Diretta | Copcast, il diario della Cop29 di Baku

Tutte le notizie in diretta dalla Cop29 sul clima di Baku. E un podcast quotidiano per rimanere aggiornati

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La Cop29 è finita, ma non è finito il lavoro per salvare il clima

Oggi, 24 novembre, Lorenzo Tecleme ci saluta. Domani lascerà Baku e tornerà in Italia perché la Cop29 è finita, anche se più di un giorno di ritardo. E oggi ci racconta cosa è stato deciso al più importante appuntamento che le nazioni si danno ogni anno per salvare il clima della Terra. Soprattutto, però, ci dà un utile consiglio per superare la delusione per un accordo che è davvero poca cosa di fronte alla sfida che dobbiamo vincere.

Appuntamento al prossimo anno da Belem, in Brasile, per la Cop30. Nel frattempo, puoi approfondire su Valori.it cosa è stato deciso a Baku.

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cop29 baku 23 novembre

La Cop29 è finita, approvato il documento finale sul New Collective Quantified Goal (Ncqg)

23 novembre, ore 23:40 – A Baku è stato raggiunto un accordo. L’assemblea plenaria è ancora in corso, con alcune voci critiche, a partire da quelle di Cuba e India che hanno preso la parola subito dopo l’annuncio. La rappresentante del governo di Nuova Delhi si è mostrata furiosa, parlando di «accordo raggiunto a tavolino».

Plenaria sospesa

23 novembre, ore 21:50 – La plenaria è sospesa. I lavori rinviati a «più tardi questa sera».

Iniziata la plenaria

23 novembre, ore 21:40 – È iniziata la plenaria alla Cop29. I delegati presenti sono confusi, non hanno ricevuto nuovi testi. Quello di cui abbiamo parlato nelle ultime ore sarebbe un leak e non una bozza secondo quanto riferisce Mark Daalder del newsroom.co.nz.

Convocata una nuova plenaria

23 novembre, ore 21:12 – Alle 00:30 ora di Baku, 21:30 italiane, è convocata la plenaria “conclusiva”. È possibile che la Cop29 chiuda con l’approvazione del testo trapelato nelle scorse ore.

Nuovo draft: confermati i 300 miliardi, ma rimangono i punti fortemente deludenti

23 novembre, ore 20:30 – In serata a Baku è trapelato un nuovo testo che riprende sostanzialmente quello leaked nel pomeriggio. Il nuovo documento conferma i 300 miliardi annui di fondi già presenti nella versione uscita nel pomeriggio. Unica novità di rilievo, viene inserito il riferimento a una roadmap verso la Cop30 di Belem. Segno, da un lato, che si vuole dare continuità al lavoro iniziato in queste settimane, ma anche, probabilmente, che le questioni rimaste insolute sono tante e tali da dover essere affrontate anche oltre ol termine della Cop29.

Approvato il mercato dello scambio di emissioni (carbon credits)

23 novembre, ore 18:50 –  Come preannunciato all’inizio della Cop29, a Baku è stata approvata una parte consistente delle regole che dovranno governare il mercato dei carbon credits, attraverso il quale si potrà dare un prezzo alle emissioni di CO2 al fine di premiare gli Stati e le imprese più virtuosi. Si tratta di un meccanismo previsto dall’articolo 6 dell’Accordo di Parigi del 2015. Per far sì che il sistema possa essere davvero introdotto entro il 2025 serviranno però ancora altri negoziati per definirne tutti i dettagli.

L’Arabia Saudita accusata di modificare il testo ufficiale della Cop29

23 novembre, ore 17:32 – Secondo il giornalista inglese del Guardian Damian Carrington, un delegato saudita è stato accusato di aver apportato modifiche direttamente al testo ufficiale dei negoziati della Cop29. Testo solitamente non modificabile. Secondo alcuni osservatori ascoltati dal giornale britannico, aver reso possibile ad alcuni di intervenire sul testo «rischia di mettere a repentaglio l’intera Cop».

Revealed: Saudi Arabia accused of modifying official #COP29 negotiating text – Exclusive: News of changes to usually non-editable Presidency document ‘risks placing climate summit in jeopardy', says one expert Story by me www.theguardian.com/environment/…

[image or embed]

— Damian Carrington (@dpcarrington.bsky.social) 23 novembre 2024 alle ore 15:55

A Baku rischia di mancare il numero legale


23 novembre, ore 16:43 – Mentre attendiamo novità da Baku, è utile ricordare che alle Cop, le Conferenze delle Parti, le decisioni vengono assunte attraverso una pratica denominata “consensus”. Non si tratta, quindi, di un voto a maggioranza. Ma nemmeno di unanimità, che sarebbe molto difficile raggiungere. È sufficiente che non siano state espresse obiezioni formali da parte degli Stati membri.

Alla Cop29 i Paesi più poveri del mondo, i Least developed countries (Ldc), e le nazioni insulari, gli Aosis, hanno sospeso i negoziati. Per ora si tratta, appunto, di una decisione temporanea. Ma va detto che un protrarsi del disaccordo tra le parti rischia di convincerli a renderla definitiva. A ciò si aggiunge il fatto che altre nazioni potrebbero lasciare la conferenza, che già sta giocando “i tempi supplementari”, con la chiusura che era prevista per venerdì.

Cosa succederebbe, quindi, se Aosis e Ldc dovessero abbandonare i negoziati, magari seguiti da altri? Per i meccanismi di funzionamento delle Cop, occorre che almeno due terzi delle Parti siano presenti per poter aprire un incontro e per raggiungere il “consensus”.

«Il Gruppo africano non è disposto ad accettare cose che superano i nostri punti fermi»

23 novembre, ore 14:30 – In una nota Ali Mohamed, presidente del Gruppo africano di negoziatori, avverte che a questo punto del negoziato «dobbiamo avere approcci inclusivi in modo che nessuna Parte venga lasciata indietro», ma precisa che lo stesso Gruppo «non è disposto ad accettare cose che superino i nostri punti fermi». Di seguito il comunicato stampa dettagliato.

Trapela un testo non ufficiale. Tensione altissima tra i negoziatori

23 novembre, ore 14 – Sono ore concitate a Baku, dove si sta chiudendo la ventinovesima Conferenza mondiale delle Nazioni Unite sul contrasto al riscaldamento globale. L’incontro sarebbe dovuto terminare ieri, ma i negoziati sono proseguiti tutta la notte. E negli ultimi minuti è trapelata una nuova bozza di accordo in via non ufficiale che avrebbe scontentato i i Paesi poveri al punto che starebbero abbandonando le trattative.

cop29 baku 22 novembre

È peggio una cattiva decisione o nessuna decisione?

Oggi è arrivata la bozza. Una vera e propria bozza di quella che potrebbe essere la decisione finale della Cop29 di Baku. E dire che è deludente è dire poco. Lo spiega Lorenzo Tecleme nel nostro appuntamento quotidiano.

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L’assemblea plenaria è stata cancellata e rinviata a sabato

22 novembre, ore 19:32 – L’assemblea plenaria prevista per le 22 ora di Baku alla Cop29 è stata annullata. I lavori dei delegati sono rinviati a domani. Primo giorno di “tempi supplementari”, dal momento che la chiusura della conferenza era inizialmente prevista per questa sera.

La Cop31 si terrà probabilmente in Australia o in Turchia

22 novembre, ore 17:44 – È probabile che la Cop31, prevista nel 2026 si terrà in Australia o in Turchia: secondo quanto trapela dai corridoio della Cop29 di Baku, sembra che nessuna delle due nazioni sia intenzionata a rinunciare a ospitare la conferenza. La decisione non sarà presa prima del prossimo mese di giugno. La Cop30, invece, si terrà in Brasile.

Alle 22 (le 19 in Italia) l’assemblea plenaria

22 novembre, ore 17:32 – È stata annunciata dalla presidenza della Cop29 un’assemblea plenaria che si terrà alle 22 ora locale, le 19 in Italia. Non è stato però specificato se nel corso della riunione si deciderà di trattare a oltranza fino al raggiungimento di un accordo o se i delegati scioglieranno la seduta e si daranno appuntamento a sabato.

Cleetus, Union of Concerned Scientists: «Nazioni più ricche pericolosamente vicine a tradire l’Accordo di Parigi»

22 novembre, ore 13:12 – La Policy Director per il Programma di clima ed energia dell’Union of Concerned Scientists Rachel Cleetus ha contestato l’entità degli impegni proposti dai Paesi ricchi: «Questa cifra non si avvicina neanche lontanamente ai finanziamenti robusti e disperatamente necessari che le nazioni a basso reddito meritano per combattere i cambiamenti climatici», ha commentato. Era richiesto, ha spiegato, «un impegno finanziario per il clima forte e allineato con la scienza, che questo terribile testo non riesce assolutamente a fornire».

CEEW: «Pessimo accordo per il mondo in via di sviluppo»

22 novembre, ore 13:07 – Critica il testo Vaibhav Chaturvedi, rappresentante del think tank indiano Council on Energy, Environment and Water. Chaturvedi definisce «fittizia» la cifra di 1.300 miliardi di dollari l’anno riportata dal testo, e spiega: «Comprendono finanziamenti da tutte le fonti pubbliche e private. Gli investimenti nelle tecnologie rinnovabili nei Paesi in via di sviluppo sono stati pari a 544 miliardi di dollari nel 2022. Questa cifra dovrebbe automaticamente superare i 1.500 miliardi di dollari entro il 2035, tenendo conto della crescita del settore e dell’inflazione. La cifra di 1.300 miliardi di dollari è, nella migliore delle ipotesi, fittizia».

