Banche responsabili: dall’Onu principi troppo vaghi. Si riducono a mera comunicazione

Bene l'attenzione sulle responsabilità delle banche contro il climate change. Ma i principi sono generici e non misurabili. Ogni banca potrà fare a modo suo

Isabella Alloisio e Simone Siliani
Isabella Alloisio e Simone Siliani
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L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, su proposta della sua Agenzia per l’Ambiente (Unep) e in particolare l’iniziativa UNEP Finance, lo scorso 22 settembre ha approvato un pacchetto di Princìpi per banche responsabili, invitando le istituzioni bancarie di tutto il mondo ad adottarli attraverso una propria valutazione d’impatto e a conformare la loro intera attività a questi princìpi.

Se l’avvio di un’azione da parte delle Nazioni Unite è una buona notizia, gli strumenti e il metodo scelto sono largamente insufficienti a rendere tali princìpi realmente efficienti. E questo è un serio problema perché rischia di inficiare l’iniziativa riducendola a un’operazione di mera comunicazione.

Quali sono questi princìpi?

  • l’adeguamento delle proprie strategie aziendali con i diciassette Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite (SDGs), con l’Accordo di Parigi sul Clima, e con i vari quadri normativi nazionali e regionali (come, per esempio i Principles for Responsible Investments – PRI – lanciati dall’Onu nel 2006 con l’intento di favorire la diffusione dell’investimento sostenibile e responsabile tra gli investitori istituzionali);
  • l’impatto e la definizione di obiettivi per migliorare l’impatto positivo della propria attività e ridurre quello negativo, in termini di gestione del rischio, sulle persone e sull’ambiente;
  • comportamenti responsabili verso i clienti per “incoraggiare” pratiche sostenibili e “consentire” attività economiche che creino prosperità comune per le generazioni presenti e future;
  • consultazioni, ingaggio e partenariato con i portatori di interesseper raggiungere gli obiettivi;
  • una governance efficace e una cultura di responsabilità bancaria per implementare gli impegni contenuti nei princìpi;
  • trasparenza e responsabilità, attraverso una revisione periodica dei risultati, individuali e collettivi, dei princìpi, così da rendere visibili i risultati positivi e negativi dell’impatto.
La bozza dei “Principles for responsible banking” che l’Onu sta definendo

I pro: banche responsabilizzate contro il climate change

Si tratta certamente di una notizia positiva, se non altro perché per la prima volta si discute in un consesso così autorevole di princìpi di responsabilità e trasparenza associati all’attività bancaria.

Inoltre, l’impegno ad allinearsi al processo di “decarbonizzazione” avviato dalla COP21 di Parigi è significativo perché è proprio l’attività finanziaria oggi che, se da una parte alimenta l’estrazione di combustibili fossili, dall’altra è fondamentale per la transizione energetica.

Infatti, il recente rapporto di Carbon Tracker, Breaking the Habit, si concentra sul rischio di stranded asset per le grandi compagnie fossili, cioè la concreta possibilità per le aziende oil & gas di tutto il mondo di perdere miliardi di dollari nei prossimi anni a causa di progetti non più remunerativi, resi inutili e obsoleti dall’espansione delle risorse rinnovabili (eolico, solare, trasporti elettrici).

Secondo Carbon Tracker le perdite sarebbero nell’ordine dei 2.200 miliardi di dollari al 2030. Ecco quanto costerebbe l’ostinazione a scommettere sull’estrazione di nuove fonti fossili.

Forse è proprio per questi rischi che sempre più investitori decidono di disinvestire da queste società: è il caso recente del fondo danese MP Pension che ha deciso di vendere tutte le sue partecipazioni nelle prime dieci compagnie petrolifere su scala mondiale.

I contro: pochi a decidere per molti…

Ma, come detto, strumenti e metodo non funzionano. In primo luogo, questi princípi, che nelle intenzioni dell’Unep dovrebbero essere adottati da tutte le banche, sono stati redatti non da un autorevole soggetto terzo, bensì da un gruppo ristretto di banche (30 banche di 5 Paesi). Non è chiaro come siano state selezionate (se lo sono state) queste banche, ma certamente non perché siano delle eccellenze nell’ambito della responsabilità.

Mancano indicatori e dati misurabili

In secondo luogo, l’Unep immagina che questi princípi si definiscano, strada facendo, per via induttiva: non avendo stabilito a monte dei contenuti, degli indicatori chiari e misurabili per i sei princìpi individuati, ogni banca che volesse aderire all’iniziativa dovrà svolgere una auto-valutazione dei suoi comportamenti rispetto ad alcuni criteri assai generali relativi ai sei princípi.

Ne emergerà sicuramente un patchwork molto variegato, senza dati omogenei da cui far derivare eventualmente degli indicatori utili a svolgere quella annuale revisione dei risultati cui la stessa iniziativa si è impegnata.

Potranno forse emergere delle buone pratiche perché saranno indotte a partecipare al programma banche che, in qualche misura, hanno già o affermano di aver già imboccato la strada della responsabilità. Ma quale parametro di misurazione di progresso potranno mai fornire queste buone prassi se non attraverso indicatori e dati misurabili?

E mancano regole sovranazionali

In terzo luogo, princípi di responsabilità così generali hanno l’effetto immediato di non far comprendere quanto decisivo sia, in un senso o nell’altro, l’apporto della finanza ad alcuni dei problemi cui i princípi di responsabilità intendono porre rimedio. Tanto che verrebbe da dire che più che di banche responsabili avremmo bisogno di responsabilità bancaria, anche oltre quella stabilita dai codici civili e penali dei singoli Paesi. Occorrerebbe, cioè, una capacità regolatoria sovranazionale, perché è esattamente a questo livello che opera la finanza che può fare la differenza rispetto ai problemi globali. Come appunto quelli legati ai cambiamenti climatici, a cui i princípi di responsabilità esplicitamente si richiamano.

In questo ambito, ad esempio, sarebbe assai interessante se l’Onu imponesse ai Paesi che hanno aderito all’Accordo sul Clima di Parigi di prevedere esplicitamente nei loro piani nazionali di implementazione del trattato di misure che riguardino le banche e la finanza, seguendo questi princípi. Si avrebbe così il duplice effetto di concretizzare, almeno in parte, questi princípi generici e di inserire le banche nelle strategie di decarbonizzazione delle nostre società.

Al via una discussione dialettica

È comunque quella dell’Onu una iniziativa che, speriamo, avrà il merito di aprire una discussione dialettica su questi temi. Per parte nostra vi parteciperemo organizzando un confronto fra i responsabili del Programma, alcune banche italiane e il mondo della ricerca il prossimo 15 ottobre presso l’Istituto Universitario Europeo di Firenze.

 

 

 

* Ricercatore associato al Florence School of Regulation, Istituto Universitario europeo

** Direttore della Fondazione Finanza Etica