Cop30: un incendio sveglia il negoziato sonnolento

L'attesa di un accordo è stata interrotta da un incendio nella venue. Nessuna conseguenza grave, ma la metafora è inevitabile

Un momento dei soccorsi © Lorenzo Tecleme

Difficile resistere alla tentazione della metafora. Difficile al punto che non ne siamo capaci. La Cop30 brucia come brucia l’Amazzonia che le sorge accanto o, se preferite, vanno in fumo le speranze di un accordo rapido. Una giornata di attesa sonnolenta al summit sul clima di Belém è stata interrotta da un incendio. A quanto ci risulta, il primo nella Storia dei negoziati sul clima delle Nazioni Unite.

Nel pomeriggio brasiliano, la sera italiana, le fiamme si sono mangiate un pezzo della blue zone, l’area dei padiglioni dove Stati e organizzazioni internazionali mettono in mostra le loro performance ambientali in una piccola Expo climatica. L’incendio è durato, secondo la Presidenza della Cop, appena sei minuti. Non ci sono feriti gravi, solo tredici persone trattate sul posto per via del fumo. Rimane però un pomeriggio di trattative bruciato (scusate!) e una metafora cupa che difficilmente il processo per la salvaguardia del clima riuscirà a scrollarsi di dosso in fretta.

La nuova bozza, che non arriva

Negli scorsi giorni abbiamo raccontato lo stallo delle trattative alla Cop30. I temi sul tavolo sono principalmente due: l’istituzione di un accordo di massima su una roadmap per l’abbandono dei combustibili fossili e la triplicazione dei fondi per l’adattamento nel cosiddetto Sud globale. La presidenza della Cop, in mano al Brasile, ha imposto un’accelerata al negoziato all’inizio della settimana. Forte dell’appoggio del presidente brasiliano Lula Ignacio da Silva e di una coalizione di oltre ottanta Paesi che si sono schierati a favore della proposta ormai simbolo di questo summit: la roadmap per l’abbandono di carbone, petrolio e gas.

Da due giorni, però, l’accelerata si è conclusa. Il presidente della Cop30 André Corrêa do Lago aveva rilasciato martedì 18 una prima bozza di accordo, che includeva molte opzioni alternative sulla maggioranza dei punti. Corrêa do Lago si era detto fiducioso di chiudere l’accordo politico – ribatezzato mutirão, sforzo congiunto – già mercoledì 19. Al pomeriggio di giovedì 20 non solo non si era trovata la quadra, ma non era stata nemmeno condivisa una seconda versione della bozza, più affinata. L’incendio ha inevitabilmente ritardato ulteriormente il processo. Non si sa se irritando la presidenza o, al contrario, dandole un alibi per giustificare il ritardo rispetto alle aspettative.

Intanto António Guterres si rivolge a Donald Trump: «Ti aspettiamo»

Nel frattempo a Belém, la città amazzonica che ospita il vertice, sono arrivati il presidente Lula e il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres. Il primo si è limitato a incontrare un piccolo drappello di giornalisti brasiliani, mentre il secondo ha tenuto una conferenza stampa. In quel contesto ha espresso il suo supporto alle proposte brasiliane: roadmap e triplicazione dei fondi per l’adattamento. Al giornalista che gli ha chiesto se un’accordo che non comprenda questi punti sarebbe un fallimento, ha risposto che «non è il momento di parlare di fallimento, è il momento di impedirlo». Quando un corrispondente della Bbc gli ha domandato quale sia il suo messaggio a Donald Trump – che per la prima volta ha deciso di boicottare la Cop –, Guterres si è limitato a dire «ti aspettiamo».

Le Conferenze delle Parti (Cop) sul clima sono appuntamenti annuali organizzati dalle Nazioni Unite. Partecipano i governi di quasi tutto il Pianeta, e hanno il compito di concordare politiche comuni di contrasto al riscaldamento globale. Il 10 novembre si è aperta a Belém la trentesima edizione. Il dibattito si è centrato, come dicevamo, sul tema della roadmap. Ma il suo impatto eventuale sulle emissioni globali non è chiaro. Gli osservatori più ottimisti insistono sul cambio di prospettiva nella diplomazia climatica. Per decenni i negoziati delle Nazioni Unite non hanno mai menzionato direttamente i combustibili fossili, per via dell’opposizione dei Paesi produttori. Ora, è il ragionamento, si arriverebbe ad un piano di dismissione. I critici, al contrario, ricordano come un impegno senza date o indicatori misurabili è facile da ignorare.

Anche sulla triplicazione dei fondi per l’adattamento per il Sud globale – da 40 a 120 miliardi annuali – c’è pessimismo. Gli esperti sono infatti scettici sul fatto che i Paesi ricchi siano disposti ad impegnarsi per una cifra simile. Altri temi sul tavolo del negoziato sono il dazio climatico europeo sulle merci importate (Cbam), e la trasparenza nella rendicontazione delle politiche climatiche. Il processo negoziale sul clima delle Nazioni Unite ha bisogno di un successo su almeno uno di questi dossier. Altrimenti, della Cop30 rimarrà solo il ricordo imbarazzante di un incendio.

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