Il match Greta-Federer «infiamma» l’Australia (e Credit Suisse)

Greta e gli attivisti contro il campione elvetico: sotto accusa il suo ruolo di testimonial per Credit Suisse, grande finanziatrice del settore fossile

Matteo Cavallito
Roger Federer è da anni Brand ambassador della banca Credit Suisse. Un matrimonio che sta diventando sempre più scomodo, vista la dichiarata attenzione al sociale del tennista svizzero © Tatiana/Wikimedia Commons
Matteo Cavallito
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Quello contro Greta Thunberg rischia di rivelarsi uno dei match più insidiosi nella lunga e trionfale carriera di Roger Federer. Una partita sui generis e potenzialmente molto scivolosa per il tennista elvetico. Chiamato in causa dagli ambientalisti con l’accusa di complicità morale, diciamo così, nei confronti del cambiamento climatico. Nel mirino il ruolo del fuoriclasse della racchetta come testimonial della banca Credit Suisse, nota finanziatrice del settore fossile. Nei giorni scorsi, gli attivisti dell’organizzazione 350.org Europe hanno sollevato la questione lanciando una campagna su Twitter con hashtag #RogerWakeUpNow («Adesso svegliati, Roger»).

Poco dopo, via retweet, è arrivato anche l’endorsement della giovane attivista svedese. E la questione, va da sé, si è fatta maledettamente seria. Federer ha successivamente risposto all’appello dichiarando di prendere sul serio i cambiamenti climatici. E di essere pronto a dialogare sul tema con le società che lo sponsorizzano. Ma l’impegno potrebbe non essere sufficiente a placare le accuse.

L’Australia brucia, Federer scende in campo

Premessa: lo scenario principale di questa storia è la martoriata Australia, tuttora flagellata dagli incendi. Il fenomeno, sostengono alcuni scienziati, sarebbe stato favorito da un’ondata di caldo senza precedenti riconducibile, in ultima analisi, agli effetti del riscaldamento globale. Ma il Paese, come ben sanno gli appassionati, è anche la sede di uno dei quattro principali tornei di tennis del Pianeta. Gli imminenti Australian Open che si disputeranno a partire dal prossimo 20 gennaio.

Nelle scorse settimane alcuni protagonisti annunciati come Novak Djokovic – che è anche presidente della Commissione giocatori – avevano sollevato l’ipotesi di un rinvio. Chiamando in causa il deterioramento della qualità dell’aria prodotto dagli incendi stessi. Poi, manco a dirlo, si è arrivati al compromesso. Tutti regolarmente in campo, preceduti però – cinque giorni prima – da un match di esibizione i cui proventi saranno devoluti in beneficenza. A sfilare, nell’occasione, molti campionissimi tra cui lo stesso Federer, il suo rivale Rafael Nadal e la superstar Serena Williams. Ma a tenere banco, nel frattempo, è anche un’altra partita decisamente meno amichevole. Giocata in Svizzera.

Credit Suisse (e Federer) nella bufera

I fatti risalgono al 22 novembre del 2018 quando dodici attivisti, in larga parte studenti, si erano ritrovati in una filiale di Credit Suisse a Losanna. I manifestanti avevano inscenato una partita di tennis nei locali della banca chiedendo pubblicamente a Federer, campione per altro molto impegnato nel sociale, di non associare più la sua immagine all’istituto. «Il nostro brand ambassador Roger Federer incarna tutte le qualità che ci contraddistinguono: eccellenza svizzera a livello mondiale, orizzonte globale, valori forti, ricerca dell’eccellenza, tenacia, impegno filantropico», si legge tuttora sul sito della banca.

Il 13 gennaio, il tribunale di Renens, nei pressi di Losanna, ha assolto i manifestanti sottolineando il carattere non violento della protesta e l’importanza cruciale dei temi che l’avevano ispirata.

Banche svizzere e fossile: un business da $12 miliardi

Il messaggio a Federer è più o meno il seguente. Tra il 2015 e il 2017, ricorda l’organizzazione Lausanne Action Climat, Credit Suisse avrebbe finanziato 47 imprese del comparto fossile con un esborso complessivo pari a 7,8 miliardi di dollari. Oltre un quarto della cifra, sostiene ancora l’organizzazione, sarebbe stata usata dalle stesse imprese beneficiarie per finanziare a loro volta l’attività di lobbying dei sostenitori dello scetticismo climatico.  Il dato sui finanziamenti totali è contenuto in un’analisi diffusa nel febbraio del 2019 da Greenpeace Switzerland. La ricerca puntava il dito anche su UBS, altra grande major del credito elvetico. In totale i finanziamenti concessi nel triennio dalle due banche alle aziende del settore del carbone e del comparto oil&gas ammontano a 12,3 miliardi di dollari.

Finanziati 183 milioni di tonnellate di CO2

Nell’occasione i ricercatori avevano potuto calcolare l’impatto indiretto dei due istituti in termini di emissioni finanziate: 183 milioni di tonnellate di CO2 (per circa 2/3 a carico di Credit Suisse). Tra le compagnie che hanno ottenuto sostegno finanziario dalle banche spiccavano in particolare la statunitense Peabody Energy Corp. (circa 60 milioni di tonnellate di CO2 prodotte nei tre anni in esame) e la svizzera Glencore Plc (circa 20 milioni di tonnellate). Nella lista dei beneficiari di UBS e Credit Suisse anche la compagnia mineraria anglo-australiana BHP Billiton (7,4 milioni di tonnellate). A seguire l’azienda elettrica tedesca RWE (5,9 milioni), l’australiana Woodside Petroleum (4,6 milioni) e la britannica BP (3,9 milioni).