I bilanci delle grandi imprese ignorano i rischi finanziari legati al clima
Solo il 40% delle grandi aziende rendiconta nel bilancio i rischi finanziari dovuti al clima. È quanto emerge da uno studio di Carbon Tracker
Nel panorama finanziario globale, la preoccupazione per gli impatti finanziari dei cambiamenti climatici e della transizione energetica è diventata sempre più evidente. Tuttavia, un nuovo rapporto svela una netta discrepanza tra questa urgenza e la trasparenza delle aziende. Carbon Tracker, nel rapporto “Flying Blind” (letteralmente “volando alla cieca”) mette in luce la reticenza delle società e dei revisori nell’affrontare il tema climatico nei bilanci. Mentre le autorità di regolamentazione e i criteri di rendicontazione societaria insistono sul riportare i rischi finanziari derivanti dal clima, solo il 40% delle aziende sembra essere disposto a farlo. Con un modesto aumento rispetto all’anno precedente (quando il tasso era del 35%).
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La maggioranza delle imprese non fornisce informazioni sui rischi finanziari connessi al clima
Carbon Tracker ha identificato le aziende che emettono le maggiori quantità di gas a effetto serra e rappresentano dunque il fulcro di Climate Action 100+. Si tratta di un’iniziativa con cui una rete di investitori vuole spingerle a intraprendere le azioni necessarie per contrastare i cambiamenti climatici. Quasi tutte le società prese in esame sono sottoposte a revisione contabile da parte delle cosiddette “big four”: Deloitte, EY (Ernst & Young), KPMG e PwC (PricewaterhouseCoopers).
Ebbene, su un campione di 140 società esaminate, il 60% non ha fornito informazioni significative sui rischi finanziari connessi al clima e alla transizione energetica. Il rapporto, che analizza i risultati per l’anno finanziario 2022, suddivide l’analisi in tre principali aree di interesse: bilancio d’esercizio, relazione di revisione contabile (audit) e allineamento con l’obiettivo di azzerare le emissioni nette a livello globale.
Anche i revisori contabili ignorano l’impatto del clima
Il rapporto evidenzia come solo il 37% delle aziende fornisca nei bilanci informazioni sulla gestione dei rischi finanziari legati al clima. Nel restante 63% dei casi, gli investitori non possono valutare se i bilanci riflettono gli impatti climatici. E, dunque, ignorano la posizione della dirigenza sulla transizione energetica. «L’81% delle aziende continua a omettere i dati più basilari e accessibili: le ipotesi e le stime quantitative rilevanti [input] utilizzate nel reporting finanziario», scrive Carbon Tracker.
Anche per quanto riguarda i revisori, i risultati sono deludenti. Otto relazioni su dieci forniscono pochissime informazioni (o nessuna) sull’impatto del clima, evidenziando un ritardo rispetto alle imprese. Ciò anche se le principali società di revisione contabile si sono formalmente impegnate ad agire per azzerare le emissioni nette di CO2 entro il 2050, in quanto membri della Net Zero Financial Service Providers Alliance. Solo l’audit effettuato da Deloitte su BP ha garantito tutte le informazioni necessarie.
Infine, il 94% delle aziende e delle loro società di revisione non ha ancora saputo chiarire ai propri investitori quale sarà l’impatto sui bilanci della spinta globale verso il net-zero. Cioè l’azzeramento delle emissioni nette di gas serra.
Le aziende Usa sono quelle più indietro
Negli ultimi anni, le istituzioni di regolamentazione finanziaria hanno intensificato il loro interesse per l’impatto sui bilanci dei rischi finanziari legati al clima e alla transizione energetica. Autorità come la Securities and Exchange Commission (Sec) negli Stati Uniti, la European Securities and Markets Authority (Esma), il Financial Reporting Council e la Financial Conduct Authority (Fca) nel Regno Unito hanno fatto passi significativi per incorporare queste tematiche nei requisiti di rendicontazione. Inoltre, organismi normativi quali l’International Accounting Standards Board (Iasb) e il Financial Accounting Standards Board (Fasb) degli Stati Uniti hanno riconosciuto l’importanza di considerare il clima nella preparazione dei bilanci aziendali.
Tuttavia, nonostante questa crescente attenzione normativa, il rapporto di Carbon Tracker evidenzia una ritrosia diffusa da parte delle aziende e dei revisori nel fornire informazioni dettagliate sul clima. Su questo ci sono anche differenze geografiche. Mentre le aziende europee e britanniche sembrano essere più propense alla divulgazione, quelle negli Stati Uniti e nell’Asia-Pacifico rimangono indietro. Le aziende statunitensi contestano spesso le richieste degli investitori. Tant’è che nessuno dei rapporti di revisione analizzati indica di aver preso in considerazione il clima o la transizione energetica.
Gli investitori rischiano perdite finanziarie significative
Barbara Davidson, autrice del rapporto, sottolinea che queste discrepanze potrebbero indicare errori materiali, governance carente o addirittura greenwashing. «Queste aziende sono esposte in modo significativo ai rischi finanziari legati al clima e alla transizione. E la maggior parte di esse ha obiettivi di riduzione delle emissioni. Tali questioni possono avere un impatto significativo sulle loro attività, sui bilanci e sui flussi di cassa. Gli investitori e le autorità di regolamentazione hanno urgentemente bisogno di informazioni sul modo in cui le aziende riflettono oggi questo aspetto nei loro bilanci», ha dichiarato Davidson.
E invece? «Se il management e gli investitori basano le loro decisioni su informazioni incomplete o non corrette, come ad esempio attività e profitti potenzialmente sovrastimati e passività sottovalutate, gli investitori, compresi i fondi pensione e gli azionisti retail, rischiano di subire perdite finanziarie significative a fronte di una transizione energetica disordinata».