Il calcio ritorna alla “normalità” prepandemica, e non è un bene

Forse sarebbe stato meglio cambiare qualcosa, e non tornare alla “normalità”. Forse era proprio quella normalità la causa dei problemi

© duncan cumming/Flickr

Anno nuovo, pallone vecchio. Mentre i presidenti della Serie A ancora approfittano dei loro uomini in Parlamento per racimolare questo o quell’aiuto di Stato, il calcio globale torna a banchettare godereccio a livelli prepandemici, spendendo e spandendo soldi ovunque. Soprattutto verso procuratori e intermediari, che nulla avrebbero a che vedere col pallone, salvo poi scoprire dalle inchieste (ogni riferimento non è puramente casuale) che sono loro a fare e disfare non solo le squadre in campo ma anche i bilanci e libri contabili negli uffici.

Come ogni anno la Fifa ha pubblicato il consuntivo sui trasferimenti globali – Fifa Global Transfer Report 2022 – dal quale si evince che nel 2022 solo per i trasferimenti dei calciatori sono stati spesi 6,5 miliardi di dollari. Non siamo così lontani dal record dei 7,5 miliardi spesi nel 2019, ultimo anno prepandemico che coronava una crescita irresistibile (3,9 miliardi nel 2013; 4,02 nel 2014; 4,13 nel 2015; 4,72 nel 2016; 6,29 nel 2017; 6,94 nel 2018). Nel 2022 c’è stato infatti un aumento del 33,5% rispetto al 2021, dove in piena pandemia si erano spesi “solo” 4,86 miliardi. Ecco il tanto agognato “ritorno alla normalità”.

Entrando nel dettaglio si scopre che i trasferimenti da un Paese all’altro del 2022 hanno coinvolto la cifra record di 71.002 calciatori e calciatrici, di cui 21.764 professionisti. Che l’Inghilterra la fa da padrona: tra Premier e Championship sono stati spesi 2,199 miliardi di dollari, quasi quanto Italia (673,3 milioni,) Spagna (592,3 milioni) Francia (545,3) e Germania (537,6) messe insieme. Che i primi 10 trasferimenti hanno generato il 12,5% e i primi 100 quasi il 50% di tutti i soldi spesi. A conferma del racconto contemporaneo del pallone che divide gli attori tra presunte superstar e tutti gli altri.

Altri punti interessanti sono che di questi 21.764 trasferimenti professionisti solo 2.843 includevano spese di trasferimento, confermando la tendenza che vede calciatori e calciatrici terminare il loro contratto per svincolarsi a parametro zero e ottenere così migliori condizioni nel nuovo club. E che di questi 21.764 cambi di casacca 20.209 riguardano gli uomini (più 11,6% rispetto al 2021) e giusto un migliaio le donne. Perché nella tanto agognata “normalità” di prima la disparità di genere era un must intoccabile.

E di ritorno alla normalità si può parlare anche per quello che riguarda la destinazione di questi 6,5 miliardi di dollari. Dove vanno a finire a tutti i soldi? Alla tutela dei calciatori delle serie inferiori o allo sviluppo dello sport di base? Manco per idea. Leggendo il report gemello Fifa Intermediaries in International Transfers si scopre infatti che ben 622,8 milioni di dollari sono finiti a procuratori o intermediari.

Non solo c’è un aumento del 24% rispetto al 2021 sul totale (501,2 milioni). Ma nelle commissioni pagate dalle squadre venditrici del 2022 (450,1 milioni sul totale di 622,8) si superano anche quelle del 2019 (425,6): l’anno dei record prepandemico, in cui il totale delle commissioni pagate a intermediari e procuratori fu di 654,7 milioni su 7,5 miliari spesi. Forse sarebbe stato meglio cambiare qualcosa, e non tornare alla “normalità”. Forse era proprio quella normalità la causa dei problemi.