Global Citizen: «L’obiettivo di 250 miliardi di dollari non è sufficiente»

22 novembre, ore 13:01 – Arrivano le prime reazioni alla bozza diffusa pochi minuti fa. Friederike Roder, VP Politica globale e advocacy, Global Citizen ha definito l’obiettivo di 250 miliardi di dollari riportato nel testo non sufficiente perché non rispetta quanto richiesto in termini di quantità e tempistiche. «Il peggio – ha aggiunto – è che i soldi ci sono e sono sul tavolo proposte che permetterebbero di scalare i finanziamenti a fondo perduto facendo pagare gli inquinatori. Una tassa minima del 2% su 3mila miliardari sarebbe sufficiente a raccogliere 250 miliardi di dollari all’anno sotto forma di sovvenzioni. Meglio di quanto offre il testo, visto che l’obiettivo dei 250 miliardi non è nemmeno chiaramente definito»

Arrivate le bozze dei documenti

22 novembre, ore 12:06 – Con più di tre ore di ritardo rispetto ai tempi prospettati, sono state pubblicate le nuove bozze, al momento al vaglio di osservatori, giornalisti e ONG.

I testi tardano ad arrivare

22 novembre, ore 10:23 – Le nuove bozze, attese inizialmente per le 9 ora italiana, ancora non sono state pubblicate. Segno che alla Cop29 si continua a trattare e che, evidentemente continuano a non mancare le difficoltà.

A minuti le nuove bozze su finanza climatica, mitigazione, adattamento e giusta transizione

22 novembre, ore 9:34 – Alla Cop29 si attendono le nuove bozze sulla finanza climatica, sul programma di lavoro sulla mitigazione, sull’obiettivo globale per l’adattamento e sulla giusta transizione. La presidenza ha fatto sapere che dovrebbero essere pubblicate a minuti.

cop29 baku 21 novembre

La finanza climatica tra Marshall e Scrooge

A Baku sono tutti stanchi. Questa mattina è uscita una bozza della decisione conclusiva della Cop29, un documento che però si limita a constatare che le posizioni delle parti sono diametralmente differenti. La conclusione della Cop29 non appare così vicina.

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Joseph Sikulu: «I Paesi ricchi paghino il loro debito, non è beneficienza»

21 novembre, ore 12:30 – Il Direttore della sezione Pacifico di 350.org Joseph Sikulu ha espresso la sua delusione per il testo: «Speravamo di vedere oggi una bozza che mostrasse le nazioni ricche smettere di parlare e mettere mano al portafogli per rispondere alle richieste del Sud globale. Quello che abbiamo ottenuto è un testo privo chiare garanzie sulle risorse finanziarie. Per garantire alle persone più colpite dai cambiamenti climatici una giusta transizione verso un futuro sicuro ed equo occorre non meno di mille miliardi di dollari all’anno».

Nuova Zelanda: «Molto delusi. Testo semplicemente non è utile per raggiungere un accordo o un risultato»

21 novembre, ore 11:13 – Il ministro per i Cambiamenti climatici della Nuova Zelanda Simon Watts in plenaria: «Il programma di lavoro sulla mitigazione è in stallo. Ci stiamo avvicinando alla metà di questo decennio critico e occorre dare risposte di alto livello». Watts ha anche espresso rammarico per la bozza sulla finanza climatica: «Siamo molto delusi. Il testo dell’NCQG semplicemente non è utile per raggiungere un accordo o un risultato. Molti Paesi, tra cui la Nuova Zelanda, hanno suggerito una serie di soluzioni ponte. Nessuna di queste è stata rappresentata nel testo. Abbiamo ancora 36 ore per agire. È necessario avere un senso di urgenza».

Stati insulari: «Non possiamo prendere una decisione che va contro l’Accordo di Parigi»

21 novembre, ore 11:08 – Anche Cedric Schuster, rappresentate di Samoa e portavoce dell’alleanza Aosis, che raccoglie le isole vulnerabili di Pacifico e Caraibi, demolisce la bozza giunta nella notte: «Il tempo dei giochi politici è finito. Non possiamo prendere una decisione che va contro l’Accordo di Parigi».

G77+Cina: «Abbiamo chiesto 1.300 miliardi di dollari l’anno ma i Paesi sviluppati non ci rispondono»

21 novembre, ore 11:06 – Esprime delusione in plenaria il rappresentante di Uganda e G77+Cina Adonia Ayebare: «Come Paesi del G77+Cina abbiamo presentato una cifra chiara di quello che serve ai Paesi in via di sviluppo per la finanza climatica: 1.300 miliardi di dollari all’anno. Ma c’è delusione fra di noi perché finora i Paesi sviluppati non hanno risposto». Ayebare ha anche sottolineato che «i Paesi sviluppati vogliono forzare il testo dell’Accordo di Parigi e imporre nuovi vincoli di mitigazione ai Paesi in via di sviluppo. Ma gli sforzi per combattere i cambiamenti climatici non devono ostacolare lo sviluppo delle nazioni».

Germania: «Profondamente delusi dal testo, non può essere questa la risposta»

21 novembre, ore 11:02 – La ministra dell’Ambiente tedesca Steffi Lemke ha commentato in plenaria la bozza: «Siamo profondamente delusi dal testo sulla mitigazione, non offre alcun progresso. Questa non può e non deve essere la nostra risposta alla sofferenza di milioni di persone nel mondo. Dobbiamo fare di meglio. Vogliamo vedere dei messaggi chiari sui prossimi impegni climatici».

Cosa dice (e soprattutto non dice) la nuova bozza sulla finanza climatica

La nostra analisi del testo arrivato nella notte. Qualche punto fermo, alcuni slalom e ancora tanti dubbi.

Hoekstra: testo «sbilanciato, inattuabile e inaccettabile»

21 novembre, ore 9:46 – Il Commissario europeo per il clima Wopke Hoekstra definisce la bozza ricevuta dai negoziatori «unbalanced, unworkable, unaccettable», sbilanciato, inattuabile e inaccettabile.

Ancora poco di definito. Mancano le cifre e l’elenco dei donatori

21 novembre, ore 9:20 – Ancora poco di definito alla Cop29, dove i Paesi più ricchi non hanno comunicato gli importi dei nuovi obiettivi di finanza climatica. Al momento sappiamo solo l’entità delle cifre, migliaia di miliardi. Per una definizione puntuale, però, si attende di capire quali siano i Paesi che parteciperanno ai finanziamenti. Nei giorni scorsi era trapelata l’indiscrezione di un obiettivo di 200 o 300 miliardi di dollari da parte dei Paesi Ue, cifra ritenuta insufficiente alla luce delle richieste dei Paesi in via di sviluppo e degli effetti dell’inflazione. Per la scarsa ambizione delle proposta, per il ricorso a prestiti piuttosto che a finanziamenti a fondo perduto, oltre che per l’eccessivo affidamento ai privati, l’Unione Europea ieri si è aggiudicata il titolo di fossile del giorno.

Dai Paesi più ricchi è emersa la proposta di includere tra i finanziatori anche una serie di economie emergenti con elevata capacità finanziaria ed elevate emissioni. Le modalità non sono ancora chiarite ma potrebbero basarsi sulla volontarietà.

Alcuni Paesi emergenti stanno già contribuendo al sostegno per il Sud globale. Sono Cina (4,5 miliardi di dollari l’anno); Corea del Sud (786 milioni di dollari nel 2020); Arabia Saudita (496 milioni di dollari nel 2020 e 6,6 miliardi di dollari in APS nel 2022); Singapore (5 miliardi di dollari in fondi di finanziamento nel 2023); Emirati Arabi Uniti (16,8 miliardi di dollari di finanziamenti più 30 miliardi di dollari di Alterra Fund) e Israele, Oman, Qatar e Russia.

cop29 baku 20 novembre

Oggi alla Cop29 è giornata di pagelle

Oggi da Baku il nostro Lorenzo Tecleme dà i voti all’influenza politica dei vari attori riuniti alla Cop29. come ne esce l’Europa? E gli Stati Uniti? La Cina? Ascolta l’episodio di oggi di Copcast per saperlo!

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Il fossile del giorno di oggi è l’Unione europea: «Nonostante le loro tasche profonde, non stanno facendo vedere i soldi»

20 novembre, ore 19:15 – Il fossile di oggi di Climate Action Network è l’Unione europea perché, secondo la rete, dovrebbe essere in prima linea nell’assumere impegni climatici per le elevate emissioni che ha prodotto storicamente che le hanno assegnato «un debito climatico con il Sud globale» che è ora di pagare. Al centro delle critiche all’Unione europea la cifra proposta dai negoziatori (200-300 miliardi di dollari l’anno), ritenuta «Davvero insufficiente». Questo perché, tendendo in considerazione l’inflazione, non aggiunge nulla all’obiettivo di 100 miliardi di dollari fissato 15 anni fa. 

