Cos’è Coinbase, la piattaforma di criptovalute che debutta a Wall Street

La piattaforma Coinbase si appresta ad un ingresso a Wall Street in pompa magna. Ecco cos'è, chi la usa e come se ne può abusare

La piattaforma per lo scambio di criptovalute Coinbase si prepara al debutto in Borsa a Wall Street © Elmar Gubisch/iStockPhoto

Un nuovo circuito di montagne russe si appresta ad aprire i battenti nel luna park finanziario di Wall Street. Si chiama Coinbase ed è la seconda più importante piattaforma di transazioni di criptovalute al mondo. Si presenta al debutto in Borsa – il listing è previsto oggi, 14 aprile 2021 – forte di 56 milioni di clienti. Tra di loro c’è qualche individuo “problematico”, noto alle autorità che regolano la finanza internazionale e all’FBI americana poiché sospettato di attività criminali (dal riciclaggio di denaro all’evasione fiscale).

Soltanto nel primo semestre del 2020, la società ha ricevuto 1.914 richieste di informazioni, principalmente dalle autorità americane, britanniche e tedesche. Le criptovalute, si sa, sono utilizzate come strumenti di pagamento. Ma anche per speculare e perfino per nascondere attività illecite.

La folle corsa di Coinbase

Pazienza, perché al contempo, però, Coinbase è anche un’azienda in crescita esponenziale. Autoproclamatasi «il sito più semplice per acquistare e vendere criptovaluta», la piattaforma ha registrato nei primi tre mesi dall’anno un fatturato di 1,8 miliardi di dollari (nel 2020 erano stati 1,2 miliardi). Il valore del Bitcoin, una delle valute scambiate sulla piattaforma, ha appena superato la soglia dei 60mila dollari (50.420 euro, valore raggiunto domenica 11 aprile e nuovamente il giorno dopo). E l’interesse degli investitori è in continuo aumento. Insomma, gli ingredienti per un debutto monstre in Borsa – il titolo sarà quotato nel Nasdaq, l’indice degli asset tecnologici americano – ci sono tutti. Un successo che potrebbe poi trainare anche altri ingressi, come quello della piattaforma Kraken.

Ma da dove viene l’impennata delle criptovalute e di Coinbase? Dai piccoli risparmiatori di tutto il mondo, ma anche – e soprattutto – dai fondi d’investimento speculativi. Gli hedge fund hanno infatti centrato guadagni pari al 117% nei soli primi tre mesi dell’anno, secondo gli indici di Eurekahedge. E hanno contribuito a far centrare alla piattaforma un profitto trimestrale pari a 800 milioni di dollari.

L’effetto-Coinbase: fino a +645% in soli cinque giorni

Ciò grazie a commissioni sulle transazioni particolarmente elevate rispetto alla concorrenza, nell’ordine dell’1,49% per i clienti americani “normali”. Ai professionisti e ai più attivi – circa 7mila clienti – si praticano però quote ben più basse, anche prossime allo zero.

Coinbase permette di scambiare numerose valute, tra le quali il Bitcoin
Il Bitcoin è una delle criptovalute scambiate sulla piattaforma Coinbase © 24K-Production/iStockPhoto

D’altra parte una qualsiasi criptovaluta che accede a Coinbase (da Cardano a Filecoin o Storj), secondo un’analisi della società Messari, vede crescere in media il proprio valore del 91% nei primi 5 giorni. DistrictOx ha segnato nello stesso periodo di tempo un +645%. Civic è arrivata a +492%. Dati tali da scatenare l’appetito degli speculatori. E anche di chi cerca, attraverso pratiche di insider trading, di sapere in anticipo dell’ingresso di una criptovaluta nella piattaforma. Così da comprarla altrove e poi rivenderla appena “impennata” dall’effetto-Coinbase.

Il management manterrà il controllo della piattaforma

Come fanno numerosi grandi gruppi “digitali” – Google, Facebook, Airbnb, Slack – Coinbase proporrà al grande pubblico e agli investitori istituzionali azioni di classe “A”. Mentre quelle di classe “B” – per le quali è riconosciuto un diritto di voto 20 volte superiore rispetto alle “A” – sono riservate a fondatori e collaboratori della piattaforma, nonché ai suoi investitori storici. Il controllo della società, in questo modo, verrà mantenuto nonostante l’ingresso in Borsa.

Al comando rimarrà dunque il direttore generale Brian Armstrong (ex programmatore di Airbnb), che possiede il 21,8% delle azioni di classe “B” e il 10,9% di quelle di classe “A”. Al suo fianco, Marc Andreessen, noto investitore della Silicon Valley (14,2% di titoli “B” e 24,6% di “A”).

Con loro, il resto del management controlla il 54% dei diritti di voto di un impero le cui azioni sono state scambiate anche ad oltre 340 dollari a titolo, negli scambi privati realizzati nei primi mesi dall’anno. Il valore in Borsa potrebbe essere dunque pari a 68 miliardi, ma non si esclude si possano raggiungere i 100 miliardi al momento del debutto a Wall Street. C’è certamente chi si sta già fregando le mani. Sempre che le montagne russe non giochino brutti scherzi.