“Don’t Pay”, quando i cittadini si rifiutano di pagare le bollette

Una campagna dal basso nata nel Regno Unito invita i cittadini a non pagare le bollette. Il movimento si espande anche in Italia

Numerosi cittadini britannici rischiano di non poter pagare le loro bollette © Marina113/iStockPhoto

La disobbedienza civile si fa disobbedienza economica. Se le bollette della luce e del gas si fanno insostenibili, c’è chi ha pensato di non pagarle più. Per farlo, però, bisogna essere in tanti. È quello a cui punta la campagna inglese Don’t Pay. Un movimento nato dal basso a opera di “alcuni amici”, come spiegano gli stessi fondatori sul sito dell’iniziativa: «Contando sulle nostre competenze abbiamo costruito un sito web, progettato e stampato 20mila volantini. E li abbiamo distribuiti a una dimostrazione sindacale nel centro di Londra il 18 giugno». 

Alla campagna Don’t Pay hanno già aderito 200mila persone

Da allora, alla campagna hanno già aderito quasi 200mila persone, ovvero migliaia di cittadini che si sono impegnati a non pagare le prossime bollette, schizzate per colpa della crisi energetica che sta colpendo tutta Europa, e la Gran Bretagna in particolare. Dal nuovo anno, infatti, ogni famiglia nel Paese europeo rischia di dover pagare ben oltre quattromila euro per illuminare e scaldare le proprie case. In media, il 10% del proprio reddito annuale. 

L’obiettivo della campagna è ottenere un milione di adesioni per causare un ammanco mensile di oltre 300 milioni di euro agli introiti delle compagnie energetiche. E costringerle così a sedersi a un tavolo per porre fine ai rincari.

Le proposte di Don’t Pay

Gli aiuti di Stato si sono rivelati un sostegno soprattutto per i produttori di gas e petrolio. Che invece di abbassare i costi hanno incassato profitti record. Quindi sono loro, secondo Don’t Pay, a dover coprire gli aumenti, invece di far ricadere il fardello sui consumatori. Gli stessi organizzatori spiegano che, allo stesso tempo, il governo dovrebbe riportare il price cap, ovvero il tetto al prezzo delle utenze del gas o dell’elettricità fissato dal regolatore nazionale Ofgem, ai livelli di aprile 2021. Ed eliminare qualsiasi sussidio ai combustibili fossili (che invece nel 2021 sono raddoppiati a livello mondiale). 

C’è di più. Don’t Pay è consapevole che queste proposte rappresentano solo delle “toppe” temporanee, per tamponare l’emergenza in cui ci troviamo. C’è invece bisogno di una soluzione permanente. Per questo il movimento ha avviato un processo chiamato Fair price for power, attraverso il quale sono i gruppi locali a stabilire quale sia il prezzo più equo da pagare per l’energia e come farlo rispettare. 

Ma tra le proposte di Don’t Pay c’è soprattutto quella di sostenere i consumatori in condizioni di povertà energetica: «Se le previsioni si riveleranno corrette, un cittadino su tre entrerà in povertà energetica entro l’inverno», spiegano i fondatori della campagna. 

Una non-payment campaign richiede coraggio. Ma ci sono dei precedenti in cui questa forma di protesta ha funzionato: nel 1989, Margaret Thatcher introdusse una tassa amministrativa da applicare a ciascun cittadino maggiorenne che scatenò la protesta di piazza da parte di 200mila persone. Dopo le manifestazioni, i cittadini, nonostante i timori, non pagarono la tassa. Che per questo venne abolita nel 1991.

© Visual Capitalist

Campagne simili nascono in Europa, Italia compresa

Intanto, il movimento Don’t Pay ha contagiato anche il resto d’Europa. Alla campagna inglese si sono ispirati cittadini in Francia, Germania e anche Italia: sui social è apparsa la campagna “Non paghiamo”. Il sito traduce alla lettera le intenzioni del movimento britannico, tra cui l’obiettivo di raggiungere 1 milione di adesioni entro il 30 novembre: se entro tale data non saranno introdotte garanzie per far fronte all’aumento dei prezzi dell’energia, inizierà l’autoriduzione o il mancato pagamento delle bollette. Finora le iscrizioni sono arrivate a quota 3.500.

Come nel resto d’Europa, il problema riguarda anche esercizi commerciali e associazioni. La Fipe-Confcommercio ha lanciato a fine agosto la campagna “Bollette in Vetrina” invitando i gestori dei pubblici esercizi associati ad appendere nei propri locali le bollette come segno di protesta.  A Napoli i commercianti sono andati oltre: hanno manifestato in piazza bruciando i documenti che si rifiutano di pagare.

Infine, in rappresentanza del terzo settore, è l’Arci ad aver lanciato un appello contro il caro-bollette. A causa del quale rischiano di chiudere numerosi spazi associativi del territorio, minando così progetti di coesione sociale e acuendo la fragilità di una larga fetta di cittadini.