Climate Action Network muove un’ulteriore critica. L’Ue, spiega una nota della rete, ha messo al centro del proprio piano il settore privato, dimostratosi storicamente inaffidabile. Anche se l’Unione sostiene pubblicamente di essere il maggior fornitore di finanziamenti ai Paesi vulnerabili, «oltre la metà dei finanziamenti internazionali dell’Ue per il clima viene mobilitata attraverso strumenti diversi dalle sovvenzioni, e non c’è da stupirsi che molti Paesi in via di sviluppo stiano affrontando le peggiori crisi del debito da quando esistono i dati».

Secondo Climate Action Network ci sarebbe in atto un tentativo di mescolare le carte: «Svezia e Ungheria stanno confondendo i confini tra i mercati delle emissioni e i finanziamenti climatici per i Paesi in via di sviluppo, e per noi questi sono tentativi di diffondere il colonialismo climatico». «L’obiezione dell’Ue all’inserimento di chiari sotto-obiettivi per l’adattamento e il loss&damage ostacola il raggiungimento dei finanziamenti da parte di chi ne ha più bisogno». 

La menzione di disonore di oggi va alla Svizzera, «uno dei Paesi più ricchi a livello globale e l’unico che ha indebolito il suo impegno nella dichiarazione di Glasgow firmata alla Cop26». Nonostante il loro impegno nei negoziati su mitigazione e genere, «è il loro silenzio sulle finanze che gli vale questa menzione disonorevole. I famosi franchi svizzeri mancano dal fondo per le perdite e i danni e i loro negoziatori non sono presenti nelle discussioni chiave sul quantum nell’NCQG. Per finire, la Svizzera, come l’Ue, è contraria ai sotto-obiettivi per la mitigazione, l’adattamento e le perdite e i danni». Il settore finanziario svizzero, spiega la rete, è responsabile di emissioni 18 volte superiori a quelle nazionali del Paese. Se fosse uno Stato, sarebbe il sesto emettitore al mondo. 

Decine di Paesi si impegnano: «Mai più centrali a carbone». Ma Cina, India e Stati Uniti non ci stanno

20 novembre, ore 15:16 – Decine di Paesi hanno preso l’impegno formale a non aprire più centrali elettriche a carbone. L’obiettivo di fare da apripista per una tendenza che si auspica divenga globale è stato assunto sia dalle economia più avanzate sia dai Paesi più poveri. L’impegno, sottoscritto tra gli altri da Regno Unito, Canada, Francia, Germania e Australia, non vede però l’adesione di attori fondamentali come Cina, India e Stati Uniti.

Il commissario europeo per il Clima Hoekstra: «La strada sarà una salita molto ripida»

20 novembre, ore 15:10 – A Baku continua il countdown verso la fine dei lavori, prevista tra due giorni. Il Commissario europeo per il clima Wopke Hoekstra ha sottolineato la difficoltà a trovare punti di incontro nel corso delle negoziazioni: «Sono sicuro che abbiamo davanti a noi lunghi giorni e ore. Sarà una salita molto ripida» .

Anche il Ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin ha evidenziato le criticità di questi giorni, definendo «colossali» e «non raggiungibili» le cifre richieste dai Paesi in via di sviluppo. «Si sta lavorando per trovare formulazioni che prevedano anche i fondi multilaterali e quelli privati – ha spiegato – e su come misurarli». Il ministro ha illustrato anche i problemi relativi al dossier sul mercato internazionale delle emissioni: «L’articolo prevede un registro dei crediti di carbonio complessivo, ma gli Stati Uniti non hanno un registro unico, ce li hanno i singoli stati. Sui questo – ha concluso – si sta tentando una soluzione»

Climate Action Network Francia: «Urgenza più grande che mai»

20 novembre, ore 13:01 – «Mancano quattro giorni alla fine della Cop29: dopo un G20 deludente, l’urgenza è più grande che mai», ha riassunto Gaïa Febvre, responsabile della politica internazionale del gruppo di Ong Climate Action Network, a Baku il 19 novembre.

Stasera alle 21 (ora italiana) le bozze dei documenti

20 novembre, ore 10:57 – Il capo negoziatore della Cop29 di Baku Yalchin Rafiyev è intervenuto in plenaria dettando i tempi della diffusione dei documenti su obiettivo di finanza climatica, giusta transizione, mitigazione, adattamento e dialogo UAE. Le istruzioni date ai negoziatori sono di concludere le consultazioni entro le 17 (le 14 in Italia). I testi saranno poi diffusi in serata, a mezzanotte di oggi. In Italia saranno le 21. Altre bozze, ha spiegato Rafiyev, verranno poi diffusi alle 7 del mattino di domani (le 4 in Italia). «Dopo aver diffuso i testi – ha concluso – daremo all’assemblea il tempo sufficiente per esaminarli».

Stiell: «Economie assediate dai disastri climatici. Nessuna nazione sta vincendo questa battaglia»

20 novembre, ore 10:47 –Il segretario esecutivo dell’Unfccc Simon Stiell ha messo le cose in chiaro. I prossimi impegni che i governi prenderanno in termini di riduzione delle emissioni (Ndc, Nationally Determined Contributions) saranno il documento politico più importante del secolo. «Saranno l’ultima fermata – ha detto Stiell – per ogni nazione nella sua lotta contro gli impatti climatici che diventano ogni anno più brutali.  E siamo chiari: nessuna nazione sta vincendo questa battaglia.  Tutte le economie sono assediate dai disastri climatici, che in alcuni Paesi hanno portato a una riduzione del PIL fino al 5%.  E sono le persone e le imprese a pagare il prezzo più alto».

cop29 baku 19 novembre

Michai Robertson (capo negoziatore delle nazioni insulari): «Il G20 non ha mostrato la leadership attesa»

19 novembre, ore 22:50 – Nella giornata di martedì in molti si sono chiesti alla Cop29 di Baku se la dichiarazione del G20 – che chiede di non ragionare più in miliardi ma in migliaia di miliardi sulla finanza climatica, ma senza dare indicazioni precise su chi dovrebbe pagare, chi ricevere e in che forma – sia stata un sostegno concreto ai negoziati in Azerbaigian o meno. L’impressione è che, fondamentalmente, il G20 non sia riuscito a fare di più. Ma di fronte a un’emergenza epocale, che può compromettere il futuro di intere generazioni, che sta già costando vite, capitali, infrastrutture, è lecito attendersi una risposta coordinata, forte, priva di ogni tentennamento. Il rischio, altrimenti, è anche nel buio anche le fiammelle possano apparirci come fari.

Lo sa bene Michai Robertson, capo negoziatore delle piccole nazioni insulari. Commentando il testo pubblicato dal G20 ha dichiarato: «La leadership che qualcuno sperava arrivasse dal G20 non si è realmente materializzata». «Hanno di fatto rimandato alla Cop29 la patata bollente», ha dichiarato Friederike Röder, dell’organizzazione non governativa Global Citizen, secondo la quale «il Brasile ci ha provato fino in fondo, ma il G20 non ha saputo seguirlo».

Agnès Pannier-Runacher: «Senza le Cop andremmo verso un riscaldamento globale di 5 gradi centigradi»

19 novembre, ore 22:00 – Le Cop servono ancora a qualcosa? La domanda è stata posta a più riprese nel corso degli ultimi anni. Soprattutto dopo la Cop25 di Madrid, conclusasi con un fallimento pressoché totale. In molti si chiesero se non fosse il caso di ripensare le Conferenze mondiali sul clima delle Nazioni Unite. E di recente un gruppo di scienziati ha rilanciato la richiesta di riformarne il meccanismo di funzionamento. Più che legittimo ragionare su miglioramenti e nuovi paletti, anche vista l’urgenza di affrontare la crisi climatica.

Ma le Cop hanno avuto dei meriti innegabili. Se esiste l’Accordo di Parigi, lo si deve alla Cop21. Se è esistito il Protocollo di Kyoto, lo si deve alla Cop3. Gli avanzamenti che sono stati compiuti negli ultimi anni, ancorché insufficienti e lontanissimi dal porre il clima della Terra in condizioni di sicurezza, sono stati raggiunti proprio grazie a questi summit. Agnès Pannier-Runacher, ministra della Transizione ecologica della Francia, lo ha spiegato a chiare lettere al quotidiano Les Echos. «Senza le Cop – ha detto – oggi saremmo su una traiettoria di riscaldamento globale di 5 gradi centigradi. Queste conferenze sono il solo luogo nel quale tutto il mondo è rappresentato. Sono un sistema potente, che dà armi anche alla società civile, alle associazioni, alle imprese, per spingere i governi ad agire».

La Cop29 tra G20, contentini e tanti dubbi

Ci si attendeva un grande impulso dai capi di Stato e di governo riuniti al G20 per salvare la Cop29, ma è arrivata una dichiarazione che non indica una direzione chiara sulla finanza climatica. E alla fine della Conferenza mancano tre giorni.

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Annalena Baerbock (ministra degli Esteri della Germania): «I negoziati a Baku sono tutt’altro che facili»

19 novembre, ore 14:45 – Mentre si è ormai giunti alla serata di martedì e mancano teoricamente solo tre giorni al termine della Cop29, non giungono impressioni positive da Baku. La ministra degli Esteri della Germania, Annalena Baerbock ha ammesso che «i negoziati sono tutt’altro che facili» e che «c’è ancora molto da fare». La responsabile della diplomazia tedesca ha aggiunto che «alla crisi climatica non interessano le tensioni geopolitiche né le date delle elezioni. Abbiamo effettuato numerosi cicli di negoziati, ma non siamo riusciti a porre le basi per un nuovo approccio sulla finanza climatica».

