L’Europa lancia gli standard per la finanza sostenibile. Ma solo per chi vorrà
La Commissione europea ha presentato la propria strategia per la finanza sostenibile. Ma le regole saranno applicate su base volontaria
La Commissione europea ha presentato, nel pomeriggio di martedì 6 luglio, la propria ipotesi di nuova strategia per la finanza sostenibile. Secondo l’organismo esecutivo dell’Ue, «la proposta di norma europea per le obbligazioni verdi creerà uno standard rigoroso, a cui aderire volontariamente, per le obbligazioni che finanziano investimenti sostenibili. La Commissione, sulla base dell’articolo 8 della Tassonomia, ha adottato oggi un atto delegato relativo alle informazioni che le società finanziarie e non finanziarie sono tenute a comunicare sulla sostenibilità delle loro attività».
Le linee di intervento individuate dall’Unione europea
Proprio la natura volontaria delle nuove regole è stata fortemente criticata dalla società civile. Il rischio infatti è che l’intera strategia possa risultare di fatto depotenziata da tale scelta. E che le sei linee di intervento individuate dalla stessa Commissione non portino ai risultati sperati. Si tratta in particolare di «ampliare l’attuale arsenale legislativo sulla finanza sostenibile per facilitare l’accesso al finanziamento della transizione». Di «rendere la finanza sostenibile più inclusiva nei confronti di PMI e consumatori, dotandoli degli strumenti e incentivi giusti per accedere al finanziamento della transizione». Di «rafforzare la resilienza del sistema economico e finanziario».
E ancora di «aumentare il contributo del settore finanziario alla sostenibilità». Di «garantire l’integrità del sistema finanziario dell’Ue e monitorarne la transizione». Infine, di «creare iniziative e norme internazionali di finanza sostenibile e sostenere i Paesi partner».
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In particolare per quanto riguarda i green bond, la Commissione ha proposto un regolamento su una norma volontaria europea per le obbligazioni verdi (EUGBS, European Green Bond Standard). Per chi aderirà, in particolare, «gli emittenti di obbligazioni verdi disporranno di uno strumento solido per dimostrare che stanno finanziando progetti ecocompatibili in linea con la tassonomia europea». Mentre «per gli investitori che comprano le obbligazioni sarà più facile capire che i loro investimenti sono sostenibili, riducendo così il rischio di un ecologismo di facciata».
Le regole proposte dalla Commissione per le obbligazioni verdi
I requisiti individuati sono quattro. In primo luogo, «i fondi raccolti dall’obbligazione dovranno essere interamente assegnati a progetti conformi alla tassonomia». Quindi «deve esserci piena trasparenza sulle modalità di assegnazione dei proventi delle obbligazioni». In terzo luogo, «tutte le obbligazioni verdi devono essere controllate da un revisore esterno per garantire che il regolamento sia rispettato e i progetti finanziati siano allineati alla tassonomia». Infine, «i revisori esterni che forniscono servizi agli emittenti di obbligazioni verdi dell’UE devono essere registrati e verificati dall’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati».
Secondo il vice-presidente esecutivo Valdis Dombrovskis, «la strategia odierna sulla finanza sostenibile è fondamentale per generare i finanziamenti privati che servono a realizzare i nostri obiettivi climatici e affrontare altre sfide ambientali».
Gli ha fatto eco la commissaria ai Servizi finanziari Mairead McGuinness, secondo la quale «la strategia che presentiamo oggi definisce la nostra ambiziosa tabella di marcia sulla finanza sostenibile per gli anni a venire. Per conseguire i nostri obiettivi climatici servono sforzi costanti che facciano affluire più denaro nell’economia sostenibile. Sono necessari ingenti investimenti per rendere l’economia più verde e creare una società più inclusiva in cui tutti possano fare la loro parte».
Le lobby della finanza all’assalto delle regole europee
Resta l’enorme zona grigia che rischia di essere lasciata dalla mancanza di obbligatorietà. Una scelta che potrebbe essere figlia dell’intensa attività di lobbying promossa dal settore finanziario nei confronti dell’Ue. Un rapporto dell’organizzazione non governativa Reclaim Finance ha ad esempio messo in luce il lavoro svolto dal colosso finanziario americano BlackRock.
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«Con 30 milioni di euro spesi ogni anno per fare pressione sulle istituzioni europee, il fondo ha i mezzi per farsi sentire. BlackRock appartiene a 23 gruppi che hanno risposto a 22 consultazioni pubbliche lanciate dall’Ue sulla finanza sostenibile. Attraverso molteplici riunioni private, questa rete di lobbisti si è assicurata un’influenza sui gruppi di esperti della Commissione. Compresi quelli che lavorano sui temi di finanza e clima.
Reclaim Finance considerava tra i maggiori rischi proprio il fatto che i nuovi standard potessero essere considerati volontari e non obbligatori. Esattamente ciò che è accaduto.