Finanziamenti alle attività inquinanti, i giochi contabili delle grandi banche
Come la metrica usata permette alle banche di dichiarare di aver ridotto le "emissioni finanziate" anche senza agire troppo sui fondi concessi
I gruppi bancari Deutsche Bank AG, Citigroup e Mizuho Financial Group sembrano mantenere le loro promesse di riduzione delle emissioni di CO2. Le tre banche (insieme a molte altre) si sono formalmente impegnate a eliminare il finanziamento delle emissioni – cioè a sostenere con prestiti e investimenti attività inquinanti – a partire dalle voci di bilancio a maggiore intensità di CO2 e aderendo al programma delle Nazioni Unite conosciuto come Net-zero Bank Alliance.
Nei rapporti sulla sostenibilità pubblicati quest’anno, tutte e tre le banche hanno dichiarato che questi numeri sono diminuiti, in alcuni casi in modo significativo. Eppure, se si leggono le note a piè di pagina, si scopre che le loro emissioni hanno registrato cali in gran parte dovuti a fattori tecnici al di fuori del loro controllo. A raccontarlo è la testata statunitense Bloomberg.
Cambia il rapporto tra prestito e valore dell’azienda, ma il finanziamento delle banche non cambia
La Deutsche Bank ha riferito ad esempio che le emissioni associate ai suoi prestiti alle compagnie petrolifere e del gas, principali responsabili del riscaldamento globale, sono diminuite del 29% rispetto all’anno precedente. Di conseguenza, la banca è molto più vicina al suo obiettivo di riduzione delle emissioni finanziate dal settore entro il 2030.
Come è stato possibile? La guerra in Ucraina potrebbe aver fatto la sua parte. L’istituto di credito tedesco ha dichiarato che il calo di emissioni è dipeso sostanzialmente da tre fattori, il più importante dei quali è stata la riduzione dei crediti in seguito alla chiusura dei rapporti con i clienti russi. A questi si aggiungono le variazioni dei tassi di cambio e l’aumento del valore di mercato dei clienti che utilizzano combustibili fossili.
Come fanno le banche a calcolare le “emissioni finanziate”
La Deutsche Bank, come la maggior parte delle altre banche, calcola le emissioni finanziate utilizzando le metodologie sviluppate dalla Partnership for Carbon Accounting Financials (PCAF). Questa metodologia prevede che le banche tengano conto di una parte delle emissioni annue delle aziende a cui prestano dei soldi, e quindi calcolino un cosiddetto “fattore di attribuzione” per ogni prestito.
Questo calcolo rappresenta il rapporto tra l’importo del prestito (il numeratore) e il valore dell’azienda finanziata (il denominatore). Con l’aumento dei prezzi dell’energia che ha spinto al rialzo le valutazioni delle aziende produttrici di combustibili fossili (il denominatore nel calcolo di cui sopra), le banche sembrano fare meno danni poiché i loro finanziamenti (il numeratore) rimangono invariati. Ma come giustamente fa notare l’organizzazione no-profit statunitense Environmental Defense Fund, in un rapporto intitolato Carbon Conundrum, ciò significa «che la quota di emissioni di un cliente da parte di una banca può diminuire anche se il finanziamento al cliente non è cambiato».
Banche VS Clima
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Bloomberg riporta la risposta di Jörg Eigendorf, responsabile della sostenibilità della Deutsche Bank, il quale ammette che il calcolo delle emissioni finanziate «ha certamente bisogno di ulteriore lavoro per essere migliorato, ma è il miglior indicatore che abbiamo al momento e ci aiuta enormemente a gestire il nostro budget di CO2».
Così come Deutsche Bank, anche Citigroup e Mizuho
Quando a marzo Citigroup ha comunicato i suoi ultimi dati sulle emissioni finanziate, la banca ha “confessato” nel suo report che «una serie di importanti variabili creano una volatilità da un anno all’altro nelle cifre riportate e distorcono le analisi significative dei progressi della decarbonizzazione dei clienti».
Citigroup ha riferito che un “disallineamento dei dati”, per cui le società energetiche hanno chiuso il 2021 con valutazioni più alte dopo un anno di diminuzione della produzione e delle emissioni, ha portato a cifre più basse sulle emissioni finanziate. La società non ha ancora pubblicato i dati sulle emissioni finanziate per il 2022.
La giapponese Mizuho ha registrato un calo del 29% delle emissioni assolute dei suoi clienti del settore petrolifero e del gas nel 2021 rispetto ai livelli di riferimento del 2019. Un portavoce della banca, secondo quanto riportato da Bloomberg, ha dichiarato che «le emissioni finanziate da sole potrebbero non valutare adeguatamente gli sforzi delle aziende e delle istituzioni finanziarie verso la transizione». Per questo motivo, potrebbero essere necessarie «metriche complementari», come i dati forniti direttamente dai clienti.
Ma allora fino ad adesso valeva tutto?
La metodologia PCAF, che è diventata rapidamente lo standard di settore, è stata approvata alla fine del 2020. Un anno dopo è stata costituita la Net Zero Banking Alliance, che ha spinto la maggior parte delle principali banche occidentali a impegnarsi a ridurre le emissioni finanziate.
Altre banche, tra cui Crédit Agricole e Royal Bank of Canada, hanno sottolineato la volatilità intrinseca dei numeri dovuta all’uso di questa metodologia di calcolo. Un dibattito su come cambiarla è già stato avviato. Lo stesso certificatore PCAF ha dichiarato che le aziende che riportano le emissioni finanziate utilizzando la sua metodologia possono applicare dei “correttivi” per evitare le fluttuazioni dei prezzi di mercato.
È la stessa direttrice del PCAF, Angélica Afanador, ad aver ammesso l’aleatorietà del meccanismo: «le istituzioni finanziarie possono scegliere di descrivere il significato dei numeri e la causa che sta dietro alla variazione delle emissioni di anno in anno», ha dichiarato. Insomma, è chiaro a tutti ma se ne parla ancora poco: finora, in fatto di finanziamenti delle banche alle attività inquinanti è valso il principio vale un po’ tutto, basta raccontarla bene.