Anche Singapore ha una tassonomia della finanza sostenibile

Attraverso la sua nuova tassonomia, Singapore distingue tra attività economiche verdi, insostenibili e di transizione

Anche Singapore ha adottato una tassonomia della finanza sostenibile © BobPalosaari/iStockphoto

Dopo Unione europea, Australia e Regno Unito, anche Singapore ha una tassonomia della finanza sostenibile. Lanciato dall’Autorità monetaria di Singapore (MAS), che è al tempo stesso banca centrale e autorità di regolamentazione del sistema finanziario, il testo definisce – per otto settori – quali attività economiche possono essere definite “verdi”, quali sono “di transizione” e quali, infine, non hanno i presupposti per essere ritenute ambientalmente sostenibili. Il principio di fondo dunque è simile a quello della tassonomia europea, ma con alcune rilevanti differenze di metodo.

Come funziona la tassonomia di Singapore

La tassonomia di Singapore si applica a otto settori che, complessivamente, rappresentano il 90% delle emissioni di gas serra della regione. Si tratta di energia, immobiliare, trasporti, agricoltura, foreste e uso del suolo, industria, tecnologia dell’informazione e della comunicazione, rifiuti ed economia circolare, cattura e sequestro della CO2.

È la prima tassonomia al mondo a introdurre il concetto di transizione, attraverso un sistema a semaforo. Da un lato ci sono le attività economiche verdi a pieno titolo; all’estremo opposto ci sono quelle che non hanno i requisiti (semaforo rosso). In mezzo c’è una terza categoria, la transizione appunto, che corrisponde al semaforo giallo. Qui ricadono tutte quelle attività che non sono ancora sulla traiettoria degli 1,5 gradi ma si sono poste l’obiettivo del net zero oppure contribuiscono alla riduzione delle emissioni. Tutto questo, con tempistiche definite e credibili.

Stando all’Autorità monetaria di Singapore, l’approccio adottato per la tassonomia vuole «incoraggiare gli investimenti» in misure o processi di decarbonizzazione che, nel tempo, ridurranno l’intensità di emissioni delle attività o consentiranno loro di soddisfare i criteri «verdi».

La principale differenza con la tassonomia europea

La tassonomia ambientale europea in questo senso è molto diversa. Individua infatti sei obiettivi: mitigazione e adattamento dei cambiamenti climatici, uso sostenibile e protezione delle risorse idriche e marine, transizione verso l’economia circolare, prevenzione e controllo dell’inquinamento, protezione della biodiversità e della salute degli ecosistemi. Le attività sostenibili, individuate attraverso una serie di atti delegati, contribuiscono positivamente in modo sostanziale ad almeno uno di questi sei obiettivi, senza produrre impatti negativi su nessuno degli altri. Inoltre, sono svolge nel rispetto di garanzie sociali minime.

Manca quindi il concetto di transizione, quello che nella tassonomia di Singapore è simboleggiato dal semaforo giallo. In mancanza di questa via di mezzo, anche il gas naturale e il nucleare sono finiti le attività sostenibili, seppure con alcune limitazioni. Perché le istituzioni dell’Unione li hanno ritenuti funzionali alla transizione verso la neutralità climatica. Una scelta molto discutibile che ha destato una levata di scudi da parte delle organizzazioni ambientaliste.

Il concetto di transizione nella tassonomia di Singapore

Nella tassonomia di Singapore, il concetto di transizione riveste invece un ruolo centrale. «Non vogliamo che le istituzioni finanziarie escano indiscriminatamente dalle attività ad alta intensità di CO2 solo per ridurre le proprie emissioni finanziate. Piuttosto, vogliamo che supportino gli sforzi progressivi per la transizione dell’economia», ha ribadito il direttore generale dell’Autorità monetaria di Singapore, Ravi Menon, durante la Cop28 di Dubai.

Un esempio? Nel settore marittimo, è improbabile che gli operatori riescano a rispettare i criteri necessari per essere classificati come “verdi”, tanto più perché i carburanti a basse emissioni sono ancora a uno stadio di sviluppo embrionale. Può però fregiarsi del semaforo arancione chi è in linea con il percorso di decarbonizzazione fissato dall’Organizzazione marittima internazionale (IMO), il cui orizzonte è il 2050, con alcuni target intermedi nel 2030. «Nella maggior parte dei casi, non possiamo passare direttamente da marrone a verde. Dobbiamo attraversare una fase di transizione, ma dobbiamo assicurare che tale transizione sia credibile», ha puntualizzato Ravi Menon.