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«Il cemento cambi o sarà la pietra tombale del clima»

Una coalizione di investitori con un portafoglio da $2mila miliardi chiede al settore cementifero di raggiungere emissioni nette zero. Inaccettabile il suo impatto sul clima

Una limitazione delle emissioni di CO2 provenienti dall'industria del cemento è fondamentale per centrare gli obiettivi dell'Accordo di Parigi © Gavin Houtheusen/Department for International Development

«I nostri cambiamenti sono troppo lenti. Dobbiamo concentrarci sull’innovazione per progredire significativamente nella diminuzione delle nostre emissioni di CO2. Occorrono in questo senso azioni chiare e tangibili». A parlare non sono produttori di carburanti di origine fossile o compagnie minerarie specializzate nell’estrazione di carbone. È l’Associazione mondiale del cemento (World Cement Association, WCA), che nel luglio 2018 esortava i propri membri. a fare la loro parte nella battaglia contro i cambiamenti climatici.

Il cemento è responsabile del 7% delle emissioni globali di CO2

I riflettori, infatti, rimangono spesso concentrati solo su petrolio, trasporti e plastica. E non tutti sanno che – secondo l’IEA – l’industria del cemento è responsabile del 7% delle emissioni mondiali di gas ad effetto serra. L’UNFCCC (la Convenzione quadro delle Nazioni Unite per il clima) ha di conseguenza sottolineato come un cambiamento radicale nel comparto sia «indispensabile se si vogliono centrare gli obiettivi dell’Accordo di Parigi». Ovvero limitare la crescita della temperatura media globale, entro la fine del secolo, ad un massimo di 2 gradi centigradi. Rimanendo il più possibile vicini agli 1,5 gradi.

Secondo l’Onu, gli sforzi effettuati finora dal settore cementifero sono ancora largamente insufficienti. Per comprendere i fattori in gioco basti pensare che il cemento è la seconda sostanza più utilizzata sulla Terra dopo l’acqua. Edifici, ponti, strade, dighe: ovunque nel mondo le infrastrutture sono strettamente dipendenti da tale materiale.

Il clinker, elemento di base del cemento © 凰兰时罗/Wikimedia Commons (CC BY-SA 4.0)

Per produrre una tonnellata di cemento si emette una tonnellata di CO2

Ma la produzione di quest’ultimo è particolarmente energivora e inquinante. «Ad esempio – prosegue l’UNFCCC – sono necessarie grandi quantità di combustibili fossili per riscaldare a 1.400 gradi i forni nei quali si decompongono calcare e altre materie prime. Ciò per formare una sostanza chiamata clinker, che viene quindi combinata con il gesso per ottenere il cemento».

Il risultato è che per produrre una tonnellata di materiale, «a seconda della varietà e del processo, le fabbriche consumano tra 60 e 130 chilogrammi di gasolio. E 100 kWh di energia elettrica. Un processo che produce una tonnellata di biossido di carbonio».

È per questa ragione che una coalizione di società di gestione di asset – che rappresentano complessivamente 2mila miliardi di dollari – ha deciso di chiedere conto al settore della sua impronta ecologica. In una lettera i firmatari (tutti membri del gruppo Climate Action 100+ e dell’Institutional Investors Group on Climate Change, IIGCC) chiedono al comparto di raggiungere le emissioni nette zero. E di farlo entro il 2050.

Quattro multinazionali del cemento nel mirino

La richiesta è rivolta soprattutto a quattro colossi del cemento. L’irlandese Cement Roadstone Holdings, la franco-svizzera LafargeHolcim, la tedesca HeidelbergCemente la francese Saint-Gobain. Secondo un rapporto dell’IIGCC, molte aziende del settore beneficiano di deroghe speciali per le emissioni, poiché considerate a rischio-delocalizzazione.

Ciò non le ha spinte ad innovare come accaduto in altri settori. Secondo quanto riferito da Stephanie Pfeifer, direttrice generale dell’IIGCC, i produttori di cemento «devono lavorare sul breve e medio termine per operare una profonda trasformazione». Altrimenti «le imprese non potranno assicurarsi un futuro».