Le 20 corporation che finanziano i falchi di Donald Trump
Un'analisi di Popular Information indica i nomi delle aziende che hanno sostenuto i politici americani rimasti fino all'ultimo fedeli a Donald Trump
Le immagini arrivate da Washington mercoledì notte difficilmente verranno dimenticate. Scene che non avremmo mai pensato di vedere: rivoltosi che circondano il Campidoglio. Che vengono lasciati entrare, alcuni armati. La seduta del Congresso che doveva certificare la vittoria di Joe Biden alle elezioni presidenziali del novembre scorso sospesa.
La retorica delle elezioni rubate fatta propria dai fedelissimi di Donald Trump
Un tentativo estremo (disperato, in qualche modo) di bloccare lo svolgimento delle normali procedure democratiche. Orchestrato dal presidente uscente Donald Trump con la consueta retorica delle elezioni «rubate». Sulla quale hanno fatto leva fino all’ultimo alcuni dei suoi fedelissimi. Ted Cruz in testa, che ha mantenuto il suo «no» alla certificazione del voto dei grandi elettori in Arizona.
Eppure i voti sono stati contati. Ricontati. Certificati. E il Collegio elettorale riunito il 14 dicembre ha confermato la vittoria di Joe Biden. Ciò nonostante, in un comunicato del 2 gennaio Ted Cruz e un gruppo di membri del congresso hanno denunciato «frodi e irregolarità eccezionali». Annunciando che si sarebbero opposti alla ratifica della vittoria di Biden nella votazione del 6 gennaio.
Ma chi sono questi membri del Congresso così fedeli a Trump e pronti a sovvertire le regole basilari della democrazia statunitense? E chi li finanzia? Se lo sono chiesto Judd Legum e Tesnim Zekeria, curatori della newsletter Popular Information, che sono andati a spulciare i dati della Federal Election Commission. Scoprendo quali sono le 20 principali corporation che hanno sostenuto le campagne elettorali di questi membri del Congresso.
Chi ha finanziato i “lealisti”?
Ne risulta che il principale finanziatore è AT&T. La compagnia telefonica negli scorsi 6 anni ha donato almeno 2 milioni di dollari a 130 repubblicani che hanno sostenuto in vario modo il tentativo di sovvertire il risultato delle elezioni. In particolare, 11 dei 13 senatori che si sono impegnati ad opporsi alla certificazione del risultato elettorale hanno ricevuto sostegno economico da AT&T. Quegli 11 senatori negli ultimi 6 anni hanno ricevuto 136.500 dollari dall’azienda. E lo stesso è successo per molti membri della Camera, come Mo Brooks.
O anche Jim Jordan, stretto alleato di Trump e che ha beneficiato di 12mila dollari in donazioni da AT&T.
La compagnia è tuttavia membra della Business Roundtable, un’associazione che riunisce gli amministratori delegati delle maggiori aziende statunitensi e che ad agosto 2019 aveva fornito spunti per numerosi titoli di giornale, annunciando una presunta svolta etica. Il 4 gennaio, in particolare, l’organismo si è espresso sulla questione elettorale. E lo ha fatto senza mezzi termini: «Poiché le accuse di frode sono state pienamente prese in considerazione e respinte dai tribunali federali e statali e dai funzionari del governo statale, l’integrità delle elezioni presidenziali del 2020 non è in dubbio. Non vi è alcuna autorità per il Congresso di respingere o annullare i voti elettorali legittimamente certificati dagli stati e affermati dal Collegio elettorale. La transizione pacifica del potere è un segno distintivo della nostra democrazia e dovrebbe procedere senza ostacoli. Pertanto, Business Roundtable si oppone agli sforzi perpetrati per ritardare o ribaltare il chiaro risultato delle elezioni».
Nell’elenco anche Deloitte, KPMG, Pfizer, Google, Microsoft e Amazon
Interrogata da Popular Information, AT&T non ha risposto circa l’intenzione di continuare a sostenere politici che si sono impegnati nel ribaltamento dei risultati elettorali.
Tra i grandi finanziatori c’è anche Amazon, che secondo l’analisi di Popular Information negli ultimi 6 anni ha donato almeno 598mila dollari a 104 dei membri del congresso repubblicani. Come per esempio Matt Gatz. Nemmeno Amazon ha risposto circa l’intenzione di continuare a concedere fondi a tali esponenti conservatori.
Non mancano le grandi banche americane
Non mancano poi i colossi della finanza, come Bank of America, dalla quale sono arrivati 448mila dollari. E nessuna risposta, anche in questo caso, circa le intenzioni future.
Ciò che è certo è che, dopo ore concitate, il Campidoglio è stato sgomberato dai rivoltosi. Una donna è morta. La seduta è ripresa e il Congresso ha confermato la vittoria di Biden. La democrazia ha vacillato, ma ha resistito ai colpi che le venivano inferti. Le multinazionali continueranno a finanziare partiti politici e candidati, di entrambi gli schieramenti ovviamente. Sarebbe interessante sapere, però, se in un sussulto di dignità cercheranno almeno di evitare di dare ancora sostegno a chi si è mostrato pronto a ribaltare le regole della democrazia.