La Francia e le scorie nucleari: il sito di riprocessamento di La Hague
Energia, trasporti, CO2. E gli intrecci con la finanza. Ogni settimana il punto sui cambiamenti climatici firmato da Andrea Barolini
Si chiama La Hague ed è un comune francese di 11mila anime. La ragione della sua notorietà è legata quasi unicamente alla presenza di un impianto di riprocessamento del combustibile esausto proveniente dalle centrali nucleari francesi (e non solo). Un sito immenso, gestito dalla società Orano (ex Areva). E che ormai è quasi saturo. Nel 2018, un rapporto dell’Alto comitato per la Trasparenza e l’informazione sulla sicurezza nucleare (HCTISN) aveva spiegato che la percentuale di spazio ancora disponibile era del 7,4%. E ogni anno vi viene stoccato un centinaio di tonnellate, secondo l’Istituto di Radioprotezione e di Sicurezza Nucleare (IRSN).
Adrien Manchon è un dirigente dell’Autorità per la sicurezza nucleare (ASN) transalpina. Nello scorso mese di giugno ha spiegato che «occorre trovare una soluzione. Per costruire una struttura nuova per ospitare le scorie nucleari serve tempo. È una questione che va affrontata al più presto». Lo stesso IRSN ha, d’altra parte, precisato che una saturazione delle piscine di La Hague, nelle quali sono presenti circa 10mila tonnellate di combustibile, potrebbe bloccare progressivamente tutti i reattori francesi.
Saturazione che arriverà certamente attorno al 2030. Ma, in caso di problemi, ha avvertito l’ASN, il riempimento totale potrebbe essere molto più veloce. E l’insorgere di problemi non può essere escluso, se si considera che il sito è entrato in servizio nel 1966, 55 anni fa. Le quattro piscine nelle quali sono oggi stoccati i materiali radioattivi sono state inoltre concepite tra il 1981 e il 1988.
L’HCTISN ha anche precisato, tre anni fa, che, al termine delle operazioni di “riprocessamento”, viene prodotto l’1-2% di plutonio, di cui una parte può essere riutilizzato per produrre un nuovo combustibile, il MOX, che però può essere utilizzato solo in 24 dei 58 reattori francesi. Ma ovviamente il MOX, una volta usato, ritornerà a La Hague. E, a qual punto, non potrà essere più riprocessato.
Un altro 3-4% di combustibile usato si trasforma invece in residui altamente radioattivi. La maggior parte dei quali viene vetrificata e stoccata in un sito di Orano, sempre in Francia. Per il restante 95-96% si tratta di uranio che viene portato a Pierrelatte, dove sorge la centrale nucleare di Tricastin. Si tratta di materiale che teoricamente potrebbe essere riutilizzato.
Teoricamente, perché, considerando anche tutto il materiale, «si può valutare un tasso complessivo di riciclo inferiore all’1%». E non si supera il 10% «neanche includendo la parte risparmiata di uranio, grazie appunto al riciclo di plutonio».
Che fare dunque? La compagnia EDF, il 20 febbraio scorso, ha annunciato di voler costruire una nuova piscina di raffreddamento a La Hague. Secondo le previsioni di EDF (la stessa che riteneva si potesse avviare il reattore EPR di Flamanville nel 2012) il sito sarà pronto non prima del 2034. Costo (previsto, poi si vedrà): 1,25 miliardi di euro.