Si allarga la coalizione contro i sussidi ai combustibili fossili

19 novembre, ore 14:45 – Con l’ingresso di Regno Unito, Nuova Zelanda e Colombia, si allarga la coalizione COFFIS (Coalition on Phasing Out Fossil Fuel Incentives Including Subsidies). Lanciata alla Cop28 di Dubai, si propone di lavorare per eliminare gli incentivi ai combustibili fossili. Ora ha 16 membri in totale. Oltre ai tre nuovi ingressi, rimangono Austria, Antigua e Barbuda, Belgio, Canada, Costa Rica, Danimarca, Finlandia, Francia, Islanda, Lussemburgo, Paesi Bassi, Spagna e Svizzera. Tutti i paesi firmatari si sono impegnati ad arrivare alla Cop30 con un piano nazionale per la dismissione dei sussidi alle fonti fossili “inefficienti”, cioè non funzionali ad affrontare la povertà energetica o la transizione giusta.

Finanza climatica: l’Unione europea chiede impegno di 200-300 miliardi di dollari l’anno

19 novembre, ore 11:22 – I governi dell’Unione europea si starebbero confrontando sull’obiettivo di una cifra tra i 200 e i 300 miliardi di dollari l’anno a supporto dei Paesi più vulnerabili. Questo quanto rivelato dai funzionari di due Paesi dell’Unione europea a POLITICO. La richiesta sarebbe rivolta a tutte le economie più avanzate. Come riportato dalla testata, fino a ora i Paesi occidentali sono stati restii sul dichiarare pubblicamente un obiettivo in cifre. Sostengono, commenta POLITICO, «che anche la Cina, gli Stati del Golfo ricchi di petrolio e altri Paesi recentemente ricchi dovrebbero contribuire a riempire il piatto e affermano che mercanteggiare su una cifra finale è prematuro fino a quando non sarà definita la lista dei donatori».

Baku chiama, Rio non risponde

19 novembre, ore 9:48 – C’è aria di delusione alla Cop29, il chiaro segnale atteso dal G20 di Rio de Janeiro non è arrivato. Gli occhi erano puntati sulla giornata di ieri. Si attendeva che le potenze economiche si assumessero impegni chiari, certi e concreti per il supporto ai Paesi in via di sviluppo. La dichiarazione di Rio è invece rimasta sul vago, sostenendo la «necessità di catalizzare e incrementare gli investimenti da tutte le fonti e i canali per colmare il divario di finanziamento delle transizioni energetiche a livello globale». Non è stata recepita alcuna disponibilità a incrementare gli aiuti e il nodo principale di questa Cop al momento è ben lontano dall’essere sciolto. Anche il presidente della Conferenza Babayev si è detto preoccupato. 

Secondo Italian Climate Network il documento prodotto a Rio, pur individuando l’obiettivo di almeno mille miliardi di dollari come richiesto da Cina e G77, non stabilisce cifre precise, durata temporale dell’intervento e come esso vada strutturato, rimpallando la decisione alla Cop. Manca inoltre, secondo ICN, un passaggio sulla possibilità di allargare la base dei donatori a privati con forte capacità finanziaria. 

Secondo Luca Bergamaschi, co-direttore e co-fondatore di ECCO, manca anche una visione della transizione. «Il G20 vuole un accordo a Baku ed è pronto a fare la sua parte per riformare il sistema finanziario internazionale. Questa è una buona notizia. Tuttavia – ha dichiarato Bergamaschi – senza un chiaro percorso di uscita dai combustibili fossili, il mondo rimane su una traiettoria pericolosa. In vista del prossimo anno, questo è un avvertimento e una lezione per il Brasile, per evitare che gli interessi di singoli Paesi vadano a minare il processo della Cop30». Manca infatti del tutto un riferimento al transitioning away from fossil fuels, formula anodina ideata alla Cop28 di Dubai per trovare un compromesso sui combustibili fossili scongiurando il fallimento dei negoziati.

dichiarazione G20 rio
Un passaggio della dichiarazione finale del G20 di Rio de Janeiro, che non menziona la “transizione” dai combustibili fossili
cop29 baku 18 novembre

La Cop29 è a metà. Come la città di Baku

Le Flame Towers, le fiamme di Baku, sono tre grattacieli che dominano il panorama della capitale dell’Azerbaigian, in questi giorni sede della ventinovesima Conferenza mondiale sul clima delle Nazioni Unite. E rappresentano la combustione degli idrocarburi. 

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Mitigazione, nessun rinvio (per ora): i lavori continuano, annuncia la presidenza della Cop29

18 novembre, ore 19:08 – Mentre a Baku è ormai sera inoltrata, la prima giornata della seconda settimana di negoziati sul clima si chiude con poche notizie concrete. Una degna di rilievo è però arrivata dal presidente della Cop29 Mukhtar Babayev. Mentre, dopo una settimana di difficoltà enormi nel dialogo tra i delegati, si temeva il peggio, il Programma di lavoro per la mitigazione continuerà anche negli ultimi giorni della conferenza. Nessun rinvio al prossimo anno, dunque. Almeno per ora.

Nel frattempo, però, i negoziati restano difficilissimi. A dimostrarlo sono alcune scelte e alcuni dettagli. Sulle prime, Babayev ha fatto sapere: «Non stiamo avviando un processo per arrivare a una cover decision». Le questioni sul tavolo rimarranno dunque affrontate in testi separati. Per quanto riguarda invece i dettagli, interessante notare come alcuni governi abbiano ripetutamente citato il fatto che in un documento si indica che le emissioni dei Paesi più sviluppati dovrebbero aumentare dello 0,5% al 2030. Un dato difficilmente comprensibile, visto che le ultime proiezioni per quel gruppo di Paesi parlano di un calo del 13% nel periodo 2020-2030, come confermato da Carbon Brief. Ma a preoccupare è anche il fatto che si parli, appunto, del 2020 come punto di riferimento. Si tratta dell’anno del Covid, quando cioè le emissioni erano calate fortemente per via dei lockdown.

G20, il monito di Stiell: «Senza tagli alle emissioni sarà una carneficina economica»

18 novembre, ore 11:57 – Si è rivolto direttamente ai leader G20 Simon Stiell che, nel suo discorso di sabato scorso a Baku, ha rilanciato le più amare previsioni. «Senza tagli rapidi alle emissioni – ha detto – nessuna economia del G20 sarà risparmiata dalla carneficina economica causata dal clima». Il Segretario esecutivo della divisione cambiamento climatico dell’ONU ha sottolineato come gli impatti della crisi climatica «Stanno già devastando ogni economia del G20, distruggendo vite, colpendo catene di approvvigionamento e prezzi alimentari e alimentando l’inflazione».

Stiell ha inoltre sollecitato i leader del G20 ad assumere impegni climatici ambiziosi. «Il G20 – ha spiegato – è stato creato per affrontare problemi che nessun singolo Paese, o gruppo di paesi, può risolvere da solo. Sulla base di ciò, la crisi climatica globale dovrebbe essere la priorità numero uno a Rio la prossima settimana».

Guterres al G20: «Il fallimento della Cop29 non è un’opzione»

18 novembre, ore 9:35 – Ha portato le sue preoccupazioni anche a Rio de Janeiro il Segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres. Nel corso della conferenza stampa nella città sede del G20, ha sottolineato l’urgenza di trovare un accordo sulle risorse da destinare ai Paesi in via di sviluppo. La prima settimana a Baku si è conclusa con uno stallo nei negoziati, con i Paesi vulnerabili alla crisi climatica che chiedono all’Occidente di mobilitare almeno mille miliardi di dollari. «Un risultato positivo alla Cop29 – ha dichiarato Guterres – è ancora a portata di mano, ma richiede leadership e compromessi da parte dei Paesi del G20».

Martedì a Rio è prevista una sessione plenaria sul clima. È lì, secondo molti, che si giocherà la vera partita, e avrà effetti su Baku. Come sottolineato dal Segretario generale delle Nazioni Unite: «Chiedo ai leader del G20 di dare chiare istruzioni ai negoziatori di Baku per raggiungere un accordo assolutamente essenziale sul nuovo obiettivo finanziario globale a Baku e anche in Brasile».

Comincia la seconda settimana di negoziati

18 novembre, ore 8:35 – Alla Cop29 di Baku comincia la seconda settimana di negoziati, con una strada che appare in salita per le delegazioni riunite nella capitale azera.

cop29 baku 16 novembre

Negoziati in alto mare. E alla Cop29 si mugugna

Si è conclusa a Baku la prima settimana della Cop29, il nuovo round negoziale delle Nazioni Unite sul contrasto al riscaldamento globale. La prima metà del summit è passata, ma sul tavolo non c’è quasi niente di definitivo.

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La manifestazione silenziosa degli attivisti. Guterres ai giovani: «Anche io sono arrabbiato come voi»

16 novembre, ore 14:35 – Alla Cop29 di Baku manifestare non è vietato (come lo è sostanzialmente nella città di Baku). Ma la presidenza azera ha chiesto di non fare troppo rumore attorno alla sala dove si tengono le sessioni plenarie. Così, come racconta Lorenzo Tecleme, che per Valori.it segue la conferenza dall’Azerbaigian, gli attivisti hanno sfilato lo stesso, in silenzio: anziché scandirli, gli slogan li hanno scritti sui manifesti.

