Moody’s incorona Unicredit “regina” delle rinnovabili. Ma la banca ama di più il fossile

L'agenzia di rating indica Unicredit come la banca italiana più esposta sulle rinnovabili. Ma i finanziamenti al fossile sono quasi il doppio. In metà tempo

Matteo Cavallito
La Torre Unicredit a Milano © Gaetano Virgallito/Flickr
Matteo Cavallito
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Dal 2013 ad oggi Unicredit ha concesso 8 miliardi di euro di finanziamenti al settore delle fonti rinnovabili. Lo segnala un rapporto di Moody’s sul coinvolgimento delle banche europee nel settore. Il dato certifica il primato tricolore per l’istituto di Piazza Gae Aulenti, oltre al secondo posto nella classifica continentale dietro alla francese BNP Paribas (esposta per 12 miliardi). Ottima notizia, verrebbe da dire. Ma la medaglia d’argento per la banca italiana non ci autorizza ad esultare. Lo dicono le controversie in atto. Che, per la cronaca, non sono esattamente beghe da poco.

Unicredit nel mirino di fondi e attivisti

Lo sanno bene gli azionisti critici delle reti internazionali BankTrack e Europe Beyond Coal, così come Greenpeace e l’italiana Re:Common, che da tempo contestano alla banca il suo “impegno” nel fossile. Il caso è emerso ancora una volta in occasione dell’ultima assemblea annuale degli azionisti, nello scorso mese di aprile, quando in molti hanno puntato il dito sugli investimenti nel carbone, quello turco in primis.

Critiche dagli attivisti, ma non solo. Alcuni pesi massimi del comparto dei fondi di investimento, con oltre 1,4 trilioni di dollari di asset gestiti, hanno inviato una missiva pubblica all’AD di Unicredit, Jean Pierre Mustier. La richiesta? «Rivelare pubblicamente come la banca intende affrontare i rischi derivanti dall’aggravarsi della crisi climatica e limitare gli attuali finanziamenti del carbone». Domanda, raccontano i presenti, cui Mustier avrebbe risposto enfatizzando il ruolo dei finanziamenti alle rinnovabili. Appunto.

In Turchia oltre 600 milioni al carbone

Turchia dicevamo. E allora spazio ai numeri impietosi. Unicredit ha finanziato direttamente due aziende locali del carbone, la Limak e la Yildirim Energy Holding Inc, con prestiti per 184 milioni di dollari (135 per la prima, 49 per la seconda). Le due società controllano tre impianti nei pressi di Mugla, nel sud-ovest dell’Anatolia, che sorgono nei centri du Yenikoy, Kemerkoy e Yatagan. Ma non è tutto. Attraverso la sua controllata turca Yapi Kredi (tramite l’azionista di quest’ultima Koc Financial Services), la banca italiana ha concesso alle stesse società finanziamenti per 417 milioni di dollari. Il conto dei prestiti al carbone nel Paese si attesta così a 601 milioni.

Una curiosità: dal 2013 al 2018, le compagnie private turche del settore hanno ricevuto finanziamenti per 9,2 miliardi di dollari. La maggior parte della cifra è stata erogata dalle banche del Paese. Il 55% dei prestiti provenienti dall’estero, però, è arrivato dall’Italia. Con Unicredit nel ruolo di primo finanziatore. A proposito di primati.

Al fossile 17 miliardi di dollari in tre anni

Quello del fossile però è un mondo molto vasto. E il carbone, si sa, non è tutto. Unicredit non fa eccezione e, come come segnala un recente studio condotto da quasi 170 organizzazioni, fa parte del club dei 33 maggiori istituti del Pianeta che dal 2016 al 2018 hanno finanziato petrolio, gas et similia per 1,9 trilioni di dollari. Un terzo dei quali ad appena 100 aziende.

In cima alla graduatoria c’è JP Morgan, che con quasi 200 miliardi guida il quartetto di testa delle banche americane (per un conto totale di 581). Unicredit, unica italiana del gruppo, è ventinovesima in classifica con 17 miliardi di dollari, 15,2 miliardi di euro al cambio attuale. In pratica, quasi il doppio della cifra concessa al settore delle rinnovabili secondo i dati di Moody’s. Il tutto in metà del tempo.

Ad onor del vero, però, c’è chi fa molto peggio. È il caso di BNP Paribas che, come detto, svetta nella classifica europea delle banche più esposte nel comparto rinnovabili con 12 miliardi di euro in sei anni. Nel solo ultimo triennio l’istituto francese ha finanziato il fossile con 51 miliardi di dollari (45,6 miliardi di euro). Quasi quattro volte tanto la cifra indirizzata nel doppio del tempo alle energie verdi. Chapeau.