La Fifa non osteggia la Russia, osteggia le donne

Dietro lo sportwashing della Fifa nei confronti dei soldi russi restano clamorose e ingiuste disparità strutturali che nessuno vuole vedere

Vladimir Putin e Gianni Infantino © Dmitry Sadovnikov/Wikimedia Commons

La notizia, tanto buona quando esagerata nella sua resa, della parità salariale raggiunta dal calcio femminile americano può essere utile per riaprire la questione di genere nel pallone. Le atlete statunitensi non hanno infatti raggiunto i livelli retributivi dei loro colleghi maschi, più semplicemente un lungo iter giuridico ha finalmente portato a una compensazione retroattiva che va a calmierare questa disparità, con la federcalcio americana che si è trovata costretta a stanziare 22 milioni di dollari (meno dei 70 richiesti) per antichi risarcimenti e futuri fondi a disposizione delle atlete.

Dopodiché, ogni partita delle qualificazioni mondiali vale per le donne tremila dollari, agli uomini 18mila, alla squadra femminile 750mila dollari, a quella maschile 2,5 milioni. Poi col Mondiale le cose peggiorano. Le donne cominciano a guadagnare se arrivano almeno terze (575mila dollari) e se vincono si portano a casa 2,5 milioni. Gli uomini intascano 4,5 milioni solo per passare il turno, e arrivano a 9,3 milioni se vincono. La parità è ancora molto lontana.

A livello di tornei nazionali nel mondo, gestiti da società private, il gap salariale riflette quello del sistema capitalista cui fa riferimento, e c’è poco da fare. Il calcio maschile genera molti più soldi di quello femminile tra sponsor, accordi commerciali e diritti tv e quindi ne distribuisce di più. Un solo esempio: a gennaio 2022 i movimenti del calciomercato maschile hanno generato 1 miliardo di dollari, quelli femminili poco meno di 500mila dollari.

Non c’è partita, a meno di cambiare il sistema. Il problema è però quando si entra nel mondo delle federazioni come la Fifa, che dovrebbero essere enti senza fine di lucro destinate alla promozione dello sport, e non multinazionali affamate di soldi quali sono. Solo per l’organizzazione dei Mondiali del 2018 la Fifa ha dichiarato introiti per 3,5 miliardi. Bene, come è stata la redistribuzione? 400 milioni di dollari per i maschietti, di cui 38 solo per la Francia che ha vinto il torneo, e la miseria di 30 milioni alle donne, di cui 4 alle americane vincitrici. Una disparità allucinante. Per i Mondiali del 2023 il montepremi maschile sale a 440 milioni e quello femminile raddoppia a 60, ma solo perché le squadre passano da 24 a 32.

Dietro le abbaglianti luci del clamoroso sportwashing messo in atto dalla Fifa nei confronti dei soldi russi – sembra che tutti abbiamo dimenticato che gli ultimi Mondiali si sono giocati proprio in Russia, e che alla partita inaugurale tra Russia e Arabia Saudita il boss della Fifa Gianni Infantino troneggiava sorridente in tribuna tra Putin e Bin Salman, i suoi due migliori alleati – restano clamorose e ingiuste disparità strutturali che nessuno vuole vedere.