Il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres ha incontrato alcuni di loro manifestando il proprio sostegno e la propria comprensione: «Avete tutto il diritto di essere arrabbiati, sono arrabbiato anch’io».

Presentata la dichiarazione sull’azione digitale verde

16 novembre, ore 14:00 – Per la prima volta, una Conferenza delle parti sul clima prevede una giornata tematica dedicata alla digitalizzazione. È l’occasione per lanciare la Green Digital Action Declaration, i cui firmatari si impegnano innanzitutto ad abbassare l’enorme impatto ambientale delle tecnologie digitali, ma anche a sfruttarne le potenzialità per la mitigazione delle emissioni e l’adattamento ai cambiamenti climatici. La dichiarazione cita per esempio i sistemi per il monitoraggio delle condizioni meteo, le previsioni, i meccanismi di allerta preventiva. I firmatari si impegnano anche a collaborare per l’innovazione, la ricerca e lo sviluppo, a condividere best practices e a rendere accessibili tali tecnologie anche ai paesi più vulnerabili.

Le emissioni reali di metano sono largamente superiori a quelle ufficiali nei principali giacimenti

16 novembre, ore 13:20 – Se qualcuno si stesse chiedendo come sia possibile che nonostante alcune azioni sul clima la temperatura media globale continui ad aumentare, così come le concentrazioni di gas ad effetto serra nell’atmosfera, c’è una risposta in più rispetto a quella più semplice. Quest’ultima, ovviamente, è relativa al fatto che quell’azione climatica è largamente insufficiente.

Ma c’è un altro problema, che è stato rivelato dall’Environmental Defense Fund: mentre i negoziati alla Cop29 sono in pieno svolgimento, ha rivelato le prime immagini scattate dal satellite MethaneSat. Le osservazioni hanno permesso di stabilire che il totale delle emissioni visibili attorno ai principali giacimenti negli Stati Uniti, in Venezuela e nel Mar Caspio è nettamente superiore rispetto alle cifre ufficiali fornite da gestori e governi. Il quantitativo disperso nell’atmosfera terrestre è da tre a dieci volte superiore. Di seguito un esempio.

Nuova bozza sul fondo Ncqg: centinaia di punti ancora privi di accordo nel testo

16 novembre, ore 13:00 – Un piccolo “giallo” ha caratterizzato il pomeriggio di venerdì 15 alla Cop29. Un nuovo draft è stato infatti pubblicato dall’Unfccc, e un primo sguardo aveva lasciato immaginare enormi passi avanti: il numero di pagine risulta infatti sceso da 33 a 25, con un numero di opzioni pari a 43. Soprattutto, le parentesi quadre (che nel “linguaggio” dei documenti negoziali indicano i punti di disaccordo) erano scese da 240 a 23.

Una situazione decisamente meno critica, insomma, anche se comunque nel testo rimanevano irrisolte le questioni principali legate al nuovo meccanismo di raccolta fondi per il clima (l’Ncqg), in particolare sulla struttura, sull’ammontare complessivo, su chi debba essere chiamato a pagare. Un’analisi più attenta della bozza ha però sopito lo slancio di ottimismo: non si sa precisamente per quale motivo, ma nel nuovo testo, assieme alle parentesi quadre si è deciso di utilizzare anche quelle graffe. E il risultato è che le parentesi non sono scese a 23, ma salite addirittura a 409, come confermato da un’analisi di Carbon Tracker.

cop29 negoziati
cop29 baku 15 novembre

A Baku non si può protestare. Ma alla Cop29 sì

L’Azerbaigian non è una nazione amica delle proteste. Il regime autocratico di Aliyev non ammette quasi per nulla il dissenso. Tuttavia, i luoghi delle Cop sono extranazionali, affidati alle Nazioni Unite. Così, dentro la Cop29 si può parlare perfino di embargo energetico contro Israele per il genocidio in corso a Gaza.

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Segretario Energia UK: «L’energia rinnovabile è inarrestabile»

15 novembre, ore 20:20 – Il Segretario dell’Energia del Regno Unito Ed Miliband ha rilanciato il proprio Paese come guida globale nella riduzione delle emissioni di gas serra e nell’aumento degli aiuti ai paesi poveri. «L’energia rinnovabile ormai è inarrestabile – ha dichiarato – e nessun governo o Paese può impedire che questa transizione avvenga».

L’Argentina sta meditando il ritiro dall’Accordo di Parigi

15 novembre, ore 18:50 – L’Argentina potrebbe essere la seconda nazione al mondo ad uscire dall’Accordo di Parigi, allineandosi in questo senso a quanto potrebbe fare il presidente eletto degli Stati Uniti, che avrebbe già pronto un decreto esecutivo a tale scopo. La notizia è stata riportata dal New York Times, al quale ha parlato il ministro degli Esteri della nazione sudamericana, Gerardo Werthein. La motivazione è un’aperta ammissione di negazionismo climatico, se non sull’esistenza del riscaldamento globale, per lo meno sulla sua origine antropica. Secondo il membro del governo ultra-conservatore argentino, infatti, i dubbi sono dettati su ciò che stia realmente provocando i cambiamenti climatici.

Unep alla Cop29: solo l’1% delle perdite di metano viene riparato

15 novembre, ore 17:05 – Un report del Programma ambientale delle Nazioni Unite presentato a Baku fa luce sull’incapacità globale di rispondere alle perdite di metano in atmosfera. Solo l’1% delle perdite notificate trova riscontro e riparazione, il resto è tutto gas disperso nell’aria. Un gas particolarmente insidioso: il metano è secondo, per incidenza, sul riscaldamento globale, dopo la CO2. A differenza dell’anidride carbonica, però, è molto più influente sul breve periodo: 80 volte più potente. Non a caso, è necessario diminuirne le emissioni tra il 40 e il 45% entro il 2030.

Solo nell’ultimo anno e mezzo, tuttavia, le segnalazioni di perdite ad aziende e stati sono state più di 1.200 e appena 15 di queste (l’1%) ha trovato riscontro e riparazione. Qualche progresso, secondo l’Unep, c’è stato di recente, con la chiusura di una fuga di gas in Algeria che liberava, da oltre un decennio, emissioni equivalenti a quelle di più di mezzo milione di automobili in un anno. In Nigeria una perdita segnalata da sei mesi ha liberato l’equivalente di quanto producono 400mila auto in un anno ma, segnala il documento, è stata riparata in due settimane con la sostituzione dei pezzi difettosi dell’impianto.

Negli ultimi cinque anni le concentrazioni di metano in atmosfera sono cresciute con una velocità inedita.

Legambiente: dall’Italia 78 miliardi di euro in sussidi alle fonti fossili

15 novembre, ore 16:39 – Mentre a Baku proseguono i lavori della Cop29, in Italia oggi arriva un altro attacco alle politiche fossili del governo. Stavolta a cantare è stato il cigno verde: un nuovo rapporto di Legambiente svela che nel 2023 il nostro Paese ha speso più di 78 miliardi di euro in Sussidi ambientalmente dannosi. I finanziamenti, corrispondenti al 3,8% del Pil, sono stati erogati a progetti e attività legati alle energie fossili. Il settore che ha ricevuto maggiori fondi è proprio quello energetico, che ha incassato 43,3 miliardi di euro. Seguono quello dei trasporti e l’edilizia. Negli ultimi 13 anni, spiega l’organizzazione, i Sad hanno superato i 383 miliardi di euro.

«Riformiamo le Cop, così non servono a niente»

15 novembre, ore 16:30 – A Baku arriva una lettera aperta, firmata da 20 ex leader politici, scienziati ed esperti di clima. Al centro del testo la necessità di cambiare l’attuale struttura delle Cop che «non è in grado di produrre il cambiamento a velocità e scala esponenziali, che è essenziale per garantire un approdo climatico sicuro per l’umanità». 

Tra i firmatari anche l’ex capo dell’Unfccc Christiana Figueres e l’ex segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon. Insieme agli altri autori del testo hanno sottolineato l’urgenza di passare dagli eterni negoziati degli ultimi anni all’attuazione, così da accelerare il percorso verso la transizione energetica e l’eliminazione delle energie fossili. 

Nei giorni scorsi, riporta Reuters, c’erano stati appelli nella stessa direzione. La Prima Ministra delle Barbados Mia Mottley aveva chiesto una riforma urgente delle Conferenze, mentre il capo di governo albanese Edi Rama ha sottolineato il disinteresse dei leader per le discussioni in corso. 

Il 60% dei partecipanti alla Cop29 è composto da uomini

15 novembre, ore 9:50 – La conta delle presenze alla Cop29 di Baku lascia poco spazio ai dubbi: sono tutti uomini. Il 12 e il 13 novembre nella capitale dell’Azerbaigian, nel corso dei lavori della Conferenza, c’è stato il “Vertice dei leader”. 9 le donne presenti, a fronte di 73 uomini. Otto le donne immortalate, sommerse in un mare di cravatte, nella foto tra le più alte cariche presenti ai negoziati.  I partecipanti accreditati alla Conferenza sono 52mila (a fronte dei 72mila dichiarati da Aliyev. Di questi è donna il 39,6%.  Eppure, come sottolineato dalla rappresentante della rete internazionale Inforse Judit Szoleczky, «Le donne sono più vulnerabili degli uomini ai cambiamenti climatici. Le loro voci devono essere ascoltate».

