Corruzione: sempre più lo strumento prediletto per i business mafiosi
Nonostante i progressi, la corruzione continua a colpire famiglie e imprese. E le indagini giudiziarie confermano: le mafie la usano per indirizzare i bandi pubblici
L’ultima edizione dell’Indice di Percezione della Corruzione di Transparency International dice che l’Italia migliora ancora, per il 7° anno consecutivo, la sua posizione. Anche qualche dato dal casellario giudiziale incoraggia un certo ottimismo, con lodi diffuse all’operato recente dell’Autorità anticorruzione e gli appelli accorati che si trovi un degno successore dell’ex presidente Raffaele Cantone e si rinunci a qualsiasi depotenziamento dell’agenzia, attualmente retta dal consigliere anziano Francesco Merloni.
L'indice Transparency
La corruzione percepita in Italia cala. Anche grazie all’Anac di Cantone
L'indice Transparency giù per il 7° anno consecutivo. Nel 2020, l'Italia fa meglio di USA e Canada. Ma l'Autorità anticorruzione è senza un capo tra troppi mesi
Ma come si manifesta la corruzione nella vita delle famiglie? E come e quanto incide nelle strategie delle organizzazioni criminali?
Rispondere a queste domande è utile a tutti: da un lato per non trascurare il fenomeno quando si presenta, dall’altro per comprendere la sua pericolosità e pervasività.
«La consapevolezza dei livelli preoccupanti della corruzione reale è uno degli elementi che può concorrere a farla diminuire» spiega Roberto Montà, presidente di Avviso Pubblico, l’associazione degli amministratori pubblici che dal 2011 censisce le minacce e le violenze rivolte agli amministratori locali. «Se è vero che sarebbe autolesionistico sopravvalutare il fenomeno, è ancora più vero che sarebbe un grave errore sottovalutarlo: tra corruzione percepita e corruzione reale occorre, insomma, che le distanze siano minime. Anche in quest’ottica, specie alla luce dei recenti quanto sconcertanti fatti di cronaca (in Calabria, Val d’Aosta, e Lombardia/Piemonte, ndr), è necessario non abbassare la guardia pur in presenza di una minore percezione diffusa quale emerge dagli indici di Transparency».
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Istat: 1,7 milioni di famiglie italiane ha incontrato la corruzione
Se è vero che la stragrande maggioranza dei fenomeni connessi alla corruzione gira intorno agli appalti pubblici, è interessante scoprire quanto scrive l’Istat in una pubblicazione uscita a ottobre 2017 dedicata al tema. Si stima infatti che «il 7,9% delle famiglie abbia ricevuto richieste di denaro, favori, regali o altro in cambio di servizi o agevolazioni nel corso della vita; il 2,7% le ha ricevute negli ultimi 3 anni, l’1,2% negli ultimi 12 mesi» .
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Il numero di episodi non è trascurabile ma, talvolta, non esattamente classificabile come “corruzione” sotto un profilo giuridico, precisa Istat. La casistica è comunque variegata e vede al primo posto come ambito di riscontro le richieste indebite nel settore lavorativo (3,2% delle famiglie), «soprattutto nel momento della ricerca di lavoro, della partecipazione a concorsi o dell’avvio di un’attività lavorativa (2,7%)». Tant’è che l’Anac scrive che «il posto di lavoro si configura come la nuova frontiera del pactum sceleris», sottolineando che, soprattutto al Sud, «l’assunzione di coniugi, congiunti o soggetti comunque legati al corrotto (non di rado da ragioni clientelari) è stata riscontrata nel 13% dei casi».
Tuttavia quello del lavoro è solo il primo dei numerosi campi in cui l’Istat ha rilevato la possibilità del manifestarsi della corruzione. Non mancano infatti proposte avanzate da parte di giudici, magistrati, avvocati o altri soggetti rivolte alle famiglie che si trovano ad affrontare percorsi giudiziari. Né viene risparmiato chi fa domanda di benefici assistenziali (contributi, sussidi, alloggi sociali o popolari, pensioni di invalidità o altri benefici) o di visite mediche specialistiche, accertamenti diagnostici, ricoveri o interventi.
Tutte situazioni che hanno in comune una particolare fragilità della vittima a fronte di un potere, grande o minimo, del corruttore, che si propone di intervenire a favore o contro. In cambio di cosa? «La contropartita più frequente nella dinamica corruttiva è il denaro (60,3%), seguono il commercio di favori, nomine, trattamenti privilegiati (16,1%), i regali (9,2%) e, in misura minore, altri favori (7,6%) o una prestazione sessuale (4,6%)».
