Banking on Climate Chaos 2025: le banche spingono la finanza fossile
Finanza green? Obiettivi net zero? Accordo di Parigi? I dati di Banking on Climate Chaos spazzano via il greenwashing delle grandi banche
Passano gli anni, la crisi climatica accelera, ma la finanza fossile è ancora tutta lì e, anzi, aumenta. È la linfa vitale che tiene vivo un modello di sviluppo patologicamente dipendente dall’utilizzo di carbone, petrolio e gas. Ma è anche il veleno che sta uccidendo il futuro dell’umanità. Tra l’altro in piena consapevolezza. Perché è arcinoto che bruciare combustibili fossili è di gran lunga la principale causa del collasso climatico che ci è ormai scoppiato in faccia.
Questo è il quadro a tinte foschissime che emerge dalla 16a edizione di Banking on Climate Chaos. È il rapporto più completo e autorevole al mondo sulle banche che continuano, contro ogni evidenza o allarme, a «puntare sul caos climatico». Un rapporto stracolmo di cifre impietose, ma purtroppo non sorprendenti, che mostrano al di là di ogni ragionevole dubbio quanto sia incistato nel mondo finanziario, e in particolare bancario, il rapporto con le società dell’industria fossile. Ovviamente un rapporto malato. E che va spezzato il prima possibile, perché ne va del nostro futuro.
7.900 miliardi di dollari alle fossili: la finanza ignora il clima
Banking on Climate Chaos ha considerato i prestiti e le sottoscrizioni delle 65 più grandi banche del Pianeta a favore di oltre 2.700 società del settore fossile. È stato curato da Rainforest Action Network, la capofila, insieme a Indigenous Environmental Network, BankTrack, Center for Energy Ecology and Development, Oil Change International, Reclaim Finance, Sierra Club e Urgewald. Insieme costituiscono il gruppo di watchdog più agguerriti ed esperti a livello mondiale sulla finanza fossile. Il report è sostenuto anche da 480 organizzazioni di circa 70 Paesi.
Un’evidenza si staglia su tutte: nel 2024, a crisi climatica conclamata, la finanza fossile è aumentata arrivando a 869 miliardi di dollari, 162 miliardi in più sul 2023 (3.300 miliardi di dollari complessivi dal 2021). Invertendo così un trend di progressiva diminuzione in atto dal 2021. 7.900 miliardi di dollari è il valore cumulato a fine 2024 dei finanziamenti che le banche hanno messo a disposizione di Big Oil dal 2016, anno in cui è entrato in vigore l’Accordo di Parigi. Per dare qualche termine di paragone, stiamo parlando di una cifra pari a circa tre volte e mezzo il Pil italiano. O a quasi cinque volte il totale della spesa pubblica per la sanità in tutta l’Unione europea, stando ai dati ufficiali.
I campioni del distastro climatico: le banche più attive nel finanziare le fossili nel 2024
Ancora, se si spalma questo importo monstre sui nove anni tra il 2016 e il 2024, emerge che le banche del mondo hanno messo a disposizione dei big dell’oil&gas in media quasi 880 miliardi di dollari l’anno. Pensare che il Piano d’azione per la finanza sostenibile presentato dalla Commissione europea a marzo 2018 puntava a mobilitare da attori finanziari privati europei 180 miliardi di euro l’anno per puntellare gli obiettivi di transizione ecologica. Per trovarli, sarebbe forse bastato (e probabilmente avanzato) obbligare le banche, anche solo le europee, a riorientare i soldi “sporchi” destinati alle fossili. Ma ovviamente nessuno l’ha mai detto. Né tanto meno scritto.
Il titolo di banca più “fossile” del reame è andato a JP Morgan Chase, con 53,5 miliardi di dollari in finanziamenti nel 2024. Balzo in avanti di due posizioni per Bank of America, al secondo posto con 46 miliardi di dollari. Il podio tutto a stelle e strisce è completato da Citigroup, con 44,7 miliardi di dollari. Ben due terzi (45) delle banche analizzate hanno aumentato i propri finanziamenti fossili tra 2023 e 2024.
Prestiti e sottoscrizioni: come le banche alimentano il caos climatico
Il famigerato, più che celebre, «drill, baby, drill!», traslato sul business bancario diventa «presta, baby, presta!» (s’intende alle aziende fossili). Sono i prestiti, infatti, con 467 miliardi di dollari (dai 422 miliardi del 2023), a fare la parte del leone degli 869 miliardi di dollari di finanziamenti fossili elargiti dalle banche nel 2024. Per cui merita anche qui andare a vedere la classifica, stavolta delle prime cinque: JP Morgan Chase, Bank of America, Citigroup (sempre loro), Mizuho, Wells Fargo. Le prime cinque nei prestiti fossili negli ultimi quattro anni, cioè dal 2021, sono JP Morgan Chase, Citigroup, Bank of America (chi si rivede), Mitsubishi UFJ Financial e Mizuho.
Se i prestiti ancora regnano in cifre assolute, a mettere il turbo l’anno scorso sono state le sottoscrizioni di obbligazioni e azioni. Sono cresciute di 117 miliardi di dollari dal 2023 al 2024, passando da 284 a 401 miliardi di dollari. E hanno rappresentato il contributo principale all’aumento complessivo dei finanziamenti ai combustibili fossili.
