Banche, gli Usa contro il Comitato di Basilea: no alle nuove regole sui rischi climatici

Il Comitato di Basilea ha provato a introdurre standard per la rendicontazione dei rischi climatici, ma la Federal Reserve si è messa di traverso

La Federal Reserve guidata da Jerome Powell si è opposta al tentativo del Comitato di Basilea di introdurre la rendicontazione dei rischi climatici per le banche © Federalreserve/Wikimedia Commons

Il Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria ha un mandato ben preciso: rendere più stabile il sistema bancario internazionale. E cosa c’è di più destabilizzante di una crisi climatica ormai acclarata, con i rischi che comporta? Se la Banca centrale europea sta perlomeno cercando di prenderne atto, però, i regolatori statunitensi – capeggiati dalla Federal Reserve – oppongono un muro di gomma. Rifiutandosi di dare il loro benestare a un piano che avrebbe richiesto alle banche di rendicontare i propri rischi climatici. È quanto riferisce l’agenzia Bloomberg, citando alcune fonti che preferiscono rimanere anonime.

La crisi climatica entra nei Principi fondamentali di Basilea

Istituito nel 1974 in seno alla Banca per i regolamenti internazionali (BIS), il Comitato di Basilea rappresenta le banche centrali e le autorità di regolamentazione del sistema finanziario di una trentina di Paesi. Per gli Stati Uniti ne fanno parte la banca centrale (Federal Reserve), l’autorità di vigilanza sulle banche (Office of the Comptroller of the Currency) e l’ente che assicura i depositi (Federal Deposit Insurance Corp). A questo ente si devono gli standard internazionali per i requisiti di capitale delle banche, i più recenti dei quali (noti come Basilea III) sono pronti da anni, ma devono ancora essere applicati.

Per la prima volta nell’arco di oltre dieci anni, il Comitato di Basilea ha aggiornato i Principi fondamentali, che costituiscono lo standard minimo per la vigilanza e la regolamentazione prudenziale delle banche. Mettendo nero su bianco che i rischi fisici e di transizione dovuti ai cambiamenti climatici «possono avere un impatto sulla sicurezza e sulla solidità delle singole banche e implicazioni più vaste sul sistema bancario e sulla stabilità finanziaria». Le banche, dunque, devono trovare il modo di identificarli e mitigarli. I supervisori finanziari, da parte loro, sono tenuti a prenderli in considerazione. Anche chiedendo alle banche di trasmettere informazioni che permettono di valutare la materialità dei rischi finanziari legati al clima.

Rischi climatici, le proposte del Comitato di Basilea

Come si tradurranno questi principi nella pratica? La questione è ancora aperta. Da diversi mesi, infatti, il Comitato di Basilea ha avviato l’iter per stabilire un quadro di rendicontazione dei rischi climatici. Questo, almeno, è l’intento. Ma, stando a quanto riferito da Bloomberg, la Federal Reserve si è messa di traverso.

Il Comitato di Basilea ha già annacquato la bozza dei nuovi standard sulla rendicontazione dei rischi climatici, per provare almeno a raggiungere un compromesso. Ha escluso dalla discussione il primo pilastro, quello che comporta le conseguenze più tangibili perché riguarda i requisiti patrimoniali, relegando le proposte al terzo pilastro, relativo alla disciplina del mercato con la comunicazione all’esterno. In questa versione molto ammorbidita, i singoli Stati avrebbero anche la facoltà di decidere se imporre o meno la pubblicazione dei dati.

Ma pare che neanche questo tentativo sia andato a buon fine, perché le autorità americane hanno ribadito il loro «no» senza appello. Il 20 novembre il Comitato di Basilea ha fatto sapere che la pubblicazione degli standard per il terzo pilastro slitta: era prevista entro la fine di quest’anno, ma se ne riparlerà nel primo semestre del 2025. E c’è chi teme che l’intero progetto sia destinato a finire nel nulla.

L’ostruzionismo da parte della Federal Reserve

La seconda presidenza di Donald Trump, che prenderà il via a gennaio 2025, di sicuro non aiuterà gli Stati Uniti a prendere sul serio la crisi climatica. Ma questo ostruzionismo non nasce certo con le elezioni del 5 novembre. Il presidente della Federal Reserve Jerome Powell negli anni si è avvicinato molto alle politiche economiche di Joe Biden ed è entrato apertamente in rotta con Donald Trump, che pure gli aveva assegnato l’incarico nel 2018. I due sono ormai talmente distanti che, all’indomani delle elezioni, Powell ci ha tenuto a ribadire che la Fed è indipendente e lo resterà.

La crisi climatica, però, sembra uno dei pochi argomenti rimasti sui quali Trump e Powell non hanno da discutere. Il numero uno della Fed ha ribadito con forza che «le politiche per affrontare i cambiamenti climatici sono compito dei funzionari eletti e di quelle agenzie a cui è stata affidata questa responsabilità», non certo dei regolatori del sistema bancario. Certo, viene da chiedersi come si faccia a ostentare indifferenza di fronte al riscaldamento globale: un fenomeno che, da qui al 2050, provocherà danni economici stimati in 38mila miliardi di dollari all’anno. Viene da chiedersi come si possano lasciar le banche libere di ignorare il problema. Ma la linea scelta dagli Stati Uniti è questa. E il Comitato di Basilea non può fare nulla per cambiarla.