La filiera della canapa si organizza. E chiede tutele e controlli

Il settore coinvolge migliaia di produttori. Nasce così il Consorzio nazionale Tutela della canapa. Obiettivo: contrastare le fake news che danneggiano il Made in Italy

Il comparto della canapa industriale conta 10mila addetti divisi in 1500 nuove aziende di trasformazione e commercializzazione, 800 nuove aziende agricole per un fatturato di 150 milioni di euro nel solo 2018

«Chi coltiva e produce canapa industriale in italia è un imprenditore e non uno spacciatore». Ornella Palladino, presidente del neonato Consorzio nazionale tutela della canapa, non ha mezzi termini nel rispondere alla campagna mediatica scatenata dal ministro dell’Interno Matteo Salvini contro i cannabis shop. «Abbiamo investito milioni di euro per impianti, macchine e continuiamo a farlo: perché crediamo che questo settore debba essere difeso da accuse ingiustificate. Anzi, siamo noi che pretendiamo una filiera controllata e certificazioni di qualità».


Nel mondo, il settore vale 4,6 miliardi di dollari

Un comparto da 10mila addetti, con 1500 nuove aziende di trasformazione e commercializzazione, 800 nuove aziende agricole per un fatturato di 150 milioni di euro nel solo 2018. E con quasi 4mila ettari di colture in Italia, secondo le stime di Coldiretti che ricorda come fino agli anni ’40 contava in Italia quasi 100mila ettari, classificandosi come secondo maggior produttore al mondo, dietro soltanto all’Unione Sovietica. Sistema che si innesta in uno scenario mondiale in crescita esponenziale. Secondo un recentissimo studio di Research & Markets il settore della canapa industriale, passerà dai 4,6 miliardi di dollari del 2019 ai 26,6 miliardi di dollari del 2025. Un aumento annuo del 34%.

La canapa industriale non è droga

La Palladino, imprenditrice agricola dal 2013, fondatrice di Salute Sativa, intervistata da Valori,  ribadisce quanto terrorismo mediatico e le strumentalizzazioni politiche sulla cosiddetta «cannabis light», stiano nuocendo ad una importante fetta di economia italiana, perfettamente legale. «Il Consorzio nasce come conseguenza della legge 242/2016 che auspica la crescita di nuove filiere agroalimentari di cannabis sativa, pianta industriale, prodotto agricolo e non sostanza stupefacente. Che per sua natura è a basso contenuto di THC sotto lo 0,6% e non c’entra nulla con la cannabis indica».

In Europa entro il 2021, 28 miliardi di euro di fatturato

Anzi, sottolinea la presidente «nulla è stato fatto per incentivare la crescita di questo comparto e la sua qualità, e così facendo si penalizza in toto il nostro Made in Italy». Proprio in un momento in cui il mercato europeo e mondiale stanno facendo, invece, numeri importanti. «Si parla di 28 miliardi di euro fatturato nel segmento canapa industriale, in Europa, entro il 2021».

Tocca, quindi, agli stessi produttori, supplire alle carenze della norma italiana, mentre lo scenario europeo è in gran fermento. Con la Francia in grado di dominare il mercato per quanto riguarda la produzione di seme, la coltivazione e l’impiego di canapa in bioedilizia. Mentre la Germania si sta specializzando nella veicolazione in Europa dei prodotti alimentari con le materie prime che arrivano Cina.

Tracciabilità dei prodotti e certificazioni di qualità

«Per questo è nato il Consorzio nazionale di tutela della canapa, presentato a Montecitorio lo scorso aprile. L’intento è quello di difendere un comparto perfettamente legale che in Italia è in espansione, attraverso la tracciabilità dei prodotti e le certificazioni di qualità». Si stanno così impostando i regolamenti disciplinari a cui le stesse aziende si devono attenere e che non sono stati ancora normati dalla legge, con decreti attuativi. «Vanno costituiti dei tavoli di filiera con operatori di ogni settore, come in ogni altro comparto produttivo e industriale».

Una filiera amplissima. La canapa industriale può essere utilizzata in ambito agroalimentare, cosmetico, tessile, dall’industria cartaria, in bioedilizia e per la bonifica dei terreni. «Il Consorzio nasce proprio per poter essere di supporto alle migliaia di produttori, che sono sparsi in tante piccole aziende. Diventando così l’organo che permette a tutti di elevare la qualità, per ogni tipologia di prodotto. Che sia seme, olio, per l’alimentazione o per il non food».

La canapa ha una filiera naturalmente biologica e ecosostenibile

Pochi hanno ricordato poi, sottolinea la presidente Palladino, i vantaggi ambientali che proprio la produzione di canapa industriale permette, a differenza di altre colture agricole. «La canapa ha una filiera completamente ecosostenibile. Nessuna delle nostre coltivazioni è trattata con fitofarmaci o pesticidi. Una buona coltivazione di canapa parte proprio con l’analisi del terreno che deve essere pulito. Sono, quindi, naturalmente biologiche: non esistono prodotti in grado di intervenire sul ciclo delle piante».

A differenza di altre colture non ha ricadute sull’ambiente e sulla salute umana e animale, ha bisogno di pochissima acqua. In molte regioni d’Italia basta solo l’acqua piovana, perché possiede un comparto radicale che penetra profondamente nel terreno. La canapa assorbe le polveri sottili e può essere impiegata per risanare i terreni contaminati. «Pensiamo solo che da un ettaro di canapa, che ha un ciclo di vita di 5 mesi, dalla semina alla raccolta, si produce la stessa quantità di cellulosa che si riuscirebbe a produrre con un ettaro di pioppi che hanno, invece, un ciclo di 14 anni».

© Agenzia per la ricerca in agricoltura, Regione Sardegna

Appello ai decisori politici: più controlli

La presidente del Consorzio di tutela della canapa fa un appello ai decisori politici. «Il fenomeno canapa è mondiale. Non si fermano i fenomeni globali con le campagne elettorali. L’Italia rischia ancora una volta di rincorrere gli altri Paesi, mentre l’Europa sta andando avanti a legiferare e normare il settore».

L’invito è quindi quello di concentrarsi su come meglio regolamentare tutta la filiera e colmare i vuoti legislativi.  « Pensiamo che i soldi pubblici non vadano impiegati in battaglie legali, ma spesi per fare controlli a garanzia dei consumatori. Siamo noi che diciamo: venite a controllare, a verificare se stiamo rispettando la legge. Le nostre banche dati e le nostre aziende sono aperte a tutti, a garanzia della nostra serietà e qualità».