«Il proibizionismo è anacronistico. Serve coraggio politico»
Salvini cerca di sfruttare il tema, ma ha sbagliato obiettivo. Sulla cannabis le scelte di Usa e Canada devono ispirare l’Europa e l’Italia
Da sempre criminalità, droghe e migranti sono argomenti utilizzati per ottenere consenso autoritario. Era già cosi negli anni ’70, quando la criminalità comune era maggiore, la microcriminalità da droghe era davvero un problema e gli immigrati a Torino, la mia città, erano i meridionali.
Pochi lo ricordano, ma fu Craxi, nel decennio successivo, a promuovere una svolta proibizionista. Più o meno nello stesso periodo nasceva la Lega Nord che si schierava contro il Sud e i meridionali. Ora Salvini cerca di sfruttare il tema, ma ha sbagliato obiettivo. La cannabis continua ad essere la sostanza illegale più consumata e la sua versione terapeutica e quella light hanno calibrato gli aspetti sanitari, che non sono certo disastrosi.
La cannabis dovrebbe essere venduta come il tabacco
L’uso della cannabis dovrebbe essere regolamentato per ridurre i danni sociali indotti dal divieto, ovvero quelli legati al commercio illegale e alla necessità per i consumatori di entrare in contatto con la criminalità. Gli aspetti sanitari sono secondari, non certo superiori a quelli di alcool e tabacco per i quali invece non è necessario relazionarsi con l’illegalità.
Quarant’anni fa chi consumava droga era visto con diffidenza, mentre il tabacco affumicava ogni riunione. Poi, a poco a poco, si è capito che i fumatori erano sempre una minoranza e che non dovere subire il fumo era un diritto. Sono antiproibizionista fin da giovanissimo e da sempre sono convinto che la cannabis dovrebbe essere venduta come il tabacco, con le stesse regole di consumo. Lo stesso vale per gli altri prodotti come la versione light a basso THC, che è sempre esistita, non ha effetti o ha effetti minimi, ed è nata come conseguenza di un divieto anacronistico.
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Favorire i farmaci e i prodotti naturali derivati da cannabis
Quanto alla cannabis terapeutica, occorre distinguere tra farmaco e medicamento naturale. Nel primo caso, parliamo di un prodotto che deve avere caratteristiche di riproducibilità e di autorizzazione. Farmaci leciti su prescrizione medica, insomma, la cui disponibilità tuttavia è oggi insufficiente. Nel secondo caso facciamo riferimento all’uso fitoterapico da erboristeria la cui diffusione sarebbe ampiamente favorita dalla legalizzazione della cannabis. Le indicazioni di utilizzo dei farmaci devono essere quelle autorizzate o scientificamente dimostrate. Quelle relative ai medicamenti naturali possono essere più soggettive. Da medico, in ogni caso, credo che entrambe le categorie debbano essere favorite.
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Gli specialisti dell’antidroga
Come attivista, noto oggi una maggiore consapevolezza in ampi settori della società, che ormai considerano la cannabis alla stregua dell’alcool. Non tanto perché molti l’abbiamo provata – spesso sono proprio gli ex consumatori o i consumatori in incognito ad essere ostili – quanto, piuttosto, perché sono coloro che non la consumano, o che lo fanno saltuariamente, ad aver capito i vantaggi della legalizzazione.
Gli specialisti del business dell’antidroga insistono nel raccontare «che si comincia con uno spinello e poi…». Non è vero, a meno di non ammettere che tutti hanno cominciato con un bicchiere di vino, una sigaretta o un chewing gum. Ma questa balla alimenta tuttora una paura perbenista e irrazionale.
USA e Canada possono ispirare l’Italia
Negli Stati Uniti e in Canada quello della cannabis legale e dei suoi derivati è un settore in forte crescita che coinvolge tanti comparti, da quello alimentare a quello farmaceutico e cosmetico. Il mio augurio, e così dovrebbe essere, è che il successo del mercato nordamericano possa ispirare politiche sempre più antiproibizioniste anche in Europa. Le scelte di legalizzazione compiute da molti Stati hanno cancellato quell’alone di romanticismo fossilizzato sull’Olanda. Cannabis terapeutica e cannabis light hanno sdoganato la materia anche in Italia. Nella scorsa legislatura si era creato un gruppo parlamentare di 220 deputati di diversi schieramenti. Oggi questi ultimi sembrano un po’ impaludati nel «contratto di governo». Ma credo che i tempi siano maturi perché il Parlamento decida. Si tratta solo di trovare un po’ di coraggio politico.
Cuneese di nascita, torinese d’adozione, affianca da decenni l’impegno politico alla professione medica. Ginecologo presso l’Ospedale Sant’Anna nel capoluogo piemontese e storico esponente del Partito Radicale, Silvio Viale è attivista fin dagli anni ’70 quando militava nel movimento studentesco. Da allora ha sostenuto tutte le principali battaglie libertarie e antiproibizioniste: dalla legalizzazione della cannabis all’introduzione della pillola RU486, dal riconoscimento delle unioni omosessuali all’eutanasia legale e volontaria.