JP Morgan, Enel e il derivato legato a obiettivi ESG

La banca americana JP Morgan ha stipulato un derivato con la compagnia italiana Enel. Ma non mancano le perplessità

I prodotti finanziari derivati “Esg” pongono una serie di interrogativi © grapestock/iStockPhoto

Era solo questione di tempo. In pochi anni si è assistito a una vera e propria esplosione della “sostenibilità” nel mondo bancario e finanziario. Spesso parliamo di una reale maggior attenzione all’ambiente, agli impatti sociali e alla gestione dell’azienda, nel classico approccio ESG (acronimo inglese di Environment, Social, Governance). In molti altri, però , le dichiarazioni sulla presunta sostenibilità sembrano pensate per migliorare la reputazione. Non l’impatto sul pianeta e la società. Si moltiplicano le accuse di vero e proprio greenwashing. Una “lavata di verde” per alcuni dei maggiori soggetti finanziari e per le loro operazioni di credito e investimento.

Un modo per migliorare la sostenibilità?

Ora sono arrivati anche i derivati ESG. È notizia di questi giorni che la banca americana JP Morgan ha stipulato un derivato con la nostra Enel. Nel quale i termini economici del contratto sono legati – per entrambe le parti – al raggiungimento di obiettivi ESG. Secondo i promotori si tratterebbe di una strategia per legare i temi della sostenibilità a ogni prodotto e ambito finanziario.

Le perplessità però sono diverse. Da un lato, molto spesso gli obiettivi ESG sono troppo semplici da raggiungere. Non rappresentano una sfida né un incentivo a fare meglio. Dall’altra, un “derivato ESG” non porta maggiori finanziamenti per la transizione ecologica.

La mancata valutazione del prodotto derivato ESG in sé

Ma è un’altra la critica fondamentale. Da anni i derivati si sono affermati come uno dei principali strumenti della speculazione finanziaria. Contratti sempre più complessi e incomprensibili, volumi fuori controllo, scommesse su qualsiasi bene o indice. In questa situazione, la “sostenibilità” dovrebbe riguardare prima di tutto il derivato e i suoi impatti, a partire da quello sulla stabilità finanziaria.
All’opposto, legare unicamente alcune condizioni economiche del contratto a obiettivi ESG dell’impresa contraente non mette in alcun modo in discussione, e non sottopone ad alcuna valutazione, il derivato in sé.

La banca statunitense JP Morgan Chase guida la classifica degli istituti di credito più esposti nei finanziamenti alle fonti fossili. FOTO: Ben Sutherland (CC BY 2.0)
La banca statunitense JP Morgan Chase © Ben Sutherland

Alcuni derivati permettono di scommettere sul prezzo di una materia prima alimentare, anche una di base come il grano. Scommesse che esasperano la volatilità dei prezzi, con ricadute pesantissime tanto per i piccoli produttori quanto per chi dipende da quella materia prima per il proprio sostentamento.

I derivati e la lezione della crisi finanziaria

È successo nel 2008 quando la crisi originata con i subprime ha portato enormi capitali a fuggire dai mercati finanziari tradizionali riversandosi, tramite i derivati, sulle materie prime. I prezzi di diversi beni di prima necessità sono raddoppiati in pochi mesi spingendo milioni di persone verso la fame e la malnutrizione.

Ora pensiamo di legare il prezzo di questi derivati al fatto che il contraente utilizzi carta riciclata nei propri uffici. Ecco, abbiamo costruito un “derivato ESG”. Una presa in giro al limite del cinismo o la strada da intraprendere per il futuro della sostenibilità nel settore finanziario? A leggere le ultime novità, purtroppo, la risposta non è per nulla scontata.