Clima e tasse sulle multinazionali: la svolta della Svizzera

Neutralità climatica al 2050, tassa minima alle multinazionali e norme anti-covid: tre sì dai referendum svizzeri

In Svizzera lo strumento referendario è ampiamente usato © extravagantni/iStockPhoto

Neutralità climatica e tasse alle multinazionali. La Svizzera, alla fine, ha deciso. E lo ha fatto come suo solito: tramite referendum.

Nel fine settimana appena concluso gli elettori elvetici sono stati chiamati ad esprimersi su tre temi divisivi per lo scenario politico alpino. Il primo – e più dibattuto – è la legge climatica, cioè un provvedimento che si pone lo scopo di raggiungere le zero emissioni nette al 2050. Si tratta, di fatto, di allineare Berna agli obiettivi di contrasto al riscaldamento globale presi da buona parte del mondo occidentale.

Il secondo quesito sottoposto a referendum riguarda l’imposizione di un’aliquota fiscale minima del 15% per le grandi multinazionali. Una questione non banale, in un Paese che fino a pochi anni fa era considerato il paradiso fiscale per eccellenza. Ultimo tema è la proroga di alcune delle norme anti-covid, compresi i finanziamenti speciali alla ricerca per nuovi farmaci.

Clima: un passo avanti

La Svizzera garantisce un’estensione dello strumento referendario unica al mondo. Gli elettori sono chiamati diverse volte l’anno a esprimersi sui temi più disparati, e molta della produzione legislativa è svolta in questo modo.

Il referendum relativo alla neutralità climatica è apparso fin da subito come il più complesso dei tre di questa tornata. Nel 2021 una proposta di carbon tax – cioè di imposta sulle emissioni volta a scoraggiare le attività più inquinanti – era stata bocciata alle urne. A favore dell’obiettivo net-zero al 2050 si sono schierati tutti i partiti tranne l’Unione Democratica di Centro (UDC-SVP), di centrodestra. Il fronte del no ha paventato il rischio di un’impennata dei costi dell’energia, e ha parlato di danni paesaggistici conseguenti all’installazione di impianti rinnovabili – sopratutto eolici. Argomenti che non hanno convinto la maggioranza degli elettori. Il 59% degli svizzeri ha detto . L’affluenza è stata del 42%.

Assieme alla deadline temporale di fine secolo, la proposta approvata prevede anche incentivi finanziari per l’installazione di pompe di calore e centri di produzione elettrica a basse emissioni.

Un paso avanti importante per Berna, ma non una scelta d’avanguardia. L’obiettivo della neutralità climatica al 2050 è ormai condivisa da decine di nazioni in tutto il mondo, e la Svizzera è ancora indietro in molti dei campi della transizione, con emissioni pro-capite tra le più alte d’Europa. Il tutto in un territorio particolarmente esposto alle conseguenze della crisi climatica: tra il 2001 e il 2022 il volume dei ghiacciai nazionali è diminuito per un terzo.

Tasse: il paradiso che cambia

Meno combattuto lo spoglio del secondo quesito. Una maggioranza più che schiacciante, il 78.5%, ha approvato l’introduzione di un’aliquota minima del 15% sulle multinazionali.

Anche in questo caso si tratta di adeguare la legislazione elvetica a nuovi standard internazionali. In particolare, con questo voto la Svizzera si adegua al progetto anti-elusione fiscale promosso da OCSE e G20. Una scelta anche in questo caso non radicale in senso assoluto, ma comunque non scontata per un Paese che a lungo ha fatto della fiscalità amichevole per le grandi corporation un vanto.

Vento progressista

Le forze progressiste elevetiche hanno motivo di festeggiare. In un momento di forza per le destre continentali, la piccola Svizzera ha visto approvare due norme dal sapore ecologista ed egualitario.

I promotori sono sicuri che si tratti solo del primo passo. A proposito della nuova legge climatica, in particolare, la deputata verde Céline Vara ha dichiarato: «quando hai un obiettivo chiaro, puoi quindi mettere in atto le misure necessarie».