È più facile pensare alla fine del mondo che a quella del pallone
Ogni settimana il commento di Luca Pisapia sugli intrecci tra finanza e calcio
Se torturi i numeri abbastanza a lungo confesseranno qualsiasi cosa, ha detto un giorno qualcuno. E questo qualcuno era probabilmente un giornalista alle prese con una sintesi dei bilanci delle società di calcio, un ginepraio che va ben oltre competenze acquisite o meno. Bisogna, infatti, valutare se inserire i debiti verso i soci o solo quelli finanziari, come considerare i debiti in essere, ma già ripagati dai futuri guadagni, gli aumenti di capitale e le plusvalenze. Tutta una serie di variabili impossibili da uniformare.
Difficile, quindi, prendere per buoni i numeri della foto che è girata in settimana sui social, quella dove Napoli e Atalanta erano gli unici club di prima fascia che hanno chiuso i bilanci al 30 giugno 2020 in attivo. Alle due virtuose fanno compagnia Genoa e Spezia. Poi quattro squadre in sostanziale pareggio, e tutte le altre in perdita. Nonostante plusvalenze, aumenti di capitale, debiti con gli azionisti che non vengono conteggiati e altre amenità varie, preoccupano molto le voragini di Inter e Juventus. Ma a spaventare ancora di più sono i crateri meteoritici dei debiti di Milan, anche se i rossoneri, grazie al factoring e ad altre operazioni di maquillage, hanno un patrimonio netto positivo, e Roma: roba da fare estinguere i dinosauri come il cratere di Chicxulub, in Messico. Allora si trattava di un meteorite grande più o meno come una città, che una sessantina di milioni di anni fa colpì la Terra creando diversi anni di inverno nucleare che uccisero tre quarti delle specie viventi sul Pianeta, compresi i dinosauri. Oggi, più modestamente, si ricorre a tutta una serie di artifici contabili per rimandare l’estinzione del pallone.
Il fatto è che, essendo oramai tutte le società delle aziende (quasi) totalmente scollegate dal loro valore di produzione, dai giocatori, dagli allenatori e soprattutto dai risultati, e spesso in mano a banche e fondi d’investimento che le trattano appunto come prodotti finanziari, il gioco andrà avanti a lungo. Nonostante i numeri terribili, quindi, parafrasando un noto filosofo è più facile immaginare la fine del mondo che l’estinzione del pallone.