Stile maschio violento. Il diritto del tifoso a esprimersi

Qual è la funzione sociale dei tifosi? Sono solo clienti paganti di uno spettacolo cui possono partecipare solo come figuranti?

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Possono i tifosi contestare la propria squadra? O l’unica funzione sociale loro permessa è quella di spendere soldi per gli abbonamenti allo stadio e alle piattaforme televisive, di comprare le maglie e i biglietti delle trasferte. Di creare coreografie che alle televisioni a pagamento servono come il pane, altrimenti sai che tristezza vedere in tv uno stadio vuoto e grigio. E per il resto devono tacere e scomparire?

A leggere e ascoltare i commenti su giornali e televisioni, o sulle bacheche dei social, dopo che sabato sera tifosi del Milan in trasferta a La Spezia hanno chiamato a rapporto la squadra sotto la curva, sembrerebbe valida solo l’ultima ipotesi. A parte che quella messa in atto dai tifosi del Milan non era nemmeno una contestazione, come si è visto nei giorni successivi. Non è questo il punto.

Il punto è se, oggi come oggi, i tifosi debbano obbedire alle leggi del capitale. Ovvero trasformarsi in clienti paganti di uno spettacolo cui possono partecipare solo come figuranti, e allora ecco applausi e encomi: sono il dodicesimo uomo in campo. O se si può ancora riconoscere loro di essere parte integrante della storia e dei destini di una squadra, tanto quanto giocatori e allenatori. Se i padroni del calcio sostengono la prima ipotesi, noi senza dubbio scegliamo la seconda.

Anche perché, gli stessi padroni legittimano e amplificano attraverso giornali e televisioni le opinioni di giornalisti, politici e presunte celebrità. Opinioni, giudizi, editoriali che spesso e volentieri decidono i destini e le carriere di calciatori e allenatori. E lo fanno dettati da precisi interessi economici. Mentre il tifoso, il cui unico interesse è la passione, va bene solo quando ubbidisce a certi canoni dominanti di giudizio, morale ed estetico. Altrimenti si taccia.

E siccome a molti potrebbe venire il pensiero che non solo chi detiene il potere ma anche chi lo subisce possa avere il diritto di esprimersi, ecco che il pensiero dominante applica la strategia della delegittimazione. Sceglie, all’interno del gruppo dei tifosi, alcuni volti noti con precedenti penali (come se avere la fedina sporca togliesse il diritto di parola, sic!) e per estensione applica sdegno e ostracismo all’intera categoria.

I tifosi sono criminali, brutti sporchi e cattivi. Fateli tacere. Ridateci la maggioranza silenziosa dei “veri” tifosi pronti a ubbidire, spendere soldi e comportarsi come si deve. Se c’è da decretare il destino di una squadra lo faremo noi, con giornali e tv. Questo traspare ovunque. Certo, si potrebbe discutere a lungo della funzione sociale delle curve, dei comportamenti gerarchici e patriarcali che le strutturano, secondo quello che il sociologo Valerio Marchi definiva “stile maschio violento”.

Si potrebbe obiettare che le stesse curve, come il calcio, sono incorse negli anni in una trasformazione non certo magnifica e progressiva. Ma lo stesso Marchi ci ha insegnato che, per il potere e i suoi obbedienti cantori, i tifosi più di ogni altro gruppo sociale hanno da sempre la funzione di “folk devils”: emarginati cui attribuire tutti difetti e le colpe della società proprio per preservare la struttura sociale dominante e le sue ingiustizie. Ecco perché è fondamentale che i diritti siano garantiti a chi non si adegua, o a chi sbaglia. Chi detiene il potere e lo esercita, di diritti ne ha sempre in abbondanza.