8190 tonnellate equivalenti di CO2, soltanto nel 2018. È il totale emesso, in media, da ciascuno dei 20 miliardari noti in tutto il mondo, secondo un’inchiesta pubblicata da The Conversation . Gli ultra-ricchi, infatti, sono responsabili della dispersione nell’atmosfera di un quantitativo di gas ad effetto serra circa 1.300 volte superiore rispetto a quello medio di un cittadino italiano. L’analisi ha tenuto conto delle emissioni legate al patrimonio immobiliare, ma soprattutto agli spostamenti effettuati a bordo di yacht e di jet privati. Così, in testa alla per nulla virtuosa classifica figura il magnate russo Roman Abramovich. Il proprietario della squadra di calcio londinese del Chelsea, diventato ricco grazie al petrolio e al gas, ha emesso nel 2018 33.859 tonnellate equivalenti di CO2. © ermingut/iStockPhoto Jeff Bezos ha un impatto ambientale enorme: 2.224 tonnellate equivalenti di CO2 sono attribuite da The Conversation al numero uno del colosso Amazon. Sempre meglio di Roman Abramovich (101esimo uomo più ricco del mondo, con un patrimonio stimato da Bloomberg a 19,6 miliardi i dollari) che emette 15 volte di più di Bezos© Seattle City Council/Wikimedia Commons Non molto distante c’è Elon Musk, imprenditore celebre a livello mondiale per i marchi Tesla (auto elettriche) e Space X (attività spaziali). Sia nel suo caso che in quello di Besoz, a pesare sono soprattutto i voli effettuati con jet privati. © krblokhin/iStockPhoto Al contrario, lo stilista italiano Giorgio Armani ha un impatto ambientale particolarmente elevato (15esimo nella classifica) soprattutto per via delle gite sugli yacht. E, in misura minore, per il patrimonio immobiliare. © eyewave/iStockPhoto Allo stesso modo, il francese Bernard Arnault – quarto uomo più ricco del mondo con 117 miliardi di dollari in cassa) deve il suo impatto ambientale soprattutto all’uso di yacht. È il quarto super-ricco in termini di emissioni equivalenti di CO2, con 10.421 tonnellate. Il proprietario del marchio di lusso LVMH possiede un natante gigantesco, il Symphony, lungo 101,5 metri. © Jérémy Barande Ecole polytechnique Université Paris Saclay/Wikimedia Commons Nella classifica stilata da The Conversation figura anche un paladino della lotta ai cambiamenti climatici, il fondatore di Microsoft Bill Gates. Il miliardario americano presenta un impatto stimato a 7.500 tonnellate equivalenti di CO2, ovvero il triplo di quelle di Bezos e Musk. Ciò soprattutto per via dell’uso di aerei privati per gli spostamenti. Gates ha tuttavia assicurato che le sue emissioni sono compensate da programmi di riforestazione. © lcva2/iStockPhoto Sono gli yacht, invece, a pesare sulle emissioni di Michael Bloomberg, undicesimo uomo più ricco del Pianeta con un patrimonio di 50 miliardi di dollari. L’uomo d’affari e politico americano, già sindaco di New York, ha disperso nell’atmosfera 1.782 tonnellate equivalenti di CO2 nel 2018. © Gage Skidmore/Flickr Anche Carlos Slim, magnate libano-messicano – proprietario del Grupo Carso e tra i principali azionisti del New York Times – è presente nella classifica. Non per i trasferimenti su jet privati ma soprattutto per le gite in barca. © ITU Pictures/Flickr Ernesto Bertarelli, allo stesso modo, figura tra le persone che emettono grandissimi quantitativi di gas ad effetto serra. L’imprenditore italiano naturalizzato svizzero è responsabile di emissioni pari a circa 10mila tonnellate equivalenti di CO2. Principalmente per via degli spostamenti su yacht, ma anche per l’uso di jet privati. © Rama/Wikiedia Commons Sergey Brin e Larry Page, imprenditori americani fondatori del motore di ricerca Google, si attestano assieme attorno alle 12mila tonnellate di CO2 equivalenti emesse nel corso del 2018. © Joi Ito/FlickrLa classifica comprende anche nomi che forse sono meno noti, soprattutto in Italia. È il caso di David Geffen , produttore americano di musica, cinema e spettacoli teatrali, Sheldon Adelson , ricco proprietario di numerosi casinò negli Stati Uniti, o ancora Ann Walton Kroenke , che ha ereditato l’impero della grande distribuzione organizzata Walmart © The Conversation
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