Prenoti con Booking? Arricchisci l’Olanda e sottrai risorse all’economia locale

715 milioni di euro di tasse sottratte agli altri Stati europei. La denuncia di un europarlamentare. E miliardi di danni per gli albergatori

Booking, in pochi anni, è diventato un colosso mondiale del settore del turismo © Travelarz/Wikimedia Commons

Expedia, Edreams, Booking, Opodo, TripAdvisor. Alzi la mano chi non ha almeno una volta utilizzato uno di questi portali per prenotare alberghi, appartamenti o voli. Sono comodi, a portata di mouse e immediati. Sono inoltre aperti 24 ore su 24 e 365 giorni all’anno. E forniscono, in molti casi, valutazioni e opinioni condivise dagli utenti sulla qualità di hotel, b&b, ristoranti, campeggi.

Un mercato verso i 2mila miliardi di dollari nel 2026

È per questo che sono diventati, nel giro di pochi anni, dei colossi del mercato del turismo. Il loro mercato potrebbe sfiorare i 2mila miliardi di dollari nel 2026. E i loro nomi sono noti ormai in tutto il mondo. Meno conosciuto, però, è il loro funzionamento. Un’inchiesta del mensile francese Alternatives Economiques, già alcuni anni fa, si era concentrata sui due principali attori del comparto: Expedia e Booking.

In termini tecnici, si tratta di Online Travel Agencies (OTA). I cui sistemi di prenotazione possono basarsi su due modelli. Il primo è quello che prevede che la OTA rappresenti un intermediario tra un hotel e un cliente. La piattaforma pubblica perciò sul proprio sito le offerte, fungendo da “vetrina”. E quando una camera viene prenotata, chiede una commissione all’esercente. Di norma tra il 18 ed il 25%.

«Ma ho sentito parlare di cifre più alte – spiega Marco Michielli, presidente di Federalberghi Veneto – Chi paga di più, infatti, ottiene maggiore visibilità sui portali. Ma quando si arriva a certi livelli non si tratta di collaborazioni: è un cappio attorno al collo degli albergatori». Di fatto, gli esercenti si dicono costretti a firmare i contratti con le agenzie online. Ciò dal momento che esse controllano una parte enorme del mercato. Impossibile, perciò, non essere presenti sui loro siti internet.

booking sede
La sede di Booking ad Amsterdam © Romaine/Wikimedia Commons

Su Booking 1,5 milioni di notti prenotate ogni giorno

Booking, ad esempio, afferma di essere in grado di offrire oltre 28 milioni di possibili alloggi in 151mila destinazioni. Disseminate in 227 nazioni. Il portale è disponibile inoltre in 40 lingue. E ogni giorno sono 1,5 milioni le notti prenotate sulla piattaforma. «Loro investono soltanto in pubblicità su Google cifre che noi non potremmo mai neanche sognarci: come facciamo a competere?», si chiede Michielli.

Il secondo modello prevede invece l’acquisto in anticipo da parte della OTA di un certo quantitativo di notti, ad esempio in un albergo. Versando una quota del prezzo finale (spesso il 75%) all’esercente. Il resto rappresenta il guadagno dell’agenzia online. «A tutti noi – accusa ancora il presidente di Federalberghi Veneto – vengono inoltre imposti numerosi vincoli. A lungo, ad esempio, è stata applicata la “rate parity”. Ovvero il divieto di proporre prezzi diversi da quelli presenti sul sito dell’agenzia online».

Per i piccoli albergatori un danno da miliardi di euro

«Ora le regole sono cambiate – aggiunge il dirigente – ma il danno ormai è fatto: per la stragrande maggioranza dei turisti cercare su Booking è automatico. Per cui anche chi applica la “disparity rate”, offrendo un prezzo più basso a chi si rivolge direttamente alla struttura, non riesce a raggiungere la clientela. Eppure quest’ultima sui siti degli hotel risparmierebbe. E non perderebbe neppure la comodità di poter prenotare ad ogni ora del giorno e della notte. Ci vorrebbe una campagna informativa: con gli hotel sta accadendo esattamente ciò che vediamo ogni giorno con Amazon e i piccoli commercianti».

Va detto che, in cambio, gli albergatori guadagnano un bacino di potenziali clienti immenso. Ma secondo Michielli non basta: «Il danno è nell’ordine dei miliardi di euro a livello europeo. Il problema è che sia i parlamentari italiani che quelli europei sembrano aver paura di schierarsi contro la cosiddetta new economy. Che di “new”, in realtà, ha pochissimo: non è altro che la vecchia intermediazione applicata attraverso il web. Dunque con una forza enorme. In Italia, da Berlusconi a Renzi, da Gentiloni a Conte, non è mai cambiata una virgola. Nessuno ha fatto qualcosa per aiutare i piccoli albergatori, i più colpiti da queste multinazionali gigantesche e potentissime». 

Dove finiscono i soldi delle commissioni intascate dalle OTA

Ma i problemi non gravano soltanto sulle spalle degli esercenti. Tali strutture, infatti, non risiedono nelle nazioni nelle quali sono presenti fisicamente gli alberghi prenotati. Ciò cosa comporta? Una delocalizzazione di parte del guadagno economico. 

Il sistema è semplice: immaginiamo di voler prenotare attraverso una OTA un hotel situato a Roma. E di pagare 100 euro per una notte. Poniamo poi che il 15% di tale quota rappresenti la commissione dell’agenzia online. Ebbene, questi 15 euro non potranno di fatto essere tassati dallo Stato italiano, ma da quello in cui ha sede la OTA.

«Esaminando i dati di Bankitalia possiamo dedurre che queste multinazionali dell’intermediazione on line sottraggono all’Italia da 10 a 20 miliardi di euro di commissioni. Il che equivale a 5 miliardi di euro di tasse non pagate in Italia», spiegava già nel 2013 a Valori Renato Andreoletti, della rivista specializzata Hotel Domani.

L’inchiesta di Alternatives Economiques spiegava inoltre che gli albergatori iscritti su Booking versano le commissioni su un conto corrente olandese. È infatti nei Paesi Bassi che è situata la sede dell’impresa. Una scelta non casuale: lo stesso rapporto annuale dell’azienda spiega che in questo modo è possibile usufruire in parte dell’Innovation Box Tax. Che permette di ottenere uno corposo sconto sulle tasse versate in Olanda.

L’accusa a Booking: «715 milioni di euro di tasse sottratti agli altri Stati Ue»

Booking aggiunge nel rapporto annuale 2018 che in questo modo ha potuto «ridurre le imposte consolidate di 435 milioni di dollari». Un documento pubblicato nel marzo del 2018 dall’economista ed europarlamentare Paul Tang ha parlato di «715 milioni di euro di tasse» sottratte agli altri Stati del Vecchio Continente. Ciò soltanto tra il 2012 e il 2016.

«Nelle altre nazioni europee – si legge nel testo – i ricavi dichiarati sono quasi nulli. Di conseguenza Booking riesce a pagare attorno al 16% di imposte, rispetto ai business tradizionali in Europa, che sono tassati in media attorno al 23%». Il che rende i guadagni del colosso del turismo online non soltanto delocalizzati ma anche, di fatto, fiscalmente ottimizzati.

Paul Tang Booking
Il documento dell’europarlamentare Paul Tang che accusa Booking di sottrarre 715 milioni di euro agli altri Stati europei