Cambiamenti climatici, l’adattamento non è ancora una priorità

Durante la nuova sessione del Dialogo di Petersberg si è sottolineato come il mondo sia ancora impreparato di fronte ai cambiamenti climatici

Le ondate di caldo estremo mostrano come l'impatto dei cambiamenti climatici sia una realtà. Eppure il mondo rifiuta di investire sull'adattamento © coffeekai/iStockPhoto

In pochi ricordano cosa sia il Dialogo di Petersberg. Si tratta di un consesso internazionale informale, nato nel 2010 su iniziativa della Germania, con l’obiettivo di facilitare i contatti e il coordinamento tra i governi nella lotta contro i cambiamenti climatici. Nel mese di aprile del 2020, trenta capi di Stato e di governo che vi aderiscono, riuniti in teleconferenza, avevano chiesto che il rilancio economico post-Covid fosse basato sulla salvaguardia del clima e sulla sostenibilità.

Per salvare il clima serve l’apporto della finanza

Promesse che soltanto in piccola parte sono state mantenute e che la guerra in Ucraina rischia di far sciogliere come neve al sole. Numerosi governi si apprestano infatti ad affrontare l’emergenza energetica tornando ai combustibili fossili. Che non fanno altro che aggravare ulteriormente la crisi climatica. O puntando su nuovi reattori nucleari, i cui tempi di costruzione sono del tutto incompatibili con la necessità di contrastare immediatamente il riscaldamento globale.

Lunedì 18 luglio, in una Berlino rovente, è stata aperta una nuova sessione del Dialogo di Petersberg. E ancora una volta i ministri dell’Ambiente presenti hanno insistito: occorre passare dalle parole ai fatti, nell’ottica di limitare la crescita della temperatura media globale ad un massimo di 1,5 gradi centigradi, di qui alla fine del secolo, rispetto ai livelli pre-industriali. Per farlo, serve l’apporto della finanza.

Troppi pochi i finanziamenti per l’adattamento ai cambiamenti climatici

Attori pubblici e privati devono mobilitarsi per fornire il denaro necessario per la mitigazione (abbattendo le emissioni climalteranti) e per l’adattamento. Quest’ultimo, come evidenziano le ondate di caldo estremo che da giugno colpiscono l’Europa, dovrà riguardare il mondo intero. «La finanza climatica deve considerare mitigazione e adattamento di pari importanza», ha sottolineato Augustine Njamnshi, dell’Alleanza panafricana per il clima e la giustizia. Proprio l’Africa, infatti, è tra le macro-regioni che maggiormente dovrà attrezzarsi per fronteggiare il riscaldamento globale.

Il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha ricordato che «le concentrazioni di gas ad effetto serra nell’atmosfera, l’innalzamento del livello dei mari e le temperature degli oceani hanno battuto nuovi record. Metà dell’umanità si trova in zone a rischio inondazioni, siccità, tempeste estreme e incendi. Ciò nonostante, stiamo continuando ad alimentare la nostra dipendenza dalle energie fossili». In questo senso, stiamo assistendo, ha ammonito «ad un suicidio collettivo».

Da una parte insomma aggraviamo la situazione, dall’altra ci rifiutiamo di adattarci a quella “quota” di cambiamenti climatici che ormai è ineluttabile (caldo estremo incluso). Anche se da domani smettessimo di colpo di utilizzare petrolio, carbone e gas. Ai quali banche, fondi e compagnie d’assicurazione non sembrano voler ancora rinunciare.


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