Il gap si sta verificando soprattutto tra le persone invitate dall’Azerbaigian, per il 70% uomini. Sono uomini anche il 64% dei giornalisti e gran parte dei membri delle delegazioni nazionali: di 17.680 rappresentanti, sono 6.100 le donne. Delle 1.128 partecipazioni legate alle Nazioni Unite il 54% è composto da donne. Come quasi in parità sono le donne rappresentanti delle Ong di tutto il mondo: sono il 48% dei 10mila relatori. 

cop29 baku 14 novembre

Geopolitica, gas e tassisti

Alla Cop29 di Baku pesa molto anche la geopolitica, in una nazione che ha una serie di amici – l’Italia è un partner fondamentale per l’Azerbaigian – e non pochi nemici. A cominciare dalla Francia, con la quale il botta e risposta a distanza è stato tale da convincere il ministro dell’Ambiente di Parigi a rinunciare a partecipare alla conferenza.

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Anche sui mercati dei carbon credit il lavoro da fare resta molto

14 novembre, ore 18:11 – Come spiegato ai propri lettori da Valori.it, la prudenza sulla questione del mercato dei carbon credit è d’obbligo. Sebbene al primo giorno della conferenza i vertici della Cop29 abbiano presentato i primi passi avanti come un accordo sostanzialmente completo e definitivo, il lavoro da fare resta ancora moltissimo. Lo dimostrano tre nuove bozze che sono state presentate nel pomeriggio di oggi: parliamo di un totale di 51 pagine, dalle quali emergono 499 punti sui quali non c’è accordo e 130 opzioni ancora sul tavolo.

Qui i link alle tre bozze:

Le banche per lo sviluppo si impegnano per 120 miliardi di dollari all’anno

14 novembre, ore 16:20 – I finanziamenti ai Paesi a basso e medio reddito da parte delle banche multilaterali per lo sviluppo arriveranno a 120 miliardi di dollari l’anno entro il 2030. L’impegno è stato assunto pubblicamente alla Cop29 con una nota firmata da African Development Bank Group, Asian Development Bank, Asian Infrastructure Investment Bank, Council of Europe Development Bank, European Bank for Reconstruction and Development, European Investment Bank, Inter-American Development Bank, Islamic Development Bank, New Development Bank, World Bank Group.

Stabilita anche l’entità del finanziamento annuale ai Paesi ad alto reddito: 50 miliardi, di cui 7 per l’adattamento. Saranno inoltre aggiunti ulteriori 65 miliardi provenienti dal settore privato.

Greta Thunberg: la Cop29 in Azerbaigian frutto di «ipocrisia e doppi standard»

14 novembre, ore 16:08 – Ha deciso di non partecipare al vertice ma non ha fatto mancare la propria voce. L’attivista svedese Greta Thunberg è intervenuta a proposito della Cop29 dall’Armenia, dove sta partecipando a una rassegna di eventi parallela alla Conferenza di Baku. Thunberg ha contestato la scelta dell’Azerbaigian come sede della Cop29. Il Paese, ha dichiarato, «esercita repressione e vuole aumentare la produzione di combustibili fossili». L’attivista ha criticato duramente il Paese: «La pulizia etnica di cui è responsabile l’Azerbaigian – ha dichiarato – le difficoltà e le sofferenze provate da molti armeni a causa dell’aggressione militare dell’Azerbaigian, le torture e gli spostamenti forzati dei prigionieri e degli ostaggi, le atrocità fisiche e psicologiche che hanno subito sono del tutto inaccettabili».

Tassare plastica e criptovalute per sbloccare risorse per il clima

14 novembre, ore 14:54 – Una “tassa globale di solidarietà” imposta sui settori più inquinanti per sbloccare risorse da destinare al clima e sostenere i Paesi in via di sviluppo. È quanto propone una task force internazionale composta da 17 Paesi capeggiati da Francia, Kenya e Barbados. Nello specifico, si potrebbero rastrellare circa 350 miliardi di dollari all’anno dal settore marittimo, dall’aviazione e dai combustibili fossili; 5,2 miliardi dalle criptovalute, in virtù degli enormi consumi di energia connessi al mining; tra i 25 e i 35 miliardi all’anno dalla plastica. «Parti consistenti del sistema economico inquinano il Pianeta ma contribuiscono poco alle finanze pubbliche, allo sviluppo e alla mitigazione dei cambiamenti climatici», si legge nel rapporto pubblicato durante la Cop29 di Baku.  

«Per la finanza climatica servono 6.500 miliardi di dollari l’anno»

14 novembre, ore 14:42 – La giornata tematica dedicata a finanza, investimenti e commercio è anche quella in cui il Gruppo di esperti indipendenti di alto livello sulla finanza climatica (Ihleg) – presieduto da Amar Bhattacharya, Vera Songwe and Nicholas Stern – pubblica il suo rapporto, giunto alla terza edizione. Secondo tali stime, servono 6.500 miliardi di dollari all’anno fino al 2030 per raggiungere gli obiettivi climatici, di cui 2.700-2.800 miliardi nelle economie avanzate, 1.300-1.400 in Cina e 2.300-2.500 in altre economie emergenti e in via di sviluppo. Le cifre sono importanti, ma il rapporto tiene a sottolineare quanto il costo dell’inazione sia ben più alto. «Meno facciamo ora, più dovremo investire successivamente. Un’azione ritardata implica la necessità di mobilitare somme ancora maggiori in tempi più brevi per recuperare sugli obiettivi più importanti».

Pubblicata la prima bozza su clima e parità di genere

14 novembre, ore 12:35 – È stata pubblicata la prima bozza di testo su clima e parità di genere alla Cop29. Contiene ben 125 parentesi quadre, ovvero passaggi sui quali non c’è accordo. E ciò in soltanto sette pagine di testo. Senza contare altre opzioni presenti nel documento, indicate attraverso i “bis” o i “ter”. Si confermano le grandi difficoltà nei negoziati di Baku.

Da Dubai a Baku le imprese oil&gas hanno boicottato la transizione energetica

14 novembre, ore 8:13 – Le imprese fossili hanno messo in campo false narrazioni per boicottare la transizione energetica. Lo sostiene il gruppo d’inchiesta InfluenceMap, che ha mappato 2.400 interventi, a partire dalla Cop28 fino all’apertura della Cop29. False notizie, narrazioni basate sulla visione pessimistica che abbandonare i fossili costi troppo o su quella ottimistica per cui il loro impiego può essere salvato grazie alla tecnologia. Idee false in entrambi i casi, diffuse da grandi compagnie che ne avevano tutti gli interessi economici. Tra queste l’Australian Energy Producers, l’American Gas Association (AGA), e aziende e gruppi presenti in genere alle Conferenze per il clima come Petrobras, TotalEnergies, Eni, Shell, Exxon, Chevron, AGA, American Petroleum Institute, Instituto Brasileiro de Petróleo e Gás e International Gas Union.

L’Argentina di Milei ritira la propria delegazione

14 novembre, ore 00:55 – Il presidente ultra-conservatore dell’Argentina Javier Milei ha ordinato ai delegati presenti alla Cop29 di lasciare la conferenza e tornare in patria. A renderlo noto è stato il quotidiano Clarin, prima che la conferma ufficiale arrivasse da una sottosegretaria all’Ambiente, Ana Lamas. Tornano dunque in Argentina quattro delegati che erano stati inviati dal ministero degli Esteri.

Enormi divisioni tra i governi a Baku

14 novembre, ore 00:45 – Un’informal note pubblicata nella serata di mercoledì mostra la grandissima distanza esistente tra gruppi di Paesi nei negoziati di Baku. Sul dialogo stabilito alla fine della Cop28 di Dubai si sta ancora discutendo perfino sul cosa sia il dialogo stesso, a cosa serva, quanto debba durare e con quali obiettivi. Approfondisci leggendo questo articolo.

cop29 baku 13 novembre

Meloni, Yunus, papa Francesco e un mondo diviso alla Cop29

Oggi a Baku sono intervenuti diversi leader, tra cui Giorgia Meloni, Christine Lagarde e Muhammad Yunus. Tra posizioni scontate (Meloni e “l’approccio ideologico” alla crisi climatica) e altre meno (come Lagarde che riconosce l’insufficienza delle risorse messe a disposizione fin qui per la lotta al riscaldamento globale).

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Legambiente: «Quello che ha detto Giorgia Meloni è quello che dicono le aziende energetiche del gas»

13 novembre, ore 15:55 – Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente, ha definito l’intervento della Presidente del Consiglio Giorgia Meloni influenzato dalle ingerenze di lobby energetiche. «Nel nostro Paese – ha dichiarato – le lobby del vecchio sistema energetico, penso alle lobby del gas, incidono molto sulle politiche. E, infatti, stiamo trasformando l’Italia, quello che potrebbe essere l’hub energetico delle rinnovabili per tutta Europa, perché abbiamo tanto sole e tanto vento, nell’hub del gas».