Finanziare l’espansione fossile: una follia che continua
Al peggio non c’è mai fine. Non serve, infatti, che tutti gli enti internazionali competenti in materia, a cominciare dall’Agenzia internazionale per l’energia (Aie), ripetano da anni che gli scenari di transizione non prevedono l’espansione della produzione di combustibili fossili. Inclusa ovviamente la ricerca ed esplorazione di nuovi giacimenti.
Non serve che alla Cop28 in Dubai si sia finalmente arrivati a mettere nero su bianco la necessità del transitioning away dalle fossili. Non serve che il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, abbia affermato che l’espansione della produzione delle fossili è «incompatibile con la sopravvivenza umana». Le banche non ci sentono e vanno avanti col business as usual.
L’anno scorso le 65 banche monitorate da Banking on Climate Chaos hanno finanziato le società che investono nell’espansione per 429 miliardi di dollari, in crescita di 85 miliardi di dollari sul 2023. Sono state 48 in particolare le banche che nel 2024 hanno impegnato nelle aziende in espansione più finanziamenti rispetto al 2023. Negli ultimi quattro anni (2021-2024) le 65 banche nel complesso hanno destinato 1.600 miliardi di dollari all’espansione dei combustibili fossili. Diamondback Energy, Enbridge, Saudi Arabian Oil Company (Aramco), BP, TotalEnergies sono alcune delle società che hanno ricevuto i maggiori finanziamenti.
Dove operano le banche che finanziano le fossili nel mondo
Nell’ideale planisfero delle banche fossili restituito da Banking on Climate Chaos emergono essenzialmente tre macro-aree: Stati Uniti, Europa e Asia.
Le banche statunitensi, con 289 miliardi di dollari, sono responsabili di circa un terzo dei finanziamenti globali alle fossili nel 2024. JPMorgan Chase, Bank of America e Citigroup, che abbiamo già visto essere in cima a varie classifiche insieme a Wells Fargo, rappresentano da sole il 21% del totale.
In Europa la maggiore finanziatrice di combustibili fossili nel 2024 è stata la britannica Barclays, con oltre 35 miliardi di dollari. È l’unica europea che figura nella “sporca dozzina” stilata dal rapporto. Grandi finanziatrici di fossili, con importi dai 14 agli oltre 17 miliardi di dollari, sono state anche Santander, Bnp Paribas, Deutsche Bank e Hsbc. Per l’Italia, in classifica Unicredit precede Intesa Sanpaolo.
Nella “sporca dozzina” c’è anche l’Asia con Mizuho, Mufg e Smbc, che insieme hanno contribuito per il 12% ai finanziamenti globali alle fossili, destinandoli però per circa la metà a società con sede negli Stati Uniti. Diversamente da quanto fatto invece dalle cinesi, Citic e Banca di Cina, che hanno rivolto i loro finanziamenti quasi esclusivamente ad aziende fossili in madrepatria.
Greenwashing e impegni vuoti: servono regole vincolanti per le banche
Il rapporto Banking on Climate Chaos, infine, dedica un capitolo ai “Loopholes, Greenwash, and Rollbacks” (scappatoie, greenwashing e inversioni), cioè alle politiche con cui molte banche nel 2024, quindi anche prima del ritorno in sella di Trump, si sono rimangiate i propri obiettivi climatici. L’accusa è di fare greenwashing. E che questo ritirarsi dall’azione sul clima è stato un fattore centrale della risalita dei finanziamenti fossili.
In particolare il dito è puntato sul vero e proprio collasso della Net Zero Bank Alliance (Nzba) lanciata pomposamente nel 2021, con cui le banche affermavano di voler guidare la transizione ma che in tre-quattro anni ha progressivamente perso pezzi, cioè membri, reputazione e credibilità. Basti dire che, fra quelle incluse nel rapporto, meno della metà (30) delle banche aderiscono ancora a Nzba, con quelle statunitensi, canadesi e giapponesi che ne sono ormai uscite. Un “fiasco”, sentenzia Banking on Climate Chaos, che dimostrerebbe ciò che in molti sospettavano: degli impegni volontari delle banche non ci si può fidare. Per mettere davvero le banche al servizio della lotta alla crisi climatica occorre obbligarle.
Banche e clima: il 2024 svela l’ipocrisia degli impegni green
Così ha commentato Lucie Pinson, fondatrice e direttrice esecutiva di Reclaim Finance: «Quest’anno le banche hanno mostrato la loro vera natura: molte hanno abbandonato gli impegni climatici e raddoppiato gli sforzi per finanziare l’espansione dei combustibili fossili, nonostante le temperature globali abbiano raggiunto livelli record. Alcune banche europee potrebbero aver fatto qualche passo avanti, ma per la maggior parte, la tentazione del denaro sporco si è rivelata troppo forte. Dobbiamo affrontare la realtà: l’unico modo in cui le banche contribuiranno ad affrontare la crisi climatica e il suo devastante costo umano è se saranno costrette a farlo. Tutte le parti interessate devono agire ora, a partire dalle autorità di vigilanza il cui mandato è proteggere il sistema finanziario dai crescenti rischi del cambiamento climatico».
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