Fallire sempre, fallire ancora, fallire meglio
Fallimenti nel calcio: un giro d’Italia della mestizia e della disperazione, in alcuni casi una maglia rosa dell’incompetenza e del malaffare
Fallire sempre, fallire ancora, fallire meglio. L’aforisma di Samuel Beckett come mantra del calcio italiano. Firenze, Napoli, Parma, Salerno, Palermo, Ancona, Torino, Como, Cosenza, Reggio Emilia, Reggio Calabria, Pisa, Perugia, Messina, Avellino, Venezia, Ferrara, Padova, La Spezia, Vicenza, Verona, Taranto, Foggia, Brindisi, Bari, Cesena, Livorno. Sono solo alcune delle squadre fallite nel nuovo secolo. E sabato scorso il Catania.
Un giro d’Italia della mestizia e della disperazione, in alcuni casi, una maglia rosa dell’incompetenza e del malaffare. Grandi, medie e piccole città rimaste senza squadra di calcio per il tornaconto di imprenditori e politici, locali e nazionali. Dall’inizio del secolo ad oggi sono oltre 170 le società di calcio professionistico che hanno portato i libri in tribunale, una media di quasi dieci all’anno, centinaia di giocatori senza contratto, centinaia di migliaia i tifosi cui hanno ucciso un sogno, strappato il cuore, dopo averli presi in giro per mesi che sarebbe arrivato l’uomo della provvidenza a salvarli.
Ma come Godot, per rimanere in tema, il salvatore non è mai arrivato. E lo stadio è rimasto vuoto, le erbacce hanno invaso il campo e conquistato gli spalti. Hanno rovinato anche le classifiche i campionati. Il tribunale di Catania aveva accolto l’istanza della Procura della Repubblica annunciando il fallimento del Catania Calcio Spa già lo scorso 22 dicembre. Ma poi aveva autorizzato l’esercizio provvisorio e nominato i curatori che avrebbero dovuto permettere alla squadra di terminare il campionato, e al campionato di non essere falsato. E invece. Squadra scomparsa, classifica riscritta in corsa. Chi aveva vinto contro gli etnei si trova punti in meno, chi aveva perso è come se ne ritrovasse di più.
Il Catania, come molte altre squadre, anche potenti, anche di Serie A, non si sarebbe mai dovuto e potuto iscrivere al campionato di Serie C. Ma in Italia si chiudono gli occhi e si mettono le mani in tasca, la Covisoc (Commissione di Vigilanza sulle Società di Calcio Professionistiche) organo interno della Figc preposto a controllare i conti e dare il beneplacito alle iscrizioni, abbassa la testa come in un film di Sergio Leone.
La questione è diventata decisiva pure per le ultime elezioni in Lega per la Serie A. Giù la testa. Sempre così, da vent’anni: Godot non arriva mai, l’uomo della provvidenza neppure. Al massimo arriva il gol di Aleksandar Trajkovski, e tutti fingono di stupirsi.