Le mafie investono sugli enti pubblici, grazie alla corruzione
Alla corruzione è dedicato per intero l’ottavo capitolo dell’ultima Relazione annuale della Direzione Nazionale Antimafia al Parlamento. Il documento è particolarmente significativo perché evidenzia come, negli anni recenti, più del ricorso alla violenza, le mafie hanno puntato ad espandere il proprio giogo attraverso la creazione di un sistema corruttivo-collusivo. Al centro, come sempre, i milioni di euro che irrorano il sistema degli appalti pubblici, tra l’appoggio degli amministratori compiacenti e tecniche di manipolazione delle gare. Quali? Ad elencarle è proprio Avviso Pubblico:
- i capitolati redatti inserendo specifiche caratteristiche possedute soltanto dall’impresa che si intende favorire;
- la formazione pilotata delle commissioni aggiudicatrici;
- le offerte concordate tra le ditte che partecipano alla gara;
- i cartelli di imprese basati su un accordo di desistenza, deliberatamente orientato a favorire l’aggiudicazione, a rotazione, nei confronti di una di esse;
- l’adozione sistematica di procedure di rinnovo, o anche di procedure negoziate, creandone artatamente i presupposti come, ad esempio, l’urgenza;
- le varianti in corso d’opera attraverso le quali si rendono remunerative offerte che, in sede di aggiudicazione, erano state affidate grazie ai forti ribassi praticati.
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Sta di fatto che, tra il 2016 e il 2019, per corruzione – non necessariamente con l’aggravante mafiosa – sono stati indagati 47 politici (23% del totale), 43 dei quali poi tratti in arresto: 20 sindaci, 6 vicesindaci, 10 assessori (più altri 4 indagati a piede libero) e 7 consiglieri. Ai freddi numeri, l’Anac aggiunge una notazione qualitativa interessante: la strategia si diversifica a seconda del valore dell’appalto. «Per quelli di importo particolarmente elevato, prevalgono i meccanismi di turnazione fra le aziende e i cartelli veri e propri (resi evidenti anche dai ribassi minimi rispetto alla base d’asta, molto al di sotto della media); per le commesse di minore entità si assiste invece al coinvolgimento e condizionamento dei livelli bassi dell’amministrazione (ad esempio, il direttore dei lavori) per intervenire
anche solo a livello di svolgimento dell’attività appaltata».
Dolci: indagine Caianiello paradigmatica
Tra numeri e teoria, irrompe alla fine la cronaca giudiziaria. Quella recente della maxi inchiesta su su mazzette, appalti e nomine pilotate e finanziamenti illeciti, con al centro la figura del presunto “burattinaio” Nino Caianiello, ex responsabile di Forza Italia a Varese. A definirne i contorni è Alessandra Dolci,procuratore aggiunto e capo della Direzione distrettuale antimafia di Milano, nelle sue osservazioni sulle interazioni mafia/corruzione pubblicate sul bilancio sociale della Procura.
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Secondo il magistrato l’indagine Caianiello è «paradigmatica di come si realizzino le interazioni tra la criminalità di tipo mafioso e la criminalità da “colletti bianchi”. I rapporti tra i due mondi criminali sono inevitabili poiché l’ “in sé” delle mafie, quel che le rende ad oggi “vincenti” e le distingue dalle altre forme di criminalità organizzata, è quello che viene definito il “capitale sociale”, ovvero l’insieme di relazioni con il mondo esterno. Ciò che distingue la criminalità comune dalla criminalità mafiosa è proprio la capacità di quest’ultima di fare sistema, di creare un medesimo blocco sociale con esponenti della classe dirigente locale, di creare rapporti tra le classi sociali e di costruire legami di reciproca convenienza».
Approfondimento
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Rifiuti in fiamme: Lombardia zona grigia tra imprese e ‘ndrangheta
L'Operazione "Feudo" dell'Antimafia di Milano svela i contorni di un "patto scellerato" tra imprenditoria e mafie. A queste ultime i rifiuti rendono come la droga
Un tessuto sociale infetto in cui tutto parte dal movimento di denaro e da operatori disposti a qualsiasi compromesso per un tornaconto. Per cui, se è vero che «la corruzione è un reato a “cifra nera” elevatissima», poiché nessuno dei partecipanti ha interesse a denunciare, buona parte dei procedimenti per corruzione ha origine, prosegue Dolci, «da indagini per reati di natura finanziaria, ovvero, ed è questo il dato allarmante che testimonia delle interazioni tra i due mondi criminali, da procedimenti in materia di criminalità organizzata. Con sempre maggior frequenza nel corso delle attività investigative emergono le figure di operatori economici, in particolare nel settore dell’edilizia e del connesso settore della gestione rifiuti/bonifiche, che creano rapporti stabili con imprese riferibili ad esponenti del crimine organizzato, agendo secondo logiche di mera “convenienza”».