Bunker e evacuazioni. Così gli ultraricchi sfuggono all’apartheid climatica
Energia, trasporti, riscaldamento globale. E gli intrecci con la finanza. Ogni settimana il punto sui cambiamenti climatici firmato da Andrea Barolini
Le conseguenze di cambiamenti climatici e pandemie vi spaventano? Niente paura: le soluzioni ci sono. In caso di mega-incendi, come quelli che nei mesi scorsi hanno colpito l’Australia e la costa occidentale degli Stati Uniti, si potranno usare bunker dotati di sistemi in grado di purificare l’aria. Se poi la risalita del livello dei mari dovesse provocare inondazioni, aziende specializzate potranno assicurarci un piano di evacuazione per noi e per i nostri cari. E se dovessero moltiplicarsi le pandemie potremo contare su servizi sanitari gestiti da imprese private. Niente paura, insomma. A una condizione, però: per farlo dovete essere ricchi. Anzi, ultra-ricchi.
A raccontare come la micro-porzione di popolazione più agiata del Pianeta si stia attrezzando per fronteggiare clima e malattie è stato il Financial Times. Secondo il quale il crescente interessi dei super-ricchi nel dotarsi di mezzi per salvare loro stessi è confermato da investimenti immobiliari, proposte di servizi medici specializzati e dalla presenza di aziende come la Global Rescue, che assicura piani di evacuazione costosissimi a chi può permetterseli. La società, in cinque mesi, ha ricevuto più richieste di quante giunte nei sedici anni precedenti.
Al contempo, un’altra azienda ha acquistato 600 vecchi bunker militari nel Dakota del Sud, negli Stati Uniti. Con l’obiettivo di trasformarli in rifugi «capaci di resistere pressoché a tutto – assicurano -. Eruzioni vulcaniche, terremoti, tsunami, pandemie, esplosioni nucleari, catastrofi biologiche o chimiche». E ai fumi degli incendi, naturalmente: «Dentro non arriva nulla», afferma al Financial Times Dantes Vicino, direttore generale della società che ha testato i filtri. Il giornale inglese sottolinea che quando gli ultra-ricchi «abbandonano un sistema» è perché questo non funziona più per l’insieme della popolazione: «Il problema è giusto il fatto che non tutti hanno i mezzi per farlo». Per quanto riguarda il clima che cambia, tutto ciò ha un nome, impiegato per la prima volta dal Consiglio dei diritti umani dalle Nazioni Unite: si chiama apartheid climatica. Che riguarderà tutti noi. Ultra-ricchi esclusi.