In nome della Fifa. Intrighi e veleni nella guerra con i videogiochi

Ogni settimana il commento di Luca Pisapia sugli intrecci tra finanza e calcio

© Bibliotheek Kortrijk/Flickr

Che cosa significa il nome Fifa? Tolta la facile assonanza con la paura, per molti è la multinazionale con sede in Svizzera che controlla il calcio a livello planetario e ogni quattro anni (a breve ogni due?) organizza i Mondiali. Per chi segue il calcio più da vicino è un’organizzazione che nell’ultimo secolo si è distinta per avere appoggiato le peggiori dittature e costruito un sistema criminale di corruzione e tangenti.

Per la maggior parte delle persone però, dai cosiddetti millennials in poi potremmo dire, Fifa è semplicemente il nome di uno dei videogiochi più diffusi nel mondo. Si stima che i giocatori siano oltre 100 milioni. Inevitabile che si andasse allo scontro tra Fifa (intesa come governo del calcio) e Fifa (inteso come il videogioco nato 30 anni fa negli scantinati californiani della Electronic Arts), tra significato e significante del nome, anche perché oramai quest’ultimo ha preso il sopravvento.

Se la Fifa ha un fatturato di 6-7 miliardi ogni quadriennio, l’azienda di videogiochi ne fa poco meno, ma ogni anno (5,4 miliardi nel 2020) avendo raggiunto negli ultimi anni una capitalizzazione di mercato di 39 miliardi. Da qualche anno poi ha puntato sugli acquisti in-game, con quasi un terzo dei giocatori che oramai oltre a consolle e videogioco spende una considerevole cifra per aumentare la propria capacità di gioco. Solo con la funzione Ultimate Team, che serve a comprare i migliori calciatori per sfidarsi online, EA Sports lo scorso anno ha intascato circa 1,5 miliardi. E i futuri guadagni, ancora inesplorati, saranno gli NFT di memorabilia digitali con marchio EA.

È chiaro quindi che alla Fifa (quella svizzera) non bastano i 150 milioni l’anno che i californiani le pagano, contratto in scadenza a Qatar 2022, nonostante siano la metà dell’utile che la Fifa (sempre svizzera) dichiara ogni anno, non essendo una società a scopo di lucro. Da qui gli intrighi e i veleni. Non a caso lo scorso anno è scoppiata una curiosa battaglia sull’utilizzo dei nomi contro la Fifa virtuale da parte di alcuni giocatori (altre squadre, come la Juve, si erano già sfilate anni fa), con Ibrahimovic che ha rivendicato i suoi diritti d’immagine, appannaggio solo della Fifa reale.

Esempi nel passato c’erano già stati, con Edgard Davis e Oliver Kahn, ma la nuova battaglia di Ibra, assistito dal potente Mino Raiola, non è certo estranea al tentativo della Fifa svizzera di ottenere più soldi dalla Fifa californiana. Quest’ultima però ha già registrato il marchio EA Sports F.C., e partendo da una chiara posizione di forza ha spiegato che dopo Qatar 2022 potrebbe usare quello, infischiandone del nome proprio della multinazionale svizzera. Il rischio è che a breve il nome della Fifa, come quello della rosa, non sarà più pronunciato da nessuno.