Euro 2020. Tra costi (ambientali) e benefici (per pochi)

Ogni settimana il commento di Luca Pisapia sugli intrecci tra finanza e calcio

Tra gol, assist, giocate, giocatori che si inginocchiano a pugno chiuso e giocatori che collassano a terra per motivi che andranno chiariti, tifosi che timidamente tornano ad abitare gli stadi e tifosi che cadono dagli spalti (anche in questo caso andranno chiarite bene circostanze e responsabilità), sono partiti i primi – e ultimi – Europei di calcio itineranti della storia: undici città (da Siviglia  a Baku, da Roma a San Pietroburgo) per altrettanti Paesi (calcisticamente Inghilterra e Scozia sono separate). Ricchi premi e cotillon per tutti: la Uefa stima un fatturato di circa 2,5 miliardi di euro – il doppio dell’edizione Austria-Svizzera 2008 e dieci volte tanto Olanda-Belgio 2000 – e profitti per almeno 1 miliardo.

Anche le federazioni nazionali sono pronte a portarsi a casa un bel malloppo, 34 milioni solo di premi per il vincitore, cui andranno aggiunti sponsor, diritti tv e botteghino. Se prendiamo come esempio l’Italia, dalla tv arrivano 140 milioni in quattro anni, dalla Uefa, più 60 della Rai, poi i soliti partner (pastasciutte, compagnie telefoniche e via dicendo) e lo sponsor tecnico che versa all’Italia poco meno di 30 milioni l’anno, facendone l’unica intrusa nel duopolio delle più famose marche sportive che occupano nove delle prime dieci posizioni. Fortunatamente, la poca mobilità dovuta alla pandemia e agli stadi mezzi vuoti ci esime dalla solita solfa per cui gli eventi sportivi fanno crescere anche l’economia locale delle città o dei Paesi ospitanti, leggenda smentita dai fatti oltre che dai molteplici studi pubblicati negli ultimi decenni, ma non c’è dubbio che per i comitati d’affari organizzatori – si chiamino Cio, Fifa, Uefa o anche solo Figc – queste manifestazioni sono un toccasana: come abbiamo scritto all’inizio la Uefa, che per statuto è organizzazione non profit, solo da Euro 2020 prevede 1 miliardo di profitti.

Tutto bene quel che finisce bene quindi? Se si arricchiscono i ricchi diventeremo persone migliori anche noi? Non proprio, dato che come spiega un report Bbc questa geniale idea dell’Europeo itinerante – tra Baku e Siviglia ci sono 5mila km di distanza – nonostante la pandemia e gli stadi semi vuoti, ci costerà tantissimo in termini di carbon footprint e cambiamenti climatici, contribuendo a devastare ancora di più il Pianeta che abitiamo. Ma questo non è un problema dei comitati d’affari che controllano il calcio: il pallone lo hanno portato loro, e non è che allora possiamo guadagnarci tutti.