Vaccini, al Wto l’Europa blocca i negoziati sui brevetti
Ancora nessun accordo al Consiglio generale dell'Organizzazione Mondiale del Commercio sulla sospensione dei brevetti sui vaccini anti-Covid
Il Consiglio generale dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (Omc o, in inglese, Wto) riunito a Ginevra il 27 e 28 luglio per discutere, tra le altre cose, della sospensione dei brevetti sui vaccini anti-Covid non è arrivato a un accordo. I Paesi membri concordano sulla necessità di continuare il negoziato, ma una mediazione tra le diverse posizioni appare sempre più difficile.
La proposta di moratoria sui brevetti avanzata da India e Sudafrica
Il 2 ottobre dello scorso anno India e Sudafrica hanno avanzato una proposta, sostenuta da due terzi dei Paesi membri dell’Organizzazione mondiale del commercio, per una sospensione dei brevetti sui vaccini anti-Covid, sulle strumentazioni, sui test diagnostici e sui medicinali efficaci per curare i malati. Proposta respinta dal Consiglio Trips dell’Omc, riunito il 10 e 11 marzo a Ginevra. A votare contro erano stati i Paesi ad alto reddito, più il Brasile.
Il 5 maggio la Casa Bianca, a sorpresa, aveva annunciato per voce della propria ambasciatrice all’Omc Katherine Tai, l’intenzione di sostenere la proposta di sospendere i brevetti sui vaccini anti-Covid. Un’azione necessaria, secondo Washington, «di fronte alla crisi sanitaria mondiale». E «in ragione delle circostanze straordinarie della pandemia».
Perché sospendere i brevetti?
Le case farmaceutiche, possedendo il brevetto sul prodotto finale, hanno pieno controllo su tutto il processo di produzione e distribuzione dei vaccini, oltre alla possibilità di determinarne il prezzo. Il brevetto, inoltre, permette loro di non condividere la tecnologia, limitando la ricerca e lo sviluppo di vaccini efficaci.
La proposta avanzata da India e Sudafrica permetterebbe invece di accelerare la produzione, la distribuzione e, dunque, la somministrazione del vaccino anti-Covid.
La posizione delle organizzazioni non governative
In un rapporto pubblicato giovedì 29 luglio, la campagna People’s vaccine denuncia che, senza brevetti, i vaccini prodotti da Pfizer/BioNTech e Moderna potrebbero costare agli Stati 5 volte di meno. Public Citizen e ingegneri dell’Imperial College hanno analizzato le tecniche di produzione dei vaccini di tipo mRna. Secondo i dati emersi dalle analisi, vaccini potrebbero essere realizzati in media con un costo che varia da 1,18 a 2,85 dollari a dose.
Secondo il rapporto, «solo l’Italia fino ad oggi per questi due vaccini avrebbe speso 4,1 miliardi di euro in più di denaro dei contribuenti». Denaro che, denunciano le organizzazioni non governative, avrebbe potuto essere investito per rafforzare il Sistema sanitario nazionale. Per esempio allestendo oltre 40mila nuovi posti di terapia intensiva (ad oggi sono poco più di 8.500). Oppure assumendo oltre 49mila nuovi medici (ad oggi sono poco più di 100mila quelli dipendenti del Sistema sanitario nazionale).
Le organizzazioni non governative che sostengono la campagna People’s vaccine hanno le idee chiare. «La scarsità mondiale di vaccini è una diretta conseguenza del sostegno dei Paesi ricchi ai monopoli delle aziende farmaceutiche», hanno dichiarato Sara Albiani, policy advisor per la salute globale di Oxfam Italia, e Rossella Miccio, presidente di Emergency. Un vero passo avanti, secondo queste organizzazioni, può essere fatto solo se Big Pharma accetta una reale condivisione di tecnologie, know-how e brevetti con i tanti produttori che nei Paesi in via di sviluppo potrebbero garantirne l’abbassamento dei prezzi e l’incremento nella produzione mondiale.
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La Commissione europea blocca le negoziazioni
Tra la posizione di India e Sudafrica, che si allarga oltre i soli vaccini, e quella di mediazione degli Stati Uniti, a intralciare i negoziati impedendo un avanzamento sembra sia stata la Commissione europea. L’organo esecutivo dell’Unione europea, insieme alla Svizzera, ha infatti sostenuto l’importanza di mantenere inalterato il sistema di brevetti, difendendo di fatto gli interessi dell’industria farmaceutica.
La Commissione avrebbe dunque ignorato le indicazioni arrivate dal Parlamento europeo che, a giugno, ha adottato una risoluzione che chiede una deroga temporanea all’accordo Trips dell’Omc. Risoluzione non vincolante, ma il cui peso politico avrebbe dovuto farsi sentire.
«Come organizzazioni della società civile impegnate nella lotta per garantire a tutte e tutti il diritto alla salute ci chiediamo a nome di chi parli la Commissione europea», dichiara Monica Di Sisto, vicepresidente di Fairwatch. «Non capiamo perché continui a mantenere questa posizione radicale, ignorando i propri cittadini e persino il Parlamento, senza nemmeno tentare mediazioni come invece fanno gli Stati Uniti». E ignorando che all’interno degli stessi Trips è prevista la possibilità di deroghe in caso di pandemia.
I prossimi passi della negoziazione
La discussione non si è chiusa e proseguirà nei prossimi mesi in sedi diverse, come per esempio la riunione interministeriale prevista per novembre. Di fronte alla chiusura dell’Unione europea i Paesi proponenti hanno irrigidito la propria posizione. E, a questo punto, difficilmente saranno disposti a passi indietro sul complesso delle loro richieste. Rendendo quindi pressoché inutile la posizione di mediazione degli Stati Uniti, disposti a sostenere la moratoria sui soli vaccini.