Questo articolo è stato pubblicato oltre 7 anni fa e potrebbe contenere dati o informazioni relative a fonti/reference dell'epoca, che nel corso degli anni potrebbero essere state riviste/corrette/aggiornate.

Funghi e batteri per decontaminare il suolo

Decontaminare il suolo utilizzando funghi e batteri è possibile. Occorre selezionarli  appositamente in base alla loro capacità di metabolizzare le sostanze inquinanti

La ricerca scientifica potrebbe fornire una nuova arma per bonificare le aree inquinate ©Agarciacast/Wikimedia Commons

Decontaminare il suolo utilizzando funghi e batteri è possibile. Occorre selezionarli  appositamente in base alla loro capacità di metabolizzare le sostanze inquinanti: è ciò che hanno fatto nel corso di una sperimentazione triennale i ricercatori del dipartimento di Biologia dell’ università di Pisa.

Ora il progetto – chiamato Bio ResNova – riparte grazie ad un nuovo finanziamento della Fondazione Pisa che vedrà coinvolte anche aziende del territorio che si occupano di smaltimento di rifiuti e bonifiche. L’obiettivo di questa seconda fase, che durerà due anni, è di realizzare un impianto pilota di decontaminazione per arrivare poi a brevettare il processo biotecnologico di bonifica di suoli e dei sedimenti contaminati. «Siamo partiti isolando popolazioni di batteri e funghi nei sedimenti da decontaminare dove vivono proprio perché si nutrono degli stessi inquinanti – spiega il professor Roberto Lorenzi, che lavora al progetto con la ricercatrice Simona Di Gregorio e altri sei fra studenti e ricercatori – abbiamo quindi moltiplicato i microrganismi in laboratorio e li abbiamo reimmessi nella matrice da decontaminare dove, degradando le molecole tossiche attraverso la loro normale attività metabolica, riescono così a ridurre la concentrazione dei contaminanti».

I biotrattamenti messi a punto dal team Bio ResNova si possono applicare a suoli contaminati da idrocarburi pesanti consentendo un loro riutilizzo in ambito civile e industriale piuttosto che lo smaltimento in discarica, come solitamente avviene oggi. Il metodo ideato dall’ateneo pisano non solo rispetta i limiti di legge relativi ai livelli massimi del contaminante principale, ma tiene anche conto delle sostanze dannose che possono formarsi durante la degradazione delle molecole inquinanti, insistendo nei trattamenti sino a raggiungere buoni risultati anche negli esami ecotossicologici. «La tecnologia BioResnova – conclude Lorenzi – potrà essere sfruttata sia sul mercato italiano, dove le bonifiche ambientali dei suoli e dei sedimenti riguardano i maggiori poli chimici e petrolchimici e le principali autorità portuali, sia sul mercato europeo e nordafricano, con stime previsionali che potrebbero superare di un ordine di grandezza il mercato Italiano».