I comitati di quartiere contro lo stadio della Roma
Costruire un nuovo stadio non è di per sé un’idea sbagliata. Dipende da come lo si fa. Intaccare un polmone verde è sbagliato
Sembra impossibile costruire nuovi stadi in Italia. O almeno farlo bene. Uno dei maggiori problemi delle società di calcio, il cui indebitamento complessivo ricordiamo supera i 5 miliardi, è proprio la mancanza di introiti dagli stadi di proprietà e dagli indotti che essi generano. Un centinaio di milioni l’anno per i grandi club di Serie A.
L’ultima grande ristrutturazione fu per i Mondiali di Italia ’90. Altro che notti magiche, furono appalti d’oro. Spese triplicate del 300%, cattedrali nel deserto mai compiutamente realizzate, e due eredità disperanti: stadi fatiscenti che cadono a pezzi per i club e debiti pubblici che lo Stato ha finito di pagare pochi anni fa, a quasi trent’anni di distanza da quell’incredibile sacco edilizio che furono i Mondiali.
E ora le cose non vanno certo meglio. A Milano tutto tace. E a Roma la strada, che sembrava spianata, si scopre piena di buche come una qualsiasi via cittadina. Esattamente due mesi dopo l’approvazione della delibera di pubblico interesse per lo stadio, votata in Campidoglio lo scorso 9 maggio, vari comitati cittadini hanno infatti depositato al Tar un ricorso contro la delibera.
Il perché, è presto detto, lo spiegano gli stessi comitati: la delibera approvata dal Comune non terrebbe conto dei numerosi rilievi e delle prescrizioni degli uffici tecnici preposti. Il ricorso al Tar è un atto di resistenza burocratico che serve a riportare a galla il grande rimosso di tutte queste operazioni: la tutela degli spazi e del verde pubblico del quartiere sotto attacco della speculazione edilizia.
Siccome tutto questo non sembra interessare alle amministrazioni cittadine, ecco la necessità di intervenire con i ricorsi. Anche a livello nazionale. I comitati di Milano (Referendum X San Siro), Parma (Comitato Tardini Sostenibile) e Roma appunto (Comitato stadio Pietralata No Grazie) si sono uniti per chiedere di rendere incostituzionale la Legge Stadi, che sarebbe in palese violazione dell’art. 9, comma 2 che «tutela il paesaggio ed il patrimonio storico e artistico della Nazione».
Perché c’è modo e modo di fare le cose. Costruire un nuovo stadio non è di per sé un’idea sbagliata. Farlo andando a intaccare uno dei pochi polmoni verdi rimasti in una città il cui consumo di suolo è uno dei più alti del Paese (al ritmo di cento ettari l’anno negli ultimi dieci anni) è un’idiozia. Farlo per pura speculazione edilizia, devastando l’ambiente e modificando l’architettura sociale e urbana di una comunità senza portare vantaggi se non ai privati, è un crimine.