Ciafani ha attaccato anche le relazioni politiche e commerciali del governo: «Saranno ben felici coloro che il gas ce lo vendono. Penso agli algerini, ai libici, agli egiziani, ai qatarini. Penso all’Azerbaigian. Tutti Paesi che non sono così stabili politicamente, e penso anche agli Stati Uniti con la nuova amministrazione Trump. Quando si dice che abbiamo finalmente risolto il problema del gas russo è vero. Ma ci siamo legati a tanti altri Paesi che sotto il punto di vista politico non sono così stabili».

Le ong denunciano l’aumento degli investimenti in combustibili fossili

13 novembre, ore 15:45 – Un report della ong tedesca Urgewald mostra la crescita di investimenti in energie fossili. Risorse che potrebbero essere invece destinate ai Paesi vulnerabili alla crisi climatica. «Nel 2023 – riporta il documento – è stato raggiunto il record storico di produzione di idrocarburi. E negli ultimi tre anni il 61% degli investimenti è stato destinato all’esplorazione di nuovi giacimenti». Lo studio denuncia il fatto che 578 imprese fossili tra cui Saudi Aramco, Qatar Energy, ExxonMobil, Petrobras e TotalEnergies «hanno annunciato l’intenzione di sfruttare 239,3 miliardi di barili di petrolio equivalente di nuove risorse nei prossimi sette anni».

Anche Global Witness aveva già presentato alla Cop29 un suo rapporto sul fatto che le 30 compagnie petrolifere più grandi al mondo, dalla firma dell’Accordo di Parigi (2015), hanno registrato in media 400 miliardi di dollari l’anno di flusso di cassa. La stessa cifra, riflette la ong, «dovrebbe essere considerato il minimo per il finanziamento delle perdite e dei danni necessari ogni anno ai Paesi in via di sviluppo». Entro il 2030 i danni climatici potrebbero arrivare a costare 600 miliardi di dollari l’anno.

Cop29, Greenpeace: «Meloni mente sapendo di mentire»

13 novembre, ore 13:00 – Sulla mancanza di alternative alle fonti energetiche fossili la premier italiana «mente sapendo di mentire. Il suo discorso sembra scritto da Eni». Ad affermarlo è stata Chiara Campione, di Greenpeace Italia. Secondo la quale la Giorgia Meloni ignora volutamente le energie rinnovabili come strada per uscire dalla crisi climatica. Abbracciando invece «la retorica ingannevole con cui il colosso italiano del gas e del petrolio cerca di bloccare ogni possibilità di cambiamento nel nostro Paese».

Papa Francesco: «Il debito ecologico e debito estero sono due facce della stessa medaglia»

13 novembre, ore 12:55 – Con un messaggio riportato dal segretario di Stato della Santa Sede Parolin, anche Papa Francesco ha preso la parola a Baku. Il pontefice ha sottolineato la necessità di supportare i Paesi in vulnerabili. E «sforzarsi di trovare soluzioni che non compromettano ulteriormente lo sviluppo e la capacità di adattamento di molti Paesi già gravati da un debito economico paralizzante». Per farlo, sottolinea il Papa, occorre trasformare le responsabilità presenti in impegni per il futuro, «in modo che un nuovo obiettivo collettivo sui finanziamenti per il clima, tra i più urgenti di questa Conferenza, possa emergere da queste settimane».

Il Premio Nobel Yunus: «Abbiamo scelto uno stile di vita che lavora contro il Pianeta»

13 novembre, ore 12:50 – Il consulente capo del governo del Bangladesh, l’economista Muhammed Yunus, fondatore della banca Grameen per il microcredito, premio Nobel per la pace 2006, nel suo intervento ha parlato della necessità di un cambio di rotta che, come civiltà, ci è imposta. Il nostro attuale stile di vita, ha spiegato, richiede un consumo illimitato di risorse. «Serve uno stile di vita diverso – ha continuato – basato su zero rifiuti, niente fonti fossili, solo rinnovabili, economia sociale e zero disoccupazione».

La High Ambition Coalition: «Raddoppiare la solidarietà»

13 novembre, ore 12:50 – I 25 capi di Stato e di governo, aderenti alla High Ambition Coalition (Hac) presentano una dichiarazione congiunta alla Cop29 in cui riconoscono la necessità di «raddoppiare il nostro impegno alla solidarietà globale, e trovare il denaro per venire incontro alle crescenti necessità del pianeta». I rappresentanti di Unione europea, Germania, Francia, Spagna, Canada, Kenya, Zambia, Cile, Colombia e numerosi piccoli Stati insulari sottolineano l’impegno assunto di «accelerare la transizione dalle fonti fossili» per proteggere gli ecosistemi, le economie, il patrimonio culturale e i diritti umani.

Meloni: «Proteggere la natura ma con approccio pragmatico, non ideologico»

13 novembre, ore 9:20 – Giorgia Meloni è intervenuta alla Cop29 riportando gli sforzi dell’Italia nel contrasto alla crisi climatica. «Stiamo già destinando all’Africa una parte consistente del budget di oltre quattro miliardi di euro del nostro Fondo per il Clima – ha detto –. E continueremo a sostenere iniziative come il Fondo Verde per il Clima e il Fondo per le perdite e i danni. Così come continueremo a promuovere il coinvolgimento delle Banche Multilaterali di Sviluppo». La Presidente del Consiglio ha ribadito la posizione del governo sulla necessità di un mix energetico che includa anche biocarburanti e fusione nucleare. «Non c’è una sola alternativa alle fossili», ha dichiarato: la protezione della natura deve vedere «l’uomo al centro, con un approccio non ideologico ma pragmatico».

Lagarde: «Il divario tra fondi ed esigenze di adattamento sta crescendo»

13 novembre, ore 9:04 – La Presidente della Banca Centrale Europea Christine Lagarde sottolinea la necessità di aumentare i fondi per l’adattamento. Il «divario di finanziamento », ha spiegato, tra gli investimenti previsti e il fabbisogno di finanziamento si sta allargando. La domanda di fondi è più del 50% di quella stimata, e almeno 18 volte superiore agli impegni attuali. L’intervento della presidente, in un articolo sul Financial Times e sul sito della Bce, richiede una «triplicazione degli investimenti in energia pulita entro il 2030» e sottolinea il legame tra l’inazione climatica e i recenti eventi catastrofici in Spagna e in Nord America e la siccità in Amazzonia che «Stanno distruggendo le fondamenta delle nostre economie e la base della nostra sopravvivenza economica».

cop29 baku 12 novembre

Dalla Cina a ExxonMobil, le preoccupazioni per le conseguenze della vittoria di Trump si moltiplicano

12 novembre, ore 23:50 – Non solo organizzazioni non governative ecologiste. La vittoria del repubblicano Donald Trump negli Stati Uniti, con la probabile seconda uscita della nazione nordamericana dall’Accordo di Parigi, sta suscitando manifestazioni di inquietudine in tutto il mondo. Anche inaspettate. L’inviato speciale per il clima della Cina, Liu Zhenmin ha dichiarato alla Cop29: «La situazione internazionale è cambiata profondamente. E siamo anche preoccupati sugli Stati Uniti dopo l’esito delle elezioni».

La Cina, d’altra parte è ancora fortemente legata ai combustibili fossili, carbone incluso, ma sta anche investendo somme gigantesche nelle fonti rinnovabili. Decisamente più sorprendente è stata la presa di posizione di un portavoce della compagnia petrolifera ExxonMobil. Che parlando alla Cnn ha spiegato che «gli Stati Uniti farebbero un errore ad uscire una seconda volta dall’Accordo di Parigi, poiché minerebbero gli sforzi nazionali per ridurre le emissioni di gas ad effetto serra e quelli internazionali di combattere i cambiamenti climatici». Sincera preoccupazione o astuta operazione di marketing?

Il presidente dell’Azerbaigian Aliyev: «Petrolio e gas doni di Dio»

12 novembre, ore 23:20 – Che la Cop29 si giocasse in trasferta per tutti coloro che sperano in un’azione seria, immediata e drastica sul clima lo si sapeva da tempo. L’Azerbaigian è una nazione i cui proventi sono assicurati per quasi la metà dalle esportazioni di petrolio e di gas. Ma che il presidente della nazione ospitante si lanciasse in un elogio sperticato delle due fonti fossili, principali responsabili dei cambiamenti climatici assieme al carbone, definendole «doni di Dio» non era scontato. Ilham Aliyev ha anche messo sullo stesso piano gli idrocarburi e «vento, sole, oro, argento, rame: sono tutte risorse naturali e non si può puntare il dito contro le nazioni che le portano sul mercato».

L’Ue presenta la sua roadmap sul metano

12 novembre, ore 23:01 – L’Unione europea ha presentato una roadmap con l’obiettivo di abbattere le emissioni di metano, gas ad effetto serra che permane nell’atmosfera terrestre molto meno a lungo della CO2, ma che presenta un potere climalterante molto maggiore. In particolare, il piano prevede di lavorare alla riduzione delle emissioni associate alla produzione e al consumo di combustibili fossili. Ma dà anche ai Paesi che importano o esportano questi ultimi modelli di riferimento per monitorare e rendicontare le loro emissioni.

Copcast, 12 novembre. Riavvolgiamo il nastro

La ventinovesima Conferenza mondiale sul clima delle Nazioni Unite, la Cop29, è ufficialmente iniziata a Baku, in Azerbaigian. Quest’anno, al centro delle discussioni ci saranno soprattutto le questioni legate alla finanza climatica. Ovvero agli stanziamenti che occorre prevedere per mitigare i cambiamenti climatici e per adattarsi agli impatti da essi derivanti.

Ma come siamo arrivati fin qua? Ce lo spiega Lorenzo Tecleme in Copcast, il diario della Cop29 di Baku.

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Il Regno Unito si impegna a ridurre le emissioni dell’81%

12 novembre, ore 17:20 – Il Regno Unito, nel secondo giorno della Cop29 di Baku, si è impegnato a ridurre «di almeno l’81%» le proprie emissioni di gas ad effetto serra, entro il 2035, rispetto ai livelli del 1990. Si tratta di una notizia certamente positiva, annunciata dal primo ministro laburista Keir Starmer. «Un problema mondiale necessita però di una partnership mondiale e di una cooperazione internazionale responsabile», ha dichiarato il premier britannico, esortando «tutti i governi a presentare obiettivi ambiziosi».

Il report: gli eventi meteorologici estremi sono costati 2mila miliardi di dollari in dieci anni

12 novembre, ore 14:50 – Uno studio della Camera di Commercio Internazionale rivela che gli eventi meteorologici estremi legati alla crisi climatica sono costati all’economia globale oltre 2mila miliardi di dollari nell’ultimo decennio. Solo tra il 2022 e il 2023 le perdite ammontavano a 451 miliardi di dollari. Gli Stati Uniti del neopresidente negazionista Donald Trump i più colpiti. Forte anche l’impatto sui paesi via di sviluppo, dove un singolo evento estremo arriva ad avere costi superiori al PIL annuale.

Il presidente dell’Azerbaijan Ilham Aliyev: «Petrolio e gas sono un dono di Dio»

12 novembre, ore 14:10 Il presidente azero sul palco principale della Cop29 risponde alle critiche di chi aveva contestato l’organizzazione della Conferenza proprio in un petrolstato. Nella plenaria, prima di passare la parola ai diversi capi di stato, Aliyev ha ribadito l’intenzione di sfruttare le risorse fossili a disposizione dell’Azerbaijan, contro «i doppi standard, l’abitudine di fare la predica agli altri Paesi e l’ipocrisia politica sono diventati una sorta di modus operandi per alcuni politici, ONG controllate dallo Stato e media».

Stiell: «La cooperazione internazionale è l’unico modo in cui l’umanità può sopravvivere»

12 novembre, ore 11:50 Il segretario esecutivo dell’United Nations Climate Change Conference Simon Stiell ha sottolineato l’urgenza di rispondere alla crisi climatica, che sta diventando «killer dell’economia». I disastri – ha spiegato – stanno facendo crescere i costi per famiglie e imprese, e la priorità dei decisori politici dovrebbe essere abbattere questi costi con azioni incisive. Non solo per salvare vite ed economie. Un’azione climatica più coraggiosa significa, infatti, «Più posti di lavoro, più crescita, meno inquinamento che soffoca le città, cittadini più sani e imprese più forti». L’appello di Stiell è rivolto ai cittadini, affinché pretendano dai negoziatori dei propri paesi di «Saltare le pose e passate direttamente alla ricerca di un terreno comune». «La cooperazione internazionale – ha concluso – è l’unico modo in cui l’umanità può sopravvivere al riscaldamento globale».

Guterres: «La finanza per il clima non è carità, è un investimento»


12 novembre, ore 11:30 – Il segretario Generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres invoca lo stop ai combustibili fossili ed elenca tre priorità per le negoziazioni della Cop29.

«Alla Cop28, tutti voi avete deciso di abbandonare i combustibili fossili; accelerare i sistemi a energia netta zero, fissando delle tappe fondamentali per arrivarci; di incrementare l’adattamento al clima; e di allineare la prossima serie di piani climatici nazionali a livello economico – o NDC – al limite di 1,5 gradi. È tempo di fare i conti. […]

Vi invito a concentrarvi su tre priorità. In primo luogo, la riduzione d’emergenza delle emissioni. Per limitare l’aumento della temperatura globale a 1,5 gradi Celsius, dobbiamo ridurre le emissioni globali del 9% ogni anno. Entro il 2030, dovranno diminuire del 43% rispetto ai livelli del 2019. In questa COP, dovete concordare regole per mercati del carbonio equi ed efficaci che sostengano questa lotta. […] Entro la prossima COP, dovrete presentare nuovi piani d’azione nazionali per il clima a livello economico. […]

In secondo luogo, dovete fare di più per proteggere il vostro popolo dalle devastazioni della crisi climatica. I più vulnerabili sono abbandonati agli estremi climatici. Il divario tra le esigenze di adattamento e i finanziamenti potrebbe raggiungere i 359 miliardi di dollari all’anno entro il 2030. Questi dollari mancanti non sono astrazioni di un bilancio: sono vite umane sottratte, raccolti persi e sviluppo negato. Ora più che mai le promesse finanziarie devono essere mantenute. I Paesi sviluppati devono accelerare i tempi per raddoppiare i finanziamenti per l’adattamento, portandoli ad almeno 40 miliardi di dollari all’anno entro il 2025. […]

La terza priorità è la finanza. I Paesi in via di sviluppo desiderosi di agire si trovano ad affrontare molti ostacoli: scarsi finanziamenti pubblici, costo del capitale esorbitante, disastri climatici devastanti e servizio del debito che assorbe i fondi. […] La Cop29 deve abbattere i muri dei finanziamenti per il clima. I Paesi in via di sviluppo non devono lasciare Baku a mani vuote. Un accordo è d’obbligo. Abbiamo bisogno di un nuovo obiettivo finanziario che sia all’altezza del momento.

Cinque elementi sono fondamentali per il successo. Primo, un aumento significativo dei finanziamenti pubblici agevolati. In secondo luogo, una chiara indicazione di come la finanza pubblica mobiliterà le migliaia di miliardi di dollari di cui i Paesi in via di sviluppo hanno bisogno. In terzo luogo, attingere a fonti innovative, in particolare a prelievi sul trasporto marittimo, sull’aviazione e sull’estrazione di combustibili fossili. Chi inquina deve pagare. Quarto, un quadro di riferimento per una maggiore accessibilità, trasparenza e responsabilità, che dia ai Paesi in via di sviluppo la certezza che il denaro si concretizzerà. Quinto, aumentare la capacità di prestito delle Banche Multilaterali di Sviluppo, più grandi e più coraggiose. Ciò richiede un’importante ricapitalizzazione. E richiede una riforma dei loro modelli di business, anche per far sì che possano attrarre molti più finanziamenti privati.

[…] In questo periodo cruciale, voi e i vostri governi dovete essere guidati da una chiara verità: la finanza per il clima non è carità, è un investimento. L’azione per il clima non è facoltativa, è imperativa. Entrambe sono indispensabili: per un mondo vivibile per tutta l’umanità. E a un futuro prospero per ogni nazione della Terra. Il tempo scorre».

La Cop29 è ospitata a Baku dall'Azerbaigian
La Cop29 è ospitata a Baku dall’Azerbaigian © UNclimatechange/Flickr

Annunciato un primo passo avanti sui carbon credit

11 novembre, ore 22:10 – Come già accaduto in passato in apertura di altre conferenze, durante la prima giornata della Cop29 di Baku è stato annunciato un primo accordo. I governi hanno approvato infatti le nuove regole di cui si doteranno le Nazioni Unite per il funzionamento del controverso mercato dei carbon credit. Non si tratta però di un accordo definitivo, come spiegato da un diplomatico europeo. E le Ong criticano il metodo poco trasparente. Qui il nostro approfondimento.

La Cop29 è ufficialmente iniziata

11 novembre, ore 17:00 – La ventinovesima Conferenza mondiale sul clima delle Nazioni Unite, la Cop29, è ufficialmente iniziata a Baku, in Azerbaigian. Quest’anno, al centro delle discussioni ci saranno soprattutto le questioni legate alla finanza climatica. Ovvero agli stanziamenti che occorre prevedere per mitigare i cambiamenti climatici e per adattarsi agli impatti da essi derivanti.

Ci si arriva, però, in un contesto politicamente difficile. Numerose nazioni hanno preferito non inviare i propri capi di Stato o di governo. In parte per scarsa fiducia nell’azione contro il riscaldamento globale, in parte per problemi diplomatici con il governo di Baku e con il suo presidente Ilham Aliyev. Un autocrate spesso accusato di non rispettare i diritti umani e che ha dichiarato a chiare lettere che la sua nazione continuerà a puntare sul petrolio, nonostante la crisi climatica in atto. Ciò si aggiunge l’elezione negli Stati Uniti di Donald Trump, che ha già fatto sapere di essere intenzionato ad uscire ancora una volta dall’Accordo di Parigi.

Nel frattempo, i dati scientifici sono sempre più allarmanti. Le promesse fin qui avanzate dai governi in termini di riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra ci porteranno, se va bene, ad un aumento della temperatura media globale di 2,6 gradi centigradi, entro la fine del secolo, rispetto ai livelli pre-industriali. Qualora tali impegni fossero rispettati solo in parte, si potrebbe arrivare a 3,1 gradi. Il che non significherebbe soltanto passare da una situazione di crisi ad una catastrofe climatica, ma addirittura entrare in un territorio sconosciuto con conseguenze potenzialmente immaginabili.