Le banche europee sono affezionate ai rischi climatici
Energia, trasporti, CO2. E gli intrecci con la finanza. Ogni settimana il punto sui cambiamenti climatici firmato da Andrea Barolini
L’Autorità bancaria europea (EBA) ha pubblicato i primi risultati di un esercizio pilota sui rischi climatici legati al sistema bancario nell’Unione europea. Una sorta di stress test che punta a comprendere quanto ciascun istituto finanziario sia esposto di fronte alle conseguenze del riscaldamento globale. Ma l’obiettivo è stato anche di valutare quale sia il possibile impatto della transizione ecologica sui business delle banche.
Ebbene, qual è il risultato, vi chiederete? La realtà è che il risultato, di fatto, non c’è. Se non parziale. La principale conclusione alla quale è giunta l’EBA è infatti la seguente: «I dati mostrano che occorrerebbero maggiori informazioni sulle strategia di transizione e sulle emissioni di gas ad effetto serra per permettere alle banche stesse, e alle autorità di vigilanza, di valutare con più precisione il rischio legato al clima». Che, riassumendo e tagliando un po’ con l’accetta, è come dire che all’EBA non è stato consentito di effettuare il test in modo adeguato.
Tuttavia, un paio di cose l’autorità bancaria le ha dette. La prima: su un campione di 29 banche presenti in 10 Paesi (che rappresentano il 50% degli asset del settore), in media, il 58% del business risulta esposto a settori sensibili ai rischi legati alla transizione. In particolare, per quanto riguarda le forniture elettriche e di gas, l’edilizia, i trasporti o ancora l’industria manifatturiera. La seconda informazione: il 35% delle esposizioni riguarda aziende le cui emissioni di gas ad effetto serra sono superiori alla media.
Inoltre, è stata effettuata una prima stima del cosiddetto “Green Asset Ratio”, indicatore che permetterà di conoscere il grado di “aderenza” degli asset bancari ad attività che aiutano nella lotta conto la crisi climatica. Ebbene il valore è pari al 7,9%. A partire dal 2022 le banche dovranno rendere nota la strategia di allineamento delle loro esposizioni alla tassonomia europea, ovvero alla classificazione delle attività economiche considerate sostenibili. Gran bell’esercizio, se si parte da questi valori.