circolo vizioso. Oppure a tenersi buoni i clienti alzando i tassi d’interesse sui depositi, erodendo così i propri margini. Stando ad alcuni analisti, i più in bilico sono gli istituti di piccole e medie dimensioni che hanno portafogli meno diversificati. Nella migliore delle ipotesi, invece, la situazione tornerà più o meno alla normalità senza fare altre vittime.

La morale della vicenda, invece, appare già abbastanza chiara. Questo settore finanziario ipertrofico, così slegato dall’economia reale ma così influente sulle nostre vite, si regge su un equilibrio che – a guardarlo bene – è fragilissimo. Bastano i primi scricchiolii per scatenare conseguenze